Putinismo, un’attualizzazione iper-conservatrice dell’idea russa
Cantaro è molto chiaro. Non bisogna fraintendere la storia. La Russia di Putin non è erede dell’Unione Sovietica, Putin non è un nostalgico del comunismo e i nostalgici del comunismo sbagliano pateticamente nell’interpretare la guerra attuale come una ripresa o una continuazione del conflitto tra “democrazia popolare” socialista e imperialismo tardo-capitalista (con la Russia che svolgerebbe, dunque, un ruolo “progressista”, mentre gli ucraini, difendendosi, manifesterebbero il loro sciovinismo “fascista” – come peraltro vuole la propaganda filo-putiniana). No: Putin è un nazionalista panrusso di stampo ottocentesco e la guerra in atto, dal punto di vista ideologico, è assolutamente premoderna. I valori della Russia eterna, slava e ortodossa, erede di Roma e Costantinopoli, investita di un millenario destino imperiale, contro l’Occidente corrotto, decaduto, portatore di caotica immoralità. “Questo è il putinismo. Un’attualizzazione e contestualizzazione iper-conservatrice dell’idea russa. Un contenitore di sentimenti e di proposte funzionali a un disegno patriottico di sovranità politica, di autocoscienza nazionale, di riaffermazione di grande potenza della Russia post-sovietica nello scenario globale a seguito della percezione – che ha un suo indubbio fondamento – di aver subito un’umiliazione quale Paese sconfitto della Guerra fredda” (p. 55).
Due imperi in declino
E dall’altra parte, ritiene Cantaro, si ripropone a ruoli invertiti lo stesso modello di lotta del Bene contro il Male. “Le rappresentazioni ufficiali rimuovono l’origine e l’autentica natura del conflitto. Lo scontro tra le due potenze antagoniste (Russia, America) continua ad essere occultato da una narrazione della guerra come l’esito di un irriducibile conflitto tra il Male e il Bene. Nel lessico di Putin tra nazificazione e denazificazione, tra purezza dei valori sacri della tradizione e i valori degenerati di un Occidente corrotto. Nel lessico occidentale, tra democrazie e autocrazie, tra liberalismo e regimi illiberali. Cattiva retorica, propaganda” (p. 34). La verità, ritiene Cantaro, è che due imperi in declino cercano di rimandare la fine dell’“ordine colombiano”, della supremazia euroamericana su tutto il resto del mondo, riportando indietro le lancette della storia. “I russi e ancor più le classi dirigenti occidentali che hanno per secoli sottomesso e governato la Terra sentono il fiato sul collo di quello che è diventato il nuovo mondo. Non si rassegnano […] alla fine dell’epoca colombiana (la scoperta e l’«appropriazione politica» del mondo a opera dell’Occidente), alla fine della Grande Divergenza Planetaria tra Occidente e resto del mondo […]. Vogliono con tutti i mezzi guadagnare tempo […] allontanare quanto più possibile l’epoca del pieno dispiegarsi della Grande Convergenza. Un progetto ingiusto quanto irrealistico. Velleitario, virtualmente tragico come tutti i propositi ingiusti e irrealistici”.