IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Il diritto di guerra e di pace

La prima traduzione italiana, curata da Carlo Galli e Antonio Del Vecchio, del De iure belli ac pacis. L’immanentismo giuridico di Grozio non espunge la guerra dalla storia ma neppure la glorifica come «guerra giusta». Un antidoto al normativismo universalistico e al decisionismo acefalo del politico che sta intossicando il tempo presente?

La guerra assorbita nel diritto

Grozio, dunque, pacifista ante litteram? Niente affatto. La guerra non è negata, tantomeno stigmatizzata, solo assorbita nel diritto, il che attirò l’inevitabile condanna di un Kant. In particolare, il suo immanentismo giuridico non gli consente di espungere la guerra dalla storia ma neppure di glorificarla come «guerra giusta». La guerra in un certo senso per Grozio è la conferma sia pure traumatica della sussistenza di una trama razionale della realtà storica concreta. I diritti se non si possono reclamare davanti ad un giudice è nei campi di battaglia che rifluiscono e trovano sfogo. Mai però per sovvertire piuttosto per ritrovare un equilibrio momentaneamente interrotto. La guerra così intesa da Grozio non rischia mai di deragliare da uno schema tribunalizio di controversia puntiforme, con entrambi i contendenti che hanno titolo per far valere torti e ragioni. Sul punto Carlo Galli, nella sua densa Prefazione così si esprime: «La guerra [per Grozio] è una decisione non decisionistica ma giudiziaria, proprio come la politica non soltanto è la forma unitaria della società ma una manifestazione della sua giuridicità plurale e differenziata» (p. XVIII).
Grozio è un testimone illustre di un paradigma politico ancora operante, che prescrive che con la contingenza storica occorre misurarsi, senza i tagli tipici del razionalismo costruttivistico del moderno. Molto più semplice transitare dalla sua «coscienza giuridica» all’autocoscienza critica dei limiti della modernità svolta da Hegel. È un possibile auspicabile controveleno al normativismo universalistico astratto alla Kelsen ed al decisionismo acefalo del politico degradato che sta intossicando il tempo presente.

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