IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Il convitato di pietra nella revisione del Patto di stabilità: la BCE

La riforma del Patto di stabilità avanzata dalla Commissione tace su un punto cruciale dell’assetto complessivo dell’eurozona: il ruolo della BCE e l’intangibilità del dogma della separazione tra politica monetaria e politiche di bilancio.

L’imbarazzato silenzio della Commissione sul ruolo della BCE

La proposta della Commissione guarda soltanto al versante della politica fiscale, quale elemento centrale della politica economica, prefigurando nuove modalità – apparentemente più flessibili – di riduzione dei debiti pubblici nazionali, gonfiatisi notevolmente durante la crisi pandemica. Nulla è detto sul ruolo della BCE nell’alleviare il costo del debito e, in particolare, nell’impedire il noto fenomeno degli spread, ossia del diverso costo del debito pubblico denominato in euro dei singoli Stati membri. Un problema spinosissimo, la cui risoluzione passerebbe inevitabilmente per la ridefinizione del ruolo e dell’indipendenza della BCE, ossia la messa in discussione del dogma di Maastricht e della condizione posta dalla Germania per la “comunitarizzazione” del marco. La BCE, in altre parole, può decidere la politica monetaria dell’eurozona a patto che questa politica corrisponda all’inveterata prassi tedesca della lotta all’inflazione, quale unico obiettivo della Banca centrale (come avveniva con la Bundesbank). Ogni altra opzione renderebbe inaccettabile, per la Germania, la messa in comune della moneta (art. 188 del Grundgesetz).

La riforma del Patto di stabilità e crescita mirerebbe a fornire regole migliori agli Stati membri, specie ai più indebitati. Questo, in teoria. In pratica, gli Stati maggiormente indebitati hanno più bisogno del supporto della BCE che non di regole fiscali. E qui scopriamo l’arcano: è proprio la BCE ad aver bisogno di nuove e più credibili regole fiscali che disciplinino gli Stati membri. Fu la stessa Presidente Lagarde, alla vigilia della pandemia, a invocare una riforma di quelle regole: per poter fiancheggiare gli Stati membri più indebitati (e scudarli dalla minaccia degli spread), la BCE deve porre la condizione del rigore fiscale, ma certo non può dettare essa stessa le condizioni di tale rigore. L’averlo fatto con le famigerate letterine dell’estate del 2011 a Italia e Spagna ha esposto la BCE a critiche delle opinioni pubbliche nazionali che minano in radice la sua legittimazione “tecnica”. Ed è stata proprio la BCE ad aver messo nero su bianco, nel nuovo strumento di “protezione della trasmissione” della politica monetaria (Trasmission Protection Instrument), che il suo scudo contro futuri attacchi speculativi dei mercati potrà avvenire solo a favore di quegli Stati che rispettano rigorosamente le regole fiscali. Senza la riattivazione di credibili regole fiscali, la BCE ha dunque le mani legate.

Vuoi ricevere la nostra newsletter?

Privacy *

Newsletter

Privacy *

Ultimi articoli pubblicati