Le radici ordoliberali
L’unione monetaria concepita dal Trattato di Maastricht rompe irreversibilmente questo equilibrio. E alla base della funzione dominante assegnata al diritto nella realizzazione di questo progetto politico si rintracciano piuttosto i retaggi di un’altra concezione del sistema normativo comunitario, molto più esigenze e prescrittiva circa la funzione costituzionale del diritto dell’economia. Non si fatica a scorgere i segni teorico-politici dell’ordoliberalismo tedesco: è questa concezione ad esigere una politica economica e monetaria «vincolata da regole costituzionali, basate come tali su criteri giustiziabili», l’unica a poter essere affidata alla responsabilità delle istituzioni sovranazionali.
La costituzione giuridica della politica monetaria ha in realtà inteso uniformarsi a queste prescrizioni, dando alla UEM una configurazione che avrebbe dovuto immunizzarla una volta per tutte da possibili derive keynesiane nella gestione macroeconomica. Politiche macroeconomiche di questo tipo avrebbero infatti dovuto necessariamente dare la priorità alla predeterminazione politica degli obiettivi, oltre che degli strumenti di azione, alla stregua di una valutazione discrezionale e contingente della situazione economica evidentemente incompatibile con l’idea che l’Unione avrebbe dovuto agire sulla base di criteri normativi certi e predeterminati, se del caso giudizialmente sindacabili.
Una vittoria di Pirro
Come risulta sin troppo evidente, questa strategia è risultata fallimentare. I difetti di progettazione istituzionale dell’Unione monetaria, nella forma perfezionata dal Patto di stabilità del 1997, erano peraltro già noti all’origine, e hanno del resto cominciato a manifestarsi ben prima della crisi finanziaria che ha contagiato i debiti sovrani degli Stati della «periferia» europea.
Il fatto che proprio la Germania e la Francia non si siano per prime attenute alle regole del Patto di stabilità e crescita (nella sua originaria versione), e che poi la relativa procedura d’infrazione per deficit eccessivo iniziata dalla Commissione sia caduta nel nulla, ha tuttavia portato gli apologeti tedeschi dell’euro ad auto-incolparsi in un autodafé postumo, strumentale alla richiesta di perfezionare l’ordine giuridico violato, rafforzandone gli automatismi e l’efficacia sanzionatoria.