La cifra estetica ed etica dell’homo digitalis
L’homo digitalis ha portato allo scoperto una straordinaria difficoltà dell’umanesimo costituzionale a ‘implementare’ i suoi valori bussola. La mediazione digitalica ha reso palese, da un lato, il declino delle precedenti infrastrutture comunitarie (la sfera sociale) nelle quali le sue ‘verità’ apparivano un tempo dotate di indiscutibile senso. E ha, dall’altro, mostrato che è quanto mai espansivo un ‘secondo’ ambiente, la tecnosfera, nella quale gli esseri umani si mettono in contatto in modo automatizzato (con un sì o con un no) senza entrare in quella relazione somatica che, comunque la si declinasse e quale ne fosse il fondamento (l’interesse, la simpatia, l’alterità), era certamente un tratto costitutivo del ‘vecchio’ paradigma umanista.
La costruzione di un ambiente de-somatizzato, ormai una prima pelle per tanti, in cui declina la relazione diretta con il prossimo a vantaggio di quella mediata dalla finestra digitalica, è resa ‘concretamente’ possibile dal tramonto della tecnologia analogica. Se fino alla prima metà del Novecento, si poteva ancora parlare di techne come di un insieme di entità di supporto, parcellizzate in una moltitudine di strumenti disgiunti, con l’avvento della rivoluzione digitalica essa, oltrepassando la condizione analogica degli elementi strumentali separati tra loro, assume una consistenza dimensionale. Si fa ecosistema. Nella tecnosfera l’essere umano è, invero, chiamato a un’azione di proiezione in termini di pieno vissuto, di adesione a una seconda realtà, onde poter usufruire di diverse utility funzionali (la lettura di un testo, la firma su un documento, l’ascolto di un brano musicale, la visione di un film) muovendosi in modo dimensionale tra esse, esattamente come se fosse in un ambiente. Ciò muta sensibilmente la cifra di presenza e responsabilità nella prassi, giacché ogni produzione del soggetto – sia essa un semplice post in un social media o una decisione che coinvolga centinaia di persone agita con un semplice clic – è sempre mediata in modo destrutturato rispetto al piano somatico.
Lo constatiamo continuamente nelle pagine Facebook, ove a essere profondamente compromesso è il concetto stesso d’identità relazionale e consequenziale delle prassi agite. L’ente de-somatizzato non è semplicemente lontano, ma scioglie qualunque connotato di presenza, non è più chiamato a presenziare in modo diretto e identitario alle proprie azioni. La techne da supporto trasmuta in dimensione di ibridazione, immersione, adattamento. Un nuovo ‘regime’, una costituzione del digitale (M. Ricciardi, 2018), con forti seduzioni narcisistiche e solipsistiche che si ripercuotono sullo stato di agente morale del singolo (R. Marchesini, 2021).
Su questo piano della responsabilità, da sempre cruciale per il giurista, la distanza tra quanto accade nella ‘vecchia’ sfera sociale frequentata dall’homo constitutionalis e quanto accade nell’emergente tecnosfera frequentata dall’homo digitalis è quanto mai significativa. Un tema delicatissimo e, tuttavia, sin qui poco esplorato rispetto a quello della (pure) problematica tutela nella rete di fondamentali diritti del cittadino quali la riservatezza, la sicurezza, la proprietà intellettuale, la libertà di espressione. La scienza giuridica dell’‘era analogica’ aveva, in qualche modo, gettato un ponte tra la risalente ‘pretesa cristiana’ dell’irripetibilità e originalità di ogni essere umano e l’assolutistica ‘pretesa postmoderna’a che la società riconosca giuridicamente qualsivoglia progetto personale di vita del singolo. Lo aveva fatto ‘bilanciando’ il principio del riconoscimento dell’irriducibile individualità di ogni essere umano (identità, autorealizzazione, autodeterminazione) con il principio di una sua più ampia responsabilità sociale nei confronti del mondo che lo circonda. Andando oltre i presupposti ‘canonici’ della responsabilità per colpa, della mancata corrispettività delle prestazioni, della lesione di un diritto soggettivo in senso stretto, nel momento in cui enfatizza(va) l’esistenza di doveri di cura nei confronti della collettività, delle generazioni future, dell’ambiente, degli animali, del vivente non umano (tutte entità prive, a stretto rigore, di personalità giuridica).
Su entrambi i piani, tanto di quello della effettività della tutela dei diritti quanto di quello della responsabilità, la dogmatica giuridica è oggi messa a dura prova. Nella tecno sfera governata algoritmicamente a mutare è l’orizzonte dei valori tanto nella cifra estetica quanto in quella etica. Gli esempi sono innumerevoli e tutti quanti mai esemplificativi delle radicali sfide rivolte all’ homo constitutionalis quando la cosiddetta cittadinanza digitale assurge nella prassi a vera e propria forma di vita (A. Cantaro, 2021). È per questa ragione che anche coloro che, come Balaguer, continuano a rivendicare la natura progressiva e civilizzatrice storicamente svolta dal processo di costituzionalizzazione, avvertono a pelle che i processi di de-costituzionalizzazione stanno prendendo il sopravvento sui processi di costituzionalizzazione.