Difficile predire con esattezza quale sarà il ruolo dei cosiddetti Brics negli anni a venire; più facile, al contrario, immaginare a quali esiti andrà incontro il processo di [dis]-integrazione europea anche e non solo in ragione di questa nuova Alleanza che va affermandosi nello scacchiere geopolitico internazionale e che sembra porsi come una delle alleanze strategiche più significative e influenti dell’attuale panorama internazionale. Irrinunciabile, tuttavia, sembra essere una pur breve analisi comparativa fra i due sistemi che sembrano porsi in termini contrapposti (e non soltanto sotto il profilo funzionale e finalistico) e tentare di esplorare quali potranno essere le prospettive e le sfide associate ad entrambi i “fenomeni”, analizzando come potrebbero interagire e influenzarsi reciprocamente nel prossimo futuro.
Brics, cambio di passo
Alla fine di agosto si è tenuto l’atteso Vertice annuale dei Paesi Brics. L’acronimo, com’è noto, indica un gruppo di cinque Nazioni (ex) emergenti – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – che formano un potente blocco economico, politico e culturale e che all’esito del Vertice sudafricano ha registrato l’ammissione di sei nuovi Stati: Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Argentina, Iran ed Etiopia.
Si tratta di un’alleanza che segna un evidente “cambio di passo” nelle relazioni fra il Nord e il “Sud del Mondo” e fra l’Est e l’Ovest e che pur costituita da una eterogeneità di culture, tradizioni e sistemi politici, tuttavia, condivide una visione comune sulla promozione dello sviluppo, dell’indipendenza politica, dell’equità nel campo economico e sociale e sulla promozione della pace.
Negli ultimi decenni le dinamiche politiche globali hanno registrato significativi cambiamenti geopolitici ed economici e indubbiamente l’incedere costante dei Brics rappresenta l’evento più interessante sotto il profilo dell’analisi geo-politica e del ruolo che questi avranno in futuro nell’“arena” globale. Le “classiche” egemonie politiche ed economiche vivono una profonda crisi esistenziale e fra queste l’Unione europea (che “egemonia politica ed economica” non è mai stata ma potenzialmente avrebbe potuto esserlo), appare più depressa che mai, ripiegata su sé stessa, sempre in lotta con problemi di sovranità contesa e con lo sguardo rivolto verso un improbabile destino.
Il suicidio dell’Unione
Come dire, un gigante economico in disfacimento, un nano politico che non si rende conto (o non vuole rendersi conto) di essere del tutto inadeguata ad affrontare le sfide del futuro a causa della sua inadeguatezza, della sua sostanziale mancanza di integrazione, dell’inesistenza di una visione politica (anche estera e di difesa) comune ma, soprattutto, a causa di una scelta suicida neoliberista che la rende succube delle grandi compagnie nordamericane sul piano economico oltre che politico e militare.
Succube degli Stati Uniti, il Paese dalle mille sfaccettature e dalle molteplici contraddizioni che in seguito al riposizionamento subìto dalle forze politiche internazionali, dopo il crollo del blocco comunista europeo, aveva pensato di assumere il ruolo di “gendarme” del mondo, una sorta di Polizia internazionale universalmente accettata da un mondo caratterizzato dall’unilateralismo (statunitense, s’intende).
Lo scenario globale è in continuo divenire e in un costante intreccio fra continuità e novità, l’America – gli usa – continua a concepire sé stessa in una posizione di leadership nonostante che, nell’attuale contesto, gli Stati Uniti, pur sempre ancora importanti protagonisti, non sembrano tuttavia destinati ad essere gli unici grandi attori sulla scena internazionale. Solo l’Unione europea non sembra accorgersi di nulla.
Il momento unipolare americano del post-guerra fredda, caratterizzato da una straordinaria quanto diffusa incompetenza e fluidità politica, è stato sostituito da un momento multilaterale del post-post-guerra fredda con il quale l’ineffabile Occidente sarà obbligato a fare i conti.
Brics, un partenariato sempre più forte
I Paesi Brics, al contrario, hanno riaffermato il loro impegno nei confronti dei valori fondamentali di rispetto reciproco, uguaglianza sovrana, solidarietà e democrazia e in tale contesto l’invito rivolto ad altri Stati a diventare membri a pieno titolo dell’alleanza in questione riflette la consapevolezza dell’influenza di questa partnership strategica che si rivolge verso un ordine internazionale più equo e rappresentativo degli interessi delle fasce deboli, oltre che effettivamente rispettoso dei diritti e delle libertà fondamentali.
L’apertura dei Brics ad includere altri Paesi dimostra volontà di cooperazione e apertura al dialogo con Nazioni di diversi contesti, culture e identità, a prescindere dall’esistenza o meno di autoreferenziali e pretestuosi “valori comuni”, ed è evidente che questo obiettivo potrebbe condurre ad una maggiore diversità di prospettive e contributi, rendendo i Brics ancora più rappresentativi e influenti sulla scena mondiale.
L’impegno dei Paesi Brics ad approfondire la cooperazione attraverso i tre pilastri di politica e sicurezza, economia e finanza, cultura e persone, testimonia la loro determinazione a creare un partenariato sempre più forte e vantaggioso per tutti i membri.
La volontà di promuovere la pace all’interno di un ordine internazionale più equo e all’interno di un differente sistema multilaterale è indice di consapevolezza dei cambiamenti globali e della necessità di adattarsi ad essi in modo più equilibrato di quanto non sia stato fino ad oggi.
In sintesi, l’impegno dei Paesi Brics rivolto a rafforzare ulteriormente il loro partenariato strategico, riflette una visione condivisa di un mondo più equo, inclusivo e cooperativo. Il loro impegno verso la pace, lo sviluppo sostenibile e la cooperazione multilaterale è un segnale di speranza e ispirazione nell’attuale panorama internazionale che risulta sempre più complesso e sbilanciato a favore degli interessi di una sola parte della Comunità internazionale e spesso di un solo Stato: gli usa.
Il nuovo ordine-disordine internazionale
Quanto al processo di integrazione europea, al contrario, si segnala come anziché rafforzare l’integrazione fra i suoi Stati membri, l’Unione europea immagina improbabili allargamenti che difficilmente riuscirà a gestire.
Flagellata da una storica mancanza di coesione interna, da migrazioni costruite a tavolino e da un innegabile divario economico fra i suoi Stati membri, l’integrazione europea sembra destinata ad un inarrestabile tramonto.
Il dibattito pubblico è dominato da toni euroscettici e se non è facile immaginare cosa avessero in mente e quali obiettivi volessero raggiungere i Padri fondatori quando decisero di unire le loro forze per avviare il processo di integrazione economica e politica europea, certamente è da escludere che fosse questa l’Unione europea che si erano prefigurata: una Unione che è “una, nessuno e centomila”, un “personaggio in cerca d’autore” in preda alla disoccupazione e alla conflittualità sociale che da progetto di pacifica convivenza e benessere economico per i suoi cittadini, si è trasformata in un ente privo di un’anima politica, acriticamente assoggettato alle mire predatorie degli usa giungendo al punto di entrare in guerra contro la Russia.
Anche se è difficile che l’Unione europea crolli definitivamente sotto il peso del suo autolesionismo, è improbabile che essa riesca a superare lo stato di sostanziale inerzia in cui si trova ormai da anni se non decide di adattare il suo ordinamento e le sue alleanze politiche ed economiche alle esigenze imposte dall’attuale momento storico e dall’affermarsi sempre più incalzante dei cosiddetti Brics.
Certamente anche per la nuova Alleanza in via di costruzione molto dipenderà dalla capacità di affrontare le sfide interne, come la riduzione delle disuguaglianze e la diversificazione economica, e dalla capacità di mediare rispetto alle differenti priorità e agli interessi di ciascuno degli Stati parte.
È tuttavia illusorio pensare che il mondo possa andare avanti (o indietro, se si preferisce) secondo il sistema univocamente orientato voluto dagli Stati Uniti, prescindendo dal mutamento in atto nei rapporti fra Occidente e il resto del mondo.
L’attuale narrazione politica globale si dirige inesorabilmente (e auspicabilmente) verso un multilateralismo che vede altri protagonisti che, per mutuare un’espressione tratta dal defunto Trattato costituzionale, “uniti nella diversità” hanno un fondamentale punto in comune: sono “altro” da noi: altro dall’Occidente dal quale vogliono affrancarsi per affermare un multilateralismo basato sulla cooperazione globale e sul rispetto delle differenti tradizioni culturali, politiche e costituzionali.
In ultima analisi, dunque, e volendo prendere le distanze da qualsivoglia ideologia antiamericana o esplicitamente filoamericana o, che è la stessa cosa, antieuropea o filoeuropea, ma facendosi piuttosto guidare da uno spirito analitico, occorre riconoscere che per poter affrontare le nuove sfide che pone il nuovo ordine-disordine internazionale, è del tutto imprescindibile un mutamento nel modo di pensare e di gestire i rapporti internazionali. Un modo di pensare che, piaccia o non piaccia, deve fare i conti con la nuova Alleanza denominata Brics.
Gli Stati Uniti (con annessa Unione europea) registrano pesanti perdite in termini di capacità di influenzare il corso della politica internazionale.
Negli ultimi anni la quota della produzione globale americana è diminuita mentre quella cinese è aumentata. La Cina ha superato gli usa nel pil totale ed è diventata il principale partner commerciale per buona parte degli Stati membri della Comunità internazionale.
In termini di produzione totale, inoltre, i Brics hanno già superato i Paesi del G7 e anche sotto il profilo della popolazione i primi superano di gran lunga i secondi.
L’economia mondiale non è più dominata dagli usa e la Presidenza di ben quattro G20 consecutivi è stata tenuta e sarà tenuta da Paesi in via di sviluppo: Indonesia (2022), India (2023), Brasile (2024) e Sudafrica (2025) (J.D. Sachs 2023).
Di questo bisogna prendere atto: la stabilità egemonica statunitense affronta una crisi irreversibile, e il sistema politico internazionale è chiamato a rispondere alle nuove esigenze e alle differenti logiche imposte dalla sempre più prepotente emersione di nuovi attori nello scenario geopolitico con conseguente ridefinizione del ruolo internazionale degli Stati Uniti anche (e soprattutto) alla luce del ruolo economico e politico che sta via via assumendo la nuova Alleanza comunemente conosciuta come Brics.