IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Fratelli di Giorgia: filoatlantici ed eurocritici

Per Vassallo e Vignati (Fratelli di Giorgia, Il Mulino, 2023) la visione manichea di un mondo diviso tra bene e male, cardine ideologico del “conservatorismo nazionalista”, è servita a costruire l'identità della destra, ma rischia di entrare in conflitto con la difesa dell'interesse nazionale italiano, cioè proprio con uno dei pilastri di quella stessa identità

Tutti i dirigenti di Fdi che abbiamo intervistato e a cui abbiamo chiesto di sviluppare l’argomento della visione Europea hanno rivendicato il loro europeismo di lunga data, che affonda le radici in posizioni che erano già state proprie del Movimento sociale. In realtà, quello del Msi è sempre stato un europeismo sui generis, che, negli anni della Guerra fredda, vedeva l’Europa come terzo Polo rispetto agli Stati Uniti e alla Russia. Per molti suoi esponenti, “l’Europa era la comunità propugnata da Evola, l’Europa del sangue, della razza (Neglie 1994). Una entità che poteva essere astrattamente rappresentata, se non come ugualmente distante dalle due grandi potenze, almeno come un soggetto terzo: come la patria (immaginaria) di una mitica terza via politico-spirituale tra comunismo e capitalismo.

In concreto, nei confronti del processo di cooperazione europea e di unificazione sovranazionale, il MSI ha inizialmente tenuto un orientamento favorevole, per poi maturare via via critiche genericamente riferite alla burocratizzazione delle istituzioni comunitarie e timori per la perdita di sovranità nazionale. Ha votato a favore sia del trattato che istituisce la CECA, sia dei trattati di Roma, vedendo il rafforzamento dell’Europa come un elemento di equilibrio dello scenario bipolare dominato dalle due superpotenze (Parlato 2019). Nel 1978 votò a favore anche dell’ingresso dell’Italia al Sistema monetario europeo (SME)[…] Il dibattito sull’approvazione del trattato di Maastricht vide invece i missini […] su posizioni strenuamente contrarie. […] Il MSI rese rumorosa la sua opposizione facendo ostruzionismo in Parlamento e richiedendo un referendum. A quel punto aveva assunto come posizione di riferimento e parole all’ordine l’idea di una “Europa dei popoli” e “un’Europa delle storiche patrie indipendenti”(cit. in Piermattei 2011).

Con il passaggio dal MSI ad AN, la principale fonte d’ispirazione diventa Charles de Gaulle e la sua formula di “un’Europa delle Nazioni”. Un documento approvato al congresso di fondazione di AN riafferma l’adesione al modello confederale e avverte che “è assurdo voler fondare l’Europa, che è il nostro destino, sulla disgregazione delle Nazioni e sulla decadenza degli Stati”[…]. In seguito, le posizioni di AN hanno oscillato tra il realistico conformarsi agli impegni assunti dall’Italia, soprattutto negli anni in cui ha fatto parte della coalizione di governo, e l’espressione, che poteva a volte sfociare in un controllato euroscetticismo, di una certa insofferenza nei confronti dell’eccesso di burocratizzazione e della perdita di sovranità. Nel programma elettorale di Fdi del 2013 non mancano naturalmente alcune osservazioni critiche sulle istituzioni dell’UE. Ma l’afflato è chiaramente europeista. […] Il deficit democratico va risolto, secondo Fdi versione 2013, facendo un passo avanti nell’integrazione, “con il passaggio dall’Europa economica a quella politica e la conseguente elezione diretta del presidente della commissione”. “La condivisione di sovranità ha un senso se accompagnata a questo processo”. La BCE non è un mostro malvagio, l’euro non è affatto il male assoluto. Tutto al contrario. L’obiettivo è rafforzare la politica monetaria comune.[…]

Il fenomeno che dal 2013 genera un impatto di grande rilievo politico è la crisi globale dei rifugiati che fa tornare saliente più in generale, nell’opinione pubblica, il tema dell’immigrazione. Un fenomeno che viene cavalcato dai leader della destra in chiave anteuropea e che in tutti i paesi europei e tendenzialmente associato a un crescente euroscetticismo (Harteveld 2018; Stockemer 2020). Sta di fatto che, a meno di due anni dall’esordio appena citato, secondo Giorgia Meloni: “è arrivato il momento di dire a chiare lettere che stare nell’euro a queste condizioni non conviene all’Italia… comincio a credere che sia del tutto inutile provare a convincere la sorda Germania a ragionare. Dunque penso che l’Italia debba dire all’Europa: noi vogliamo uscire dall’euro, se pensate che questo sia un problema grave per l’euro, allora convinceteci a restare. Invertiamo l’onere della prova, insomma. Perché all’Euro serve l’Italia molto più di quanto all’Italia serva l’euro.” Pochi mesi dopo paragona l’euro alla schiavitù. […] Le tesi di Trieste addebitano alla moneta unica effetti distorsivi penalizzanti per l’economia italiana. Dunque Fdi ritiene a questo punto(2017) necessario: “porre seriamente la questione euro in sede europea e affermare la necessità di un sistema di compensazione tra gli Stati membri per bilanciare gli squilibri causati dalla moneta unica. L’alternativa a un meccanismo di reale riequilibrio non potrebbe che essere l’abbandono concordato e ordinato dell’Euro in accordo con gli altri Stati europei.” (Fdi, Tesi di Trieste, 2017) […]

Questa “teoria” delle istituzioni europee, viste come una sorta di burocrazia sovietica al servizio della grande finanza, ha come ulteriore declinazione un attacco frontale e governi francese e tedesco […] a fronte di un aperto sostegno verso il gruppo di Visegrád, l’alleanza tra i governi polacco, ungherese, ceco e slovacco. Le tesi di Trieste trovano nelle proposte di quest’ultimo gruppo “una condivisibile opposizione alla degenerazione burocratica dell’Unione Europea”.[…] A partire dal 2019, nei documenti programmatici di Fdi si osserva una parziale attenuazione della contrapposizione verso l’Ue […] che tende a trasformarsi in un orientamento moderatamente favorevole nel 2022. […] Nel programma elettorale del 2022 è evidente una ulteriore rimodulazione che riflette la posizione presa sull’Ucraina. Rimangono le critiche alle istituzioni di Bruxelles e ai maggiori partner europei; l’idea di una “Europa delle patria, fondata su un interesse dei popoli”, ma l’accento è sulla pars construens sulla necessità che l’Europa sia “capace di affrontare le sfide del nostro tempo” e quindi di “rilanciare il sistema di integrazione Europea”. Fdi si dice a favore di “politiche di difesa comune nell’Unione Europea e la costituzione di una ‘colonna europea’ della NATO”, che richiede quindi anche di rafforzare la politica estera comune. Così come di un “contrasto alla concorrenza sleale dei paradisi fiscali europei” che ovviamente richiede la supremazia di norme dell’Ue su quelle degli ordinamenti nazionali in questione. […]

La rimodulazione dei toni e l’abbandono della prospettiva dell’exit sono quindi un inevitabile dazio da pagare al realismo governativo e alla consapevolezza che, nella fase attuale (crisi energetica, attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza), l’Italia ha bisogno dell’Europa almeno quanto vale il contrario.

Inoltre, l’aggressione russa in Ucraina, vissuta con lo sguardo ormai interiorizzato degli appartenenti alla rete globale dei nazional-conservatori, ha reso ancora più evidente il nesso tra l’appartenenza alla Ue e All’alleanza atlantica. Anche in questo caso il punto di partenza era stato un po’ diverso. […]

Tra americanismo partigiano e simpatie putiniane

Dall’inizio degli anni Cinquanta i partiti della fiamma hanno tenuto una notevole continuità di posizioni fino atlantiche. La novità introdotta da Giorgia Meloni è stata la marcata politicizzazione dei giudizi sulle amministrazioni americane. Nel senso che le sue posizioni consistenti in una critica sprezzante delle presidenze guida democratica e in una adesione incondizionata alle scelte di Donald Trump, sono apparse un meccanismo riflesso dell’allineamento alle parole d’ordine degli ambienti repubblicani con cui Fdi ha cercato di stabilire rapporti privilegiati. Della presidenza di Barack Obama sono stati contestati con veemenza l’intervento militare in Siria e la decisione di imporre sanzioni alla Russia: queste ultime sono state osteggiate con l’argomento che avrebbero comportato danni al made in Italy e anche perché individuavano in Vladimir Putin un autocrate pericoloso per d’ordine e la pace mondiali (mentre per Meloni il leader russo era un faro della difesa dei valori tradizionali contro le “lobby globaliste”). […] [In un dichiarazione del 2016 Meloni afferma:] “Fratelli d’Italia chiede al governo italiano di non assecondare anche questa ultima idiozia di Obama e di mettere fine a tutte le sanzioni ancora presenti contro la Federazione Russa.”  Posizioni simili rifluiranno nelle Tesi di Trieste, con esplicito riferimento all’ipotesi di riconoscere il fatto compiuto della annessione della Crimea da parte della Russia di Putin. […] Mentre le critiche Obama/Biden sono state durissime, l’identificazione con Trump è stata talmente forte che, persino dopo i fatti di Capitol Hill, non risultano esplicite prese di distanza. […]

La dura realtà della guerra in Ucraina e i rapporti con partiti di paesi europei direttamente esposti all’aggressione russa hanno messo Fdi di fronte alla necessità di prendere posizioni nette nel merito, nonostante i dubbi che serpeggiano nel suo elettorato, rapportandosi agli interlocutori internazionali, in ambito nato e Ue, con Maggiore equilibrio e realismo. Lo hanno richiesto, in primo luogo, a Giorgia Meloni nella sua qualità di presidente del partito dei Conservatori e riformisti, tra i quali hanno un peso preponderante, come abbiamo visto, i polacchi di Diritto e giustizia e un ruolo di rilievo gli esponenti del Partito democratico civico della Repubblica Ceca. […]

Identità nazionalista e interesse nazionale

Dunque il percorso che ha portato Fdi a diventare un soggetto politico di assoluto rilievo nel sistema politico nazionale include una oculata quanto fortunata strategia di accreditamento a livello europeo ed internazionale. Una strategia coerente con il profilo ideologico nazional-conservatore che era stato già adottato dai dirigenti di Fdi tra il 2014 e il 2017 e che è stato ulteriormente approfondito anche come effetto di quella strategia. […]

Rimane costante, in generale, anche una certa tendenza a dividere il mondo in due, tra gli amici conservatori (per definizione patrioti) e gli avversari (per definizione servi delle élite globaliste e dunque, per forza di cose, più che avversari, nemici). […]

Rimane la radicata diffidenza nei confronti dei due principali paesi europei, Francia e Germania. […] L’aggressione russa in Ucraina ha completamente delegittimato, invece, tutta l’enfasi posta in passato sulle virtù identitarie, religiose e patriottiche di Vladimir Putin, mentre ha reso ancora più saldi i rapporti con gli ambienti repubblicani americani.

È prevedibile che dalla posizione di governo l’atteggiamento verso le istituzioni europee e i principali paesi membri cambierà ancora non solo per via di quel sistema di vincoli incorporati (embledded) nell’ordinamento costituzionale, nella struttura socioeconomica, nella storica collocazione internazionale del nostro paese[…] ma anche perché cambieranno gli obiettivi, le arene e i margini di intervento. […] Ora hanno un biglietto di ingresso privilegiato al tavolo dei leader nei vertici internazionali la visibilità è più che garantita mentre sono sconsigliati gli attacchi personali tracotanti a questo o quel capo di governo, che in precedenza potevano tornare utili per galvanizzare potenziali sponsor e follower. […] Si può facilmente scommettere, quindi, che durante il mandato del governo Meloni, come è già stato per il G20 tenuto a Bali il 15-16 novembre 2022, i vertici tra i capi di governo e tra i ministri dei paesi membri avranno un rilievo decisamente diverso rispetto al passato nella rappresentazione dell’UE da parte dei dirigenti di Fdi. […]

Il discorso potrebbe essere esteso, senza grandi modifiche, ai rapporti internazionali in generale. La visione manichea di un mondo diviso tra il bene e il male secondo la chiave ideologica di un “conservatorismo nazionalista e non necessariamente liberale”, che è servita di costruire l’identità della destra, rischia di entrare in conflitto con la difesa dell’interesse nazionale italiano, cioè proprio con uno dei cardini di quella stessa identità.

[Salvatore Vassallo, Rinaldo Vignati, Fratelli di Giorgia, Il Mulino 2023]

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