IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Pace e guerra, una storia tormentata di Domenico Losurdo

In questa intervista il filosofo ripercorre la storia filosofica e politica dell’idea di pace (e dei pericoli di guerra) dalla fine del XVII secolo fino ai giorni nostri.

R. È giusto peraltro sottolineare l’importanza tutta particolare di Hegel. Pochi hanno riflettuto sul fatto che il bilancio critico da lui tracciato dell’ideale della «pace perpetua» è una critica severa delle guerre condotte in nome di questo ideale! Per dirla con Engels, la pace perpetua promessa dalla rivoluzione francese si trasforma con Napoleone in una guerra ininterrotta di conquiste. È la medesima conclusione a cui giunge Hegel. Con la disfatta di Napoleone e l’avvento della Restaurazione la Santa Alleanza conduce le sue spedizioni punitive e le sue guerre agitando essa stessa la bandiera della «pace perpetua»; e anche in questo caso calzante e pungente è la critica di Hegel: voler assicurare la «pace perpetua» mediante l’esportazione con la forza delle armi di questo o quel regime politico significa rendere la guerra non solo perpetua ma anche totale.

D. Che rapporto sussiste tra l’ideale rivoluzionario e quello pacifista? Sono essi compatibili?

R. L’idea universalistica di pace perpetua è emersa ed è diventata un’aspirazione e un movimento di massa in occasione della rivoluzione francese e, con una forza tutta particolare, con lo scoppio della rivoluzione d’ottobre. Si tratta di due rivoluzioni che rispettivamente hanno finito col promuovere o hanno promosso in modo consapevole e organizzato la lotta contro il sistema coloniale (e il pregiudizio razziale a esso connesso). La rivoluzione del 1789 sfocia in Santo Domingo-Haiti nella grande sollevazione degli schiavi neri diretta da Toussaint-Louverture. Nel 1917, subito dopo la rivoluzione d’ottobre, Lenin fa appello agli «schiavi delle colonie» a spezzare le loro catene. L’universalismo mette radicalmente in discussione da un lato l’assoggettamento coloniale e la schiavitù o semi-schiavitù coloniale e dall’altro l’idea per cui le «razze superiori» sarebbero destinate a dominare quelle «inferiori» e i popoli di cultura superiore sarebbero chiamati a dettar legge a quelli di cultura inferiore. È in questo contesto politico-ideologico che l’idea universalistica di un mondo senza guerre può ispirare un movimento di massa. Peraltro, l’esperienza storica ha dimostrato quanto sia difficile realizzare nella pratica tale idea: si tratta di un processo di apprendimento che è ben lungi dalla sua conclusione.

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