IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Il commercio estero tedesco tra norme europee, Usa, Cina

La Cina è il più importante partner commerciale della Germania. Ma la forte spinta USA, sostenuta dal partito americano presente in Europa, punta a ridurre al massimo i rapporti con il gigante asiatico.

Un caso: le esportazioni cinesi di auto

La Cina ha superato nel 2022 la Germania nell’esportazione di auto (rispettivamente 3,1 milioni di unità contro 2,6 milioni) e si appresta a superare nel 2023 anche il Giappone, ancora nel 2022 primo esportatore mondiale con 3,2 milioni di vetture. Alla base di tale previsione c’è il fatto che le esportazioni cinesi di auto, in particolare di quelle elettriche, sono aumentate del 120% rispetto all’anno precedente, mentre esse sono appena agli inizi come sforzo di penetrazione da parte delle case del paese asiatico.
Le vetture prodotte in Cina da parte di imprese controllate da capitali cinesi o esteri godono di ampie economie di scala (nel 2022 sono state prodotte in Cina ben 5,3 milioni di vetture totalmente elettriche, più circa 1,2 milioni di vetture ibride, contro un totale mondiale di poco superiore ai 10 milioni), nonché del controllo dell’intera filiera produttiva; esse appaiono poi meno costose di quelle prodotte altrove e di qualità anche migliore.
Si pone da parte dell’UE il problema del che fare di fronte a questi sviluppi. L’AD di Stellantis, Tavares, chiede a gran voce delle misure contro i produttori cinesi, nonché il rallentamento nelle norme UE che prevedono che a partire dal 2036 non sarà più possibile produrre vetture a propulsione tradizionale, mentre certamente a Bruxelles molti dirigenti sarebbero deliziati di dare fastidio ai cinesi. Ma appare difficile che Bruxelles alzi troppo la voce sull’argomento dal momento che i produttori tedeschi sono strettamente collegati al paese asiatico, dove hanno molto rilevanti presenze commerciali e produttive e che sarebbero danneggiate anche gravemente da misure protezionistiche europee, mentre anche la Renault sta tessendo dei legami stretti con i produttori del paese asiatico.

Cosa fare davanti all’IRA?

Come è noto, l’Inflation Reduction Act (IRA) adottato negli Stati Uniti nell’estate del 2022, prevede 370 miliardi di dollari di investimenti pubblici nelle tecnologie verdi. La norma, mentre cerca di sviluppare le produzioni negli Stati Uniti e di combattere i progressi cinesi nel settore, lega le sovvenzioni alla produzione in loco dei vari dispositivi. Di fatto, si tratta di normative che appaiono fortemente protezionistiche, ciò che, tra l’altro, ha irritato notevolmente i paesi europei.
Peggio ancora, viene segnalato che i rappresentanti di diversi Stati Usa, dal Michigan, alla Georgia all’Ohio, stanno percorrendo, sembra con molto successo, le contrade europee per convincere le imprese a trasferire almeno una parte delle loro attività negli Stati Uniti (Jones, Goldberg, Smith, 2023). Il pericolo di vedere molte imprese del nostro continente spostare molte delle loro attività negli Usa come, per altri versi, in Cina, appare sempre più reale.
La risposta europea appare ancora lenta ed incerta. Comunque, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il suo partito hanno proposto all’UE di creare nuovi strumenti di finanziamento congiunti per aiutare gli Stati membri, in particolare quelli più deboli, a competere contro l’aumento dei sussidi Usa per le tecnologie verdi (Il Sole 24 Ore, 2023).
Questo si dovrebbe fare – secondo Scholz- con una riforma delle attuali regole UE sugli aiuti di Stato, allargandone le maglie. Ma questa proposta favorirebbe, in ultima istanza, Germania e Francia, che già di recente hanno quasi monopolizzato gli aiuti erogati dagli Stati membri; in effetti nel 2022 la Germania soprattutto e poi la Francia, disponendo di molto maggiori margini di intervento, si sono accaparrate circa l’80% di tutti i finanziamenti pubblici autorizzati da Bruxelles per far fronte all’emergenza energetica (Bonanni, 2023), mentre l’Italia è riuscita a ritagliarsi soltanto il 7%, ciò che ha creato ulteriori disparità tra i sistemi paese, portando ad una virtuale rinazionalizzazione dell’economia UE.
Inoltre Scholz propone la messa a disposizione da parte della UE di maggiori finanziamenti, creando un fondo apposito, l’European Sovereign Fund, che assorba tutte le risorse non spese del Recovery Fund e di altri fondi e solo eventualmente ricorra alla creazione di nuovo debito europeo.
La proposta è quindi alla fine molto meno generosa di quello che può sembrare a prima vista. Il primo ministro olandese, Mark Rutte, ha già dichiarato che respingerà ogni tentativo di fornire nuove risorse al progetto.
In ogni caso alla fine sembrerebbe trattarsi di una risposta abbastanza debole all’IRA statunitense. Con tali norme gli Stati Europei avranno qualche difficoltà a mandare delle delegazioni negli Stati Uniti per spingere le imprese locali a investire nel nostro continente…

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