Sono anni in cui le essenziali cure di governo – spesso militari – sono tutte rivolte all’interno, finalizzate alla conquista di stabilità e sviluppo. In politica estera si afferma una linea attendista. Non vengono sottaciuti appunti e critiche al modo in cui la dissoluzione del vecchio blocco di Varsavia e di parti dell’ex URSS lentamente vengono a disporsi nell’Unione Europea o nella Nato che si allargano ad Est. Ma esse sono di fatto composte entro forme di consultazione e collaborazione, più o meno istituzionalizzate. Putin non ha mai minimamente messo in discussione le formule di cooperazione ereditate da Eltsin, in particolare l’ Euro-Atlantic Partnership Council (1991), il programma di Partnership for Peace (1994) oppure il fondamentale Founding Act on Mutual Relations, Cooperation and Security firmato a Parigi nel maggio 1997 fondativo del Permanent Joint Council. Anzi, dopo l’11 settembre 2001, la Russia concede l’utilizzazione del suo spazio aereo alla coalizione internazionale impegnata nella campagna in Afghanistan e, soprattutto, nel maggio del 2002 al Summit Nato di Roma viene raggiunto un accordo complessivo per dar vita al Nato-Russia Council allo scopo di combattere il terrorismo e approfondire la cooperazione in campo militare, anche attraverso esercitazioni comuni e l’approfondimento dell’inter-operabilità.
Mugugni e divisioni momentanee turberanno il clima di collaborazione: ad esempio, per il riconoscimento del Kosovo, dal lato occidentale, o per gli interventi in Georgia da parte della Russia. Ma non vi saranno grandi sconvolgimenti quando verranno a conclusione i due grandi round di allargamento: Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia che diventano membri dell’Alleanza nel 1999 dopo la candidatura al vertice Nato di Madrid del 1997; Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Slovacchia e Romania nel 2004. Seguiranno poi nel decennio successivo e per varie tappe Albania e Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord. Meno spigoloso ancora l’atteggiamento della Russia e del primo Putin, nei suoi iniziali due cicli di presidenza, nei confronti dell’Europa o dell’Occidente tutto. Basti pensare alla partecipazione della Russia e dello stesso Putin al G8 sino alla crisi del 2013-2014 causata dall’intervento in Crimea.