IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Costituzionalizzare l’algoritmo, digitalizzare la costituzione

È questo il duplice e ambizioso orizzonte dell’ultimo libro di Francisco Balaguer Callejón, direttore della Rivista di Diritto Costituzionale Europeo. È necessario che altri poteri costituenti, alternativi a quelli dell’economia digitale, scendano in campo

La costituzione digitale “presa sul serio”

L’accorato appello di Balaguer rischia di restare mutilato se non riusciamo a fare i conti con le ragioni profonde del consenso di cui godono i processi di digitalizzazione. Se non “prendiamo sul serio” le radici sociali e culturali del declino della costituzione analogica e dell’ascesa della costituzione digitale. Dobbiamo realisticamente muovere dall’incontrovertibile fatto che la dilagante narrativa dell’homo digitalis è alimentata da una sfera, da una tecnosfera, che ambisce ad essere adeguata alla concreta e quotidiana vita dell’umanità digitale. È certamente vero, come rilevato da Alain Touraine, che nella rete non c’è società nel senso delle scienze umane e sociali moderne (A. Touraine, 2008). Ma se, come ci hanno ‘insegnato, in una lunga e alla fine vittoriosa guerra ideologica, Margareth Thatcher e i suoi apostoli neoliberali, la “società non esiste” (e l’emancipazione individuale come parte di una più generale emancipazione collettiva è solo una cattiva utopia), una rete a cui aggrapparsi alla ricerca di una liberazione privata non appare a tanti un desiderio così disdicevolmente barbaro. Nel mondo di oggi, in assenza di una sfera sociale autentica e vitale, la tecnologia per eccellenza della libertà è sempre più nell’immaginario collettivo la tecnologia digitale, e non più il costituzionalismo.
Il costituzionalismo ha, invero, fornito un’immagine plausibile, conciliante e rassicurante del mondo sino a quando gli ideali di uomo e di umanità da esso propugnati erano, virtualmente ed effettivamente, incardinati ed agiti in visibili e funzionanti ‘infrastrutture’ comunitarie, pubbliche, collettive. Manifesto esemplare di questa rappresentazione del mondo è l’art. 2 della nostra Carta costituzionale: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. E poi, strettamente connesso con l’art. 2, l’art. 3 che – dopo aver riaffermato la vigenza del principio liberale di eguaglianza dinanzi alla legge – impegna la Repubblica, per il tramite delle istituzioni dello Stato sociale, a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini (lavoratori) ne impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione.
Le nostre biblioteche sono piene di scritti che, muovendo da queste “incontrovertibili verità”, rappresentano le magnifiche, progressive, plurali, armoniche sorti dell’homo constitutionalis e delle formazioni sociali nelle quali vive (famiglie, comunità territoriali, professionali, religiose, partiti, sindacati, associazioni), rendendo unica e irripetibile l’umanità di ogni “singolo”. Lo testimoniano le molteplici e plurali visioni del mondo che progressivamente – e segnatamente nella seconda metà del ventesimo secolo – il costituzionalismo ha assunto quale sua indiscussa antropologia.
È, infatti, l’ontologica distinzione/separazione dell’uomo dal mondo, della cultura dalla natura, dell’umano dal non umano (animale, macchina), dell’umano dall’inumano – i postulati della narrazione antropocentrica moderna (R. Marchesini, 2021) – a fondare eticamente e razionalmente la priorità assiologica dello sviluppo della persona e la priorità normativa dei diritti fondamentali all’eguaglianza e alla libera differenza, due formidabili leve per portare alla luce la centralità dell’uomo nel mondo. L’homo constitutionalis è l’uomo del paradigma umanista che interagisce con l’ambiente senza farsene dominare, se ne serve (agisce in esso) senza perdere sé stesso e servendosene accresce, anzi,la propria essenza e autenticità. È un uomo autopoietico (si auto crea) e i diritti che il costituzionalismo gli fornisce sono perfettamente adeguati allo scopo di mantenerlo nella purezza originaria (libero, uguale) e nel suo profilo identitario (singolare, irripetibile). L’uomo è cultura e se la cultura è ciò che lo caratterizza, il suo dominio come unico attore del mondo su tutto ciò che non è umano (natura, animali, macchine) e su ciò che è inumano (i popoli che non hanno la cultura dei diritti umani) è logicamente conseguente (R. Marchesini, 2021).
Ma quanto questi presupposti e postulati antropocentrici sui quali è sorto e si è sviluppato il costituzionalismo moderno e contemporaneo sono ancora attuali e indiscussi nell’immaginario collettivo?

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