Una variante giuridica del razionalismo politico moderno
Più in generale, quella di Grozio si può tranquillamene configurare come la variante giuridica del razionalismo politico moderno. Non prevale in questa prospettiva alcuna fuga in avanti, nel segno di un normativismo formalistico astratto (Kant); meno che mai un salto in una dimensione solitaria della decisione sovrana (Hobbes). Ciò comporta un prezzo teorico, consistente in un sovraccarico di casistiche di prove giuridiche a sostegno della prassi da promuovere e/o giustificare nel presente. Il passato, dunque, non viene abrogato come in Hobbes piuttosto assorbito dalle esigenze dei tempi perigliosi in cui si trova a vivere e pensare. Pur se schiacciato e non fatto rivivere nelle differenze qualitative delle varie epoche e civiltà, questo passato recuperato in tutte le sue più minute articolazioni consente all’autore di rendere ragione della molteplicità del mondo storico che ha di fronte. Il paradigma non dichiarato ma attivo nella sua opera è che il mondo storico e politico sia un libro scritto a caratteri giuridici. Questo consente di aprire una prospettiva, sia pure ancora embrionale, di auto-fondazione della società mercantile e commerciale in ascesa. Poi ripresa e sviluppata da Hume e da Smith (in antitesi secca con l’impianto hobbesiano che riconosce come naturale solo il diritto alla vita e la proprietà come diritto derivato).
Nella visione groziana il «diritto naturale» così rinvenuto precede sicuramente quello «civile», ma sul piano logico all’insegna della giuridicità è in una linea di sostanziale continuità con esso. Anzi è così stabile e durevole che Dio stesso non lo potrebbe scalfire. Detto altrimenti, la società internazionale degli Stati gravida di tensioni è sì orfana della centralità di Dio ma può ancora beneficiare almeno in parte della sua sostanza che in una sorta di processo emanativo informa le molteplici e plurali relazioni, che in quanto giuridiche si confermano essere saldamente razionali. Ne consegue, che i trattati tra gli Stati valgono a prescindere dalle singole confessioni di appartenenza, perché le diverse fedi rispondono comunque ad un’unica trama giuridica che sottende a quei rapporti.