D. Per tracciare un’altra comparatistica interna alle tue ricerche, come si concilia il concetto di “pace” con quello di “lotta di classe” (cfr. D. Losurdo, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica Laterza, Roma-Bari 2013)?
R. Nelle colonie, dove un intero popolo è assoggettato, privato della sua terra, deportato e spesso decimato, la «questione sociale» si presenta come «questione nazionale» (ovvero la lotta di classe tende a configurarsi al tempo stesso come lotta nazionale). L’osservazione è di Marx, il quale per altro verso osserva: «La profonda ipocrisia, l’intrinseca barbarie della civiltà borghese ci stanno dinanzi senza veli, non appena dalle grandi metropoli, dove esse prendono forme rispettabili, volgiamo gli occhi alle colonie, dove vanno in giro ignude», come dimostra in particolare il ricorso contro i nativi a pratiche genocide. La lotta degli «schiavi delle colonie» è una grande lotta di classe e al tempo stesso una lotta per la pace (e contro le forme più brutali di guerra e di violenza).
D. Nelle le pagine del tuo libro sembra agire in profondità la lezione hegeliana, soprattutto attraverso i concetti di “particolare astratto” ed “universale astratto” che proprio in cagione della loro astrattezza, vale a dire del mancato riconoscimento dell’alterità, si rovesciano ciascuno nel proprio contrario. Emblemi della seconda di queste due categorie appaiono quelli che chiami “Impero britannico” ed “Impero americano”. Puoi darci alcune spiegazioni?
R. Oggi si discute molto di universalismo e di relativismo. Occorre però tener presente una terza posizione: l’«empirismo assoluto», che secondo Hegel ha luogo allorché si conferisce il crisma dell’universalità anche a un particolare assai controverso o del tutto inaccettabile. Oggi è facile imbattersi nell’espressione «interessi e valori americani» oppure «interessi e valori occidentali»; ed è altrettanto facile imbattersi nella tesi per cui valori occidentali e americani sarebbero al tempo stesso universali. In tal modo gli stessi interessi imperiali diventano espressione di indiscutibili valori universali. È un empirismo assoluto abbastanza esplicito. Allorché poi un paese determinato pretende di essere la «nazione eletta da Dio», l’empirismo assoluto si manifesta nella sua forma più crassa e volgare. Ed esso, per dirla con Hegel, è «uno stravolgimento e una truffa»; è un atteggiamento inaccettabile non solo sul piano logico e «scientifico» ma anche su quello «etico».
Occorre tuttavia tener presente che nell’empirismo assoluto può finire col cadere anche un entusiasmo rivoluzionario poco meditato e piuttosto ingenuo, che esige l’esportazione della rivoluzione, ignorando le peculiarità, le sensibilità, gli interessi di ogni singola nazione. Secondo Hegel, invece, l’universale è autentico solo nella misura in cui sa abbracciare il particolare. Si tratta, agli occhi di Lenin, di una «formula eccellente»!