Il comportamento della BCE non è sorprendente. Il regime di politica monetaria è conformato alla gerarchia tra i principi contenuti nei Trattati europei. L’impianto in funzione è riconoscibile dal posto assegnato, nelle annuali raccomandazioni forgiate dalla Commissione europea per i singoli Stati, al “Nawru” (non-accelerating wage rate of unemployment), il tasso di disoccupazione di lungo periodo compatibile con la stabilità dei prezzi. Il livello del tasso di disoccupazione è rigidamente sotto-ordinato all’andamento dei prezzi. La stabilità dei prezzi è l’obiettivo primario della politica economica, anzi l’unico. Che vuol dire? Che quando noi, come altri nell’Unione europea, abbiamo un tasso di disoccupazione elevato, anche molto elevato, la politica economica è inibita a ridurlo se la sua riduzione determina un aumento dei prezzi. È avvenuto sistematicamente per l’Italia e per gli altri Pigs (acronimo raffinato coniato per indicare Portogallo, Grecia e Spagna, oltre a noi). Avviene ora, nonostante l’economia di guerra. Ovviamente, in una relativamente piccola economia aperta, senza sovranità monetaria, la dinamica dei prezzi interni è una variabile da tener presente con la massima attenzione. Ma non può essere la variabile sovraodinata all’occupazione, ossia alla valorizzazione del lavoro, il soggetto politico fondativo della nostra Repubblica democratica. È, dovrebbe essere, un dato agghiacciante per la sinistra ufficiale. Invece, sulla ferita alla nostra Costituzione, la sinistra ufficiale, quando consapevole, neanche discute per il timore di indebolire le sue credenziali europeiste. Eppure, anche un europeista DOC come Guido Carli, nelle memorie del 1993 (“Cinquant’anni di vita italiana”), aveva riconosciuto che “è difficile accettare con animo leggero il fatto che l’obiettivo della stabilità dei prezzi sia indicato senza alcun riferimento al livello di occupazione e, dunque, al benessere delle comunità che si sono date questa nuova Costituzione monetaria. Ho provato ripetutamente nel corso del negoziato a inserire tra i criteri anche il livello di disoccupazione (…) Senza successo”.
