Una cesura fatale
Arranchiamo ancor più dal 24 febbraio 2022, presi dal vortice di una «terza guerra mondiale». Al pari delle altre due, iniziata come «guerra civile europea». Come tale concepita e annunciata da Putin: una «operazione militare speciale» in un pezzo di mondo, l’Ucraina, che «è una parte inalienabile della nostra storia, cultura e spazio spirituale … i nostri compagni, le persone a noi più care – non solo colleghi, amici e persone che hanno servito insieme, ma anche parenti, persone legate dal sangue, dai legami familiari». Il tutto promettendo, a chi volesse opporsi, «conseguenze che non avete mai visto nella storia». E per non lasciar dubbi: «la Russia moderna anche dopo il crollo dell’URSS resta una potenza mondiale, con un proprio arsenale nucleare e altro ancora (nuovi tipi di armi) ….Chiunque tenti di ostacolarci, e ancor di più di creare minacce per il nostro Paese, per il nostro popolo, deve sapere che la risposta della Russia arriverà immediatamente e porterà a conseguenze che non avete mai visto nella storia». Con queste parole, nel suo secondo discorso del 24 febbraio alla nazione e al mondo, Putin ha sospinto il pianeta sull’orlo di un precipizio mai varcato.
L’«impensabile» – l’«unthinkable» di Herman Khan, lo stratega della Rand Corporation immortalato come «Stranamore» da Stanley Kubrik – è tra noi. È divenuto incubo quotidiano, titolo di testa d’ogni giornale o annuncio televisivo. Radicato in uno scenario altro da quelli che hanno contornato le due catastrofi del XX secolo. Ora ci muoviamo in una geografia terremotata dall’innovazione radicale annunciata nel 1990 dall’allora segretario di Stato americano, James A. Baker III: «gli USA sono e resteranno una potenza europea». L’impegno, l’hanno mantenuto: nella Bosnia e nel Kosovo, sulla spinta innanzitutto delle divisioni e dell’ignavia europee. Su quelle onde hanno poi consolidato il loro ruolo di colonna portante dell’ordine continentale, saldi alla guida di una Nato divenuta faro e calamita nella disgregazione complessiva dell’Est europeo. Come dimenticare la discussione e lo scandalo suscitati nel 2003 dalle due contrapposte etichette apposte da Donald Rumsfeld alla Old Europe – Francia e Germania, soprattutto, dubbiose sulla proclamata «guerra al terrorismo» e sull’avveniente avventura irachena – e alla New Europe: l’ampio stuolo di paesi, nuovi membri o candidati, ansiosi di contribuire all’allargamento della Nato?