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cultura politica e costituzionale

IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

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IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Golpe in Niger, il sociale prima della geopolitica

Il colpo di stato in Niger è l’ultimo di una serie di putsch che investono il Sahel, martoriato da guerre e povertà indotte da decenni di sfruttamento e di regimi autoritari. Le élite militari hanno colto l’occasione per prendere il potere, usando la retorica spuria dell’antioccidentalismo.

Aspetti politico-sociali della crisi

Una visione critica, materialista e basata sulla dialettica sociale, non può mai prescindere dall’analisi di ciò che avviene all’interno di una società, insomma, da un’analisi dal basso. Anche la geopolitica non può prescindere dal materiale, dal sociale, dai rapporti di classe e di potere. Quindi spiegare il colpo di stato nigerino in termini dei rapporti che intercorrono tra Ovest/Est, NATO/Russia-Cina, eccetera, è non solo riduttivo ma sbagliato. Più di un osservatore in Africa e non in Europa ha fatto notare come la deposizione di Mohamed Bazoum da parte dei militari sia stato l’estremo rimedio preso dai vertici militari del paese per evitare il carcere. Infatti, il colpo di stato avviene a seguito di un grande scandalo politico-finanziario che ha investito le alte sfere delle Forze Armate nigerine. Si tratta di centinaia di milioni di dollari, soldi pubblici, intascati dai militari durante gli anni del mandato del presidente Mahamadou Issoufou, dal 2011 al 2021. Issoufou è il padre politico di Bazoum, è amico dell’Occidente ed è considerato un campione della democrazia e dell’accountability, tanto da ricevere un premio della Fondazione Mo Ibrahim, un’agenzia del pensiero neoliberale in Africa, per buon governo.

Quando esplode lo scandalo, verso la fine del secondo e ultimo mandato di Issoufou, la costernazione generale ha provocato non solo rabbia popolare, ma anche divisioni profonde all’interno del partito al potere, il PNDS (Partito nigerino per la democrazia e il socialismo). La prima testa a cadere è quella del capo di stato maggiore dell’aereonautica militare per lo scandalo sulle commesse militari con Israele e con la Russia. Si acquistava materiale di bassa qualità a prezzi gonfiati. Secondo la rivista Africa Confidential, tra il 2017 e il 2019, tra prezzi falsati e commissioni folli, è stato predato circa il 40 percento dell’intera spesa militare, pari a 127 milioni di dollari. Il calcolo è stato effettuato da una revisione dei conti commissionata dallo stesso ministro della Difesa, Issoufou Katambé, alla fine del 2019. Di qui lo scandalo e la caccia ai corrotti e ai ladri di soldi pubblici di uno dei paesi più poveri del mondo. Bazoum, braccio destro del presidente uscente, va al potere nel bel mezzo della tempesta politica, proprio per riscattare l’immagine del suo protettore. L’attenzione dei media si concentra su due faccendieri, Aboubacar Hima e Aboubacar Charfo, intermediari con Israele, Ucraina, Russia, Repubblica Ceca e Cina per il rifornimento di elicotteri da combattimento, aerei da attacco, camion, veicoli blindati, munizioni e contratti di manutenzione. Si tenga presente che siamo a prima della guerra russo-ucraina. L’inchiesta diretta dal ministero dell’interno e stranamente non dalla magistratura ha paventato il carcere per i due uomini ma, cosa ancora peggiore, la restituzione del maltolto. Inoltre, Issoufou inizia a sospendere qualche militare di secondo rango (si tenga sempre presente che le indagini sono da sempre in mano alla polizia e al governo e non alla magistratura) per salvare la faccia e cavalcare la rabbia popolare montante. Hima e Charfo promettono così di restituire svariati milioni di dollari. Nessun politico si dimette. La vittoria del PNDS e di Bazoum, salutate positivamente dai paesi occidentali, scatenano la protesta popolare, con centinaia di arresti e qualche morto per strada. Tutti coloro che hanno mangiato pezzi di quella stessa torta hanno così cominciato a tremare. Sono tutti militari.  Militari incompetenti e male addestrati da USA e Francia. Infatti, per vent’anni, mentre Francia e USA cantavano le lodi del professionalismo dell’esercito nigerino, le truppe di Niamey subivano continue umiliazioni sul campo da parte di gruppi islamisti attivi nell’area.

Questo è stato Bazoum e questi sono i militari che prendono il potere al posto suo con un colpo di stato. L’analisi della questione nigerina attuale non può prescindere da questi fatti che hanno a che fare con la società e la politica del Niger e allo stesso tempo con le potenze che sostenevano le sue classi politiche e il suo apparato militare. I militari prendono il potere cavalcando la protesta e il malcontento popolare, di un popolo poverissimo che soffre una quotidianità di abusi e povertà.

I colpi di stato africani non avvengono mai in un vuoto di circostanze, bensì occorrono sempre a latere di grandi crisi di qualsivoglia natura. Il paradosso nigerino è che sono proprio i militari a essere all’origine dello scandalo stesso. Le belle parole della nuova giunta militare, che ammiccano al volere popolare, auspicando giustizia sociale e democrazia, sono belle parole e tutto fa pensare che esse rimarranno tali; non solo perché i militari al potere occupano il Palazzo per evitare guai con la Giustizia e per non restituire il maltolto, ma perché storicamente è sempre stato così. In Africa, i governi militari di qualsiasi tipo e colore essi siano stati hanno sempre fatto male e del male. Il capitano Thomas Sankara, nel Burkina Faso degli anni ’80, potrebbe rappresentare forse un’eccezione, ma essendo stato subito eliminato dai francesi il suo retaggio resta puramente un esercizio di idealità, spesso usurpata da golpisti in malafede.

La guerra di plastica Ovest-Est

Per tentare di capire le ragioni di quello che è accaduto a Niamey (nessuno lo sa con precisione), è bene tenere distinti l’aspetto sociale e relativo alla politica interna da quello della geo-politica. Dal punto di vista geo-politico, qualcuno parla di “nuova guerra fredda” in Africa. In realtà, la guerra africana tra le potenze mondiali è espressione di una “cortina di plastica” ben più futile della vecchia cortina di ferro che divideva il mondo in due blocchi ideologici distinti nel ventesimo secolo. Oggi, non siamo in presenza di un fronteggiamento tra imperialismo e socialismo, bensì tra due imperialismi diversi soltanto nella pratica della mercificazione e dell’estrazione di profitto: quello neo-liberal-capitalistico occidentale (difeso dalla NATO) e quello oligarchico-capitalistico o stato-centrico dell’Est (incarnato dagli oligarchi di Putin, dal Partito comunista cinese, dall’indiano Modi, ecc.). Insomma, due modelli di capitalismo, che pur nella diversità, in quanto tali, hanno la stessa sacra missione: mercificare per arricchire il capitale. Questi modelli di capitalismo sono diversi solo sulla facciata. Questo significa che in Africa, NATO o Russia non cambieranno mai i rapporti di classe e tutto il sistema d’ingiustizia sociale e povertà che tale rapporto comporta.

I golpisti nigerini sono guidati dal generale Abdourahmane Tchiani, ex-comandate delle forze di peacekeeping dell’ONU. Il Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria è tutto formato di militari che prendono il potere in un paese amico dell’Occidente e dove Francia e USA hanno tra le più importanti basi militari. Le basi militari occidentali servono, più che a controllare i movimenti dei gruppi considerati “terroristi” o criminali dall’Occidente stesso, a proteggere i grandi interessi economici e strategici della Francia, ovvero l’estrazione dell’uranio, ingrediente fondamentale per l’industria nucleare. Ci sono anche altre risorse importanti in Niger. Allora si può chiudere un occhio sugli altri colpi di Stato, in Guinea o in Mali, ma non in Niger. Arriva così la condanna degli organismi regionali, che sono il braccio politico del capitalismo, come l’ECOWAS (Economic Community of West African States). Però se la fantomatica “comunità internazionale” (cioè l’asse finanziario-capitalistico globale) condanna il putsch, il popolo sembra approvarlo con manifestazioni spontanee contro la ex-potenza coloniale, la Francia. Ora il nemico del nemico diventa l’amico. Così sventolano bandiere russe. Wagner è presente nella regione e garantisce i golpisti come forza di reazione rapida nel caso in cui i commandos franco-americani intervenissero per ripristinare il presidente amico, Bazoum. La guerra di plastica, tra due imperialismi, è in corso.

Per ora i militari e il Gruppo Wagner tengono, ma gli USA, dopo il fallimento della “guerra al terrore”, non possono sopportare oltremodo l’evidenza dell’inutilità sociale o umanitaria della loro presenza e violenza militare in Africa. Si ricordi che il grande caos saheliano è scaturito proprio dall’intervento franco-americano in Libia nel 2011. Ci sarà sicuramente una reazione dei franco-americani in Niger, specialmente se i golpisti metteranno a repentaglio i rifornimenti di uranio, settore che per ora resta al difuori della questione politica. Le macchine continuano ad estrarre e i camion a trasportare il prezioso minerale.

La Russia dal canto suo ha da lungo tempo iniziato in Africa una politica di cooptazione delle élite locali: se state con noi, vi garantiamo protezione e immunità per i vostri traffici e interessi anche illeciti. La carta della retorica nazionalista anti-coloniale è la più facile da giocare. Le élite al potere non hanno esitato a cogliere la palla al balzo cavalcando il sentimento popolare, soprattutto giovanile, contro l’inettitudine, la corruzione e la violenza dei governi filo-francesi e filo-americani. Al momento dell’insediamento del governo golpista, il suo portaparola, Amadou Abdramane, ha proferito parole patriottiche degne di un rivoluzionario anti-colonialista atte a mettere fine al “continuo deterioramento economico della patria”.

Come riportato sopra, lo scandalo delle commesse militari potrebbe essere invece la vera causa del colpo di stato. Il non-intervento occidentale potrebbe essere dato proprio dal fatto che si stia puntando alla diplomazia del do ut des, cioè della garanzia dell’immunità per i militari corrotti in cambio di un ritorno alla normalità, che significa riportare il Niger sotto il pieno controllo franco-americano. Altroché democrazia e stato di diritto, anti-francesismo e filo-russismo!  Si tratta sempre di una questione di profitti, leciti e illeciti.

L’ECOWAS, uno scherzo della politica?

Uno dei risultati più tristi dell’intera questione è l’evidente e totale inadeguatezza delle istituzioni africane e in particolar modo dell’ECOWAS (la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale). Il regionalismo è da sempre considerato uno strumento per il superamento delle divisioni indotte dal retaggio coloniale, cioè dell’invenzione ad hoc di nazioni e stati che nulla hanno a che fare con la società e la storia.

L’ECOWAS è l’unione politica ed economica di quindici stati dell’Africa occidentale, tra cui proprio il Niger. L’unità territoriale e l’autosufficienza sono gli obiettivi dichiarati dell’organizzazione stabilita nel 1975 col trattato di Lagos, la vecchia capitale della Nigeria. Proprio la Nigeria è il paese egemone all’interno dell’ECOWAS, dato il suo peso economico e demografico. La particolarità dell’ECOWAS è quella di essere preposta anche ad attività di peacekeeping militare. Non pochi sono i casi di interventi militari congiunti di stati membri in altri stati membri.

I media italiani parlano di ECOWAS e ne cantano le lodi come possibile attore per il ripristino della democrazia. Anche questo fronte, molto mediatico, ci pone di fronte a delle contraddizioni. La prima è il fatto che l’ECOWAS non sembra essere l’organizzazione neutra che dovrebbe essere; la seconda è data dal fatto che ben quattro dei quindici paesi membri sono al momento sospesi; la terza contraddizione è che, per la prima volta, con l’ultimatum del 6 agosto 2023, l’ECOWAS si propone di invadere militarmente un paese ancora sovrano ma con un governo che non piace agli altri.

Il fallimento franco-americano nella regione ha una componente sociale. Cioè le società africane, soprattutto i giovani istruiti, capiscono benissimo perché truppe americane e francesi si trovano in permanenza sul suolo nigerino. La Francia e gli USA sono una presenza troppo ingombrante e storicamente imbarazzante. Serve un travestimento e l’ECOWAS fa al caso loro. Dagli anni ’90 (in Liberia, Sierra Leone, Guinea-Bissau) agli anni 2000 (in Costa d’Avorio, Mali, Gambia, Guinea-Bissau), l’organizzazione è sempre stata allineata con le posizioni della “comunità internazionale”, cioè USA e UE.

Si arriva così alla seconda contraddizione di cui sopra. L’ECOWAS è egemonizzata dalla Nigeria, paese grande, complesso e difficile da governare, perciò facile da controllare e da etero-dirigere. La Nigeria è da sempre un tentacolo dell’interesse occidentale in Africa. Se si considera che ben quattro paesi membri sono sospesi e che essi minacciano di allearsi al Niger qualora la Nigeria e gli altri invadessero militarmente il paese, si capisce bene come l’interesse per la pace e la prosperità della regione sia all’ultimo posto delle preoccupazioni delle leadership africane, che continuano, come cento anni orsono, a fare ciò che viene chiesto loro da potenze esterne. L’ECOWAS non fa eccezione. Per questo l’analisi e l’attenzione deve necessariamente continuare a restare viva non solo sulle rivalità USA-Francia-Russia-Cina, ma anche e soprattutto sul rapporto tra classi al potere nei paesi africani e il resto della società. È da questo rapporto di dominio, da questo squilibrio sociale, che provengono i problemi, che prospera la ricchezza e che aumenta la povertà. Di questa condizione materiale si nutrono i nuovi e vecchi imperialismi.

Infine, la terza contraddizione consiste nella natura delle minacce dell’ECOWAS nei confronti del Niger. L’intervento militare contro un governo non è peacekeeping. Al contrario di tutti gli altri casi di intervento dell’ECOWAS, in Niger per ora non ci sono due o più parti in conflitto armato tra loro. Va detto che qualcuno si sta già attivando per fabbricare questa circostanza. La mobilitazione dell’ex-ministro Rhissa ag Boula, veterano della ribellione tuareg e vicinissimo a Bazoum e alla Francia, va proprio in questo senso. Ag Boula ha annunciato la formazione di un gruppo di resistenza, per ora solo politico, ma che si potrebbe presto e facilmente armare.

Le minacce dell’ECOWAS continuano a restare tali ed è bene che sia così. Una guerra fra stati in Africa occidentale è l’ultima cosa di cui l’Africa e il mondo hanno bisogno. La guerra va evitata con tutti mezzi, perché non saranno le élite a perire, bensì le povere masse africane già massacrate da mercenari d’ogni sorta, incluso naturalmente il russo Gruppo Wagner; già massacrate dai loro stessi governi, come quello del PNDS in Niger, le cui forze di sicurezza si sono macchiate di gravi atti di sangue nei confronti dei propri stessi cittadini. L’ECOWAS è alla prova di sé stessa, sarà un’organizzazione indipendente in grado di proteggere gli interessi dei popoli africani o uno scherzo politico in mano a interessi altri dalla società?

Le contraddizioni interne

In conclusione, è evidente come la crisi politica in Niger ammicchi alla contrapposizione internazionale NATO-Russia, cioè tra due campi imperialisti che si contendono l’influenza sull’Africa. Questo tuttavia non spiega la crisi o perlomeno non la spiega da un punto di vista della dialettica sociale. Infatti per cercare di capire la crisi nigerina (e non solo) bisogna tenere presente la società nigerina e le sue contraddizioni sociali. Come scrisse Mao Zedong (ancora relativamente popolare tra gli intellettuali africani), “la causa fondamentali dello sviluppo di una cosa non è esterna ma interna; risiede nella contraddittorietà interna alla cosa stessa”. La frazione militare della classe dominante nigerina (la stessa classe dominante di sempre) può addurre la contraddizione esterna come ragione strumentale per il colpo di stato, cioè la retorica anti-Francia e pro-Russia, ma la fame di potere dei militari e la loro smania di profitto, sottratto alle masse anche illegalmente, pare non essere sostanzialmente diversa da quelle dei governi civili ad essi preceduti. Per sapere come uscire dalla crisi, è importante capire che, qualunque sia la retorica dei militari golpisti, l’esercizio del potere, il colpo di stato, è primariamente il risultato di contraddizioni interne alla società nigerina. I giochi sporchi della geo-politica si aggiungono, esacerbando o attenuando la crisi, ma certamente senza risolvere il suo nucleo centrale.

Non c’è solo Tchiani tra i militari africani addestrati dagli USA che si sono prodigati in azioni golpiste in Africa occidentale. Bazoum, Biden e Macron non sono interlocutori più credibili dei russi, così come le forze di sicurezza occidentali o nigerine non sono meno violente dei mercenari del Gruppo Wagner. Tuttavia, gli imperialismi russo e cinese non saranno certo quello che salverà l’Africa. È l’Africa che deve salvare sé stessa, dalle contraddizioni interne derivanti da un capitalismo selvaggio e predatorio che ne caratterizza le società. Ma questa ECOWAS sta mostrandosi debole e troppo affascinata dalle logiche occidentali da cowboy del Far West.

Quali forze vive della democrazia esistono nella regione?  Sono le lavoratrici e i lavatori che possono fare qualcosa, come per esempio è successo in Burkina Faso nel 2014; sono i giovani, coraggiosi e attivissimi nella regione, i cui movimenti sono spesso repressi dalle forze di sicurezza addestrate proprio dagli occidentali; sono tutte e i tutti coloro che in Africa ancora credono alla politica attiva e che hanno coscienza di essere sfruttati. Non è poca cosa.

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