Ho abbozzato il tema anche nella presentazione urbinate de La questione comunista quando ho apoditticamente invitato a prendere sul serio la sfida della libertà neoliberale. Quel diritto/dovere all’’autodeterminazione di ognuno nella forma della performance, nella forma del principio del massimo rendimento nel tempo del lavoro e dello sfrenato godimento nel cosiddetto tempo libero. Un autosfruttamento, una nuova forma di schiavitù che ci autoimponiamo in nome del “capitalismo che è in noi”. In nome del “dovere antropologico” di pensare positivo, dell’“obbligo” intellettuale di pensare a dialetticamente.
Una libertà del volere, denunciavo, pagata al caro prezzo di diventare la maschera di sé stessi, di praticare una autodeterminazione nella forma paradossale di essere altro da sé, di vivere la propria soggettività nella forma della foucaultiana impresa permanente di sé e del consumo compulsivo. Sempre connessi, tutto l’anno, tutti i giorni dell’anno, ad ogni ora del giorno.
Questo assolutistico diritto/dovere all’autodeterminazione individuale e singolare è il tratto caratterizzante l’homo neoliberale. Una narrazione di fatto recepita anche dalla nostra giurisprudenza come una antropologia progressiva, emancipante, meritevole di tutela nei più svariati campi, dalle scelte procreative a quelle relative al genere, al fine vita. Salvo per ciò che concerne il lavoro, privato ideologicamente della sua autonomia (il lavoro come capitale umano) e fattualmente, prima ancora che giuridicamente, sempre più eterodiretto.
Io penso che grandi siano, da questo punto di vista, le responsabilità del nostro mondo per avere acceduto ad una declinazione del diritto al lavoro come un diritto esclusivamente economico-sociale. Una rimozione dell’ethos più autentico e vitale che esso si era guadagnato nelle costituzioni del novecento.
Il suo essere primariamente un diritto politico, un diritto di partecipazione alla vita della polis di coloro che altro non hanno per essere ‘riconosciuti’ nello spazio pubblico. Il marxiano, hegeliano, gramsciano, losurdiano diritto all’emancipazione e all’autorealizzazione da parte delle classi subalterne. Dei governati, come preferisco dire nel mio lessico.