Storia europea e storia cinese
In Cina non vi è mai stata una fioritura di città-stato autonome orgogliose della libertà e del proprio autogoverno come le poleis greche o le città medioevali europee. La Cina si è più volte divisa in regni ma le numerose guerre che hanno dilaniato la storia interna della Cina sono guerre per la supremazia, non per la libertà. Le città cinesi erano luoghi disciplinati e compartimentati governati da funzionari statali. Le élite commerciali urbane anelavano non all’autogoverno cittadino ma a costruirsi una posizione patrimoniale nel possesso della terra.
In Cina l’aristocrazia non riesce mai a darsi un potere davvero competitivo rispetto a quello statale. All’inizio dell’Impero venne vietato il diritto di primogenitura che mantiene l’unità del patrimonio familiare. La carriera militare, nella quale sono forti le aristocrazie di spada, fu la principale strada per il potere solo durante le guerre civili, non in tempo di pace. Lo stato creò e consolidò un sistema di reclutamento basato sul superamento di esami di letteratura e di filosofia confuciana aperto a tutti coloro che possono permettersi di studiare ed articolato in tre livelli a selezione sempre più stringente. Per quanto diffuso il nepotismo non era sufficiente a far passare un esame ad un candidato debole. Così si coltivò una ideologia della meritocrazia come giustificazione del potere delle élite. È’ vero che quasi tutti i selezionati erano di famiglie molto benestanti ma la fonte della loro nuova posizione sociale era lo Stato, non la famiglia. Poiché la filosofia confuciana promuove un’idea di un ordine sociale basato su responsabilità sociale e valori morali, i comportamenti individualisti e corrotti, sempre esistiti, sono anche sempre stati stigmatizzati e ritenuti causa di delegittimazione del potere.
La risalente lotta contro la corruzione
Anche in Cina le oligarchie locali hanno sempre alimentato tensioni con il centro. Ma la soluzione dello Stato cinese non è stata quella di conferire ampie deleghe e poteri alle élite locali bensì di mantenere il controllo sulla selezione della élite che poteva mediare ed agire “in nome del Sovrano”. Un apparato di ispettori dipendente dal centro era incaricato di reprimere gli abusi e la corruzione dei funzionari incaricati. Si sapeva che corruzione e abuso di potere sono un cancro che indebolisce il potere centrale. Questa visione dei rapporti tra centro e periferia, basata su relativa autonomia, indirizzo e controllo è tornata in altre forme anche durante il comunismo di Mao Zedong (una volta abbandonato il modello sovietico). Ancora oggi che la Cina è suddivisa in 22 province (sostanzialmente le stesse dell’Impero) 5 regioni autonome e 4 città metropolitane autonome. Agli altri 3 livelli di governo locale appartengono decine di migliaia di villaggi, città, contee, aree urbane. Nell’insieme queste istituzioni gestiscono più di metà del bilancio dello stato, ad esempio i servizi di welfare. Ancora oggi la corruzione è considerata il peggior cancro della legittimità di un regime che si giustifica per la sua efficacia. Perciò la campagna anticorruzione inaugurata da Xi Jinping nel 2012 non può essere considerata una mera strategia per liberarsi degli avversari, è una campagna contro un degrado che minaccia le fondamenta del regime.