IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Il socialismo con caratteristiche cinesi

Per noi i diritti civili costituiscono valori universalmente validi. Per la maggioranza dei cinesi la nostra democrazia è caotica e incapace di produrre una buona classe dirigente. Rivoluzione, modernizzazione e Partito da Mao a Xi Jinping.

Mercato e proprietà

Dal 1980 si è tornati a modelli concorrenziali La svolta è consistita nel restituire le terre ai contadini e nel permettere prima ai contadini e poi alle imprese pubbliche di produrre una quota crescente per il mercato, affiancando al regime dei prezzi pianificati un prezzo di mercato per ogni cosa che fosse prodotta in avanzo rispetto ai target della pianificazione. Fu innescata una crescita ininterrotta durata quarant’anni a tassi che nessuno credeva possibili. La strategia di introdurre una distinzione tra diritti di proprietà, rimasti in capo allo Stato, e diritti di uso e gestione, che vengono affidati ai contadini o ai managers scelti dal Partito (e spesso essi stessi dirigenti del Partito), non è affatto nuova, poiché lo Stato Imperiale era grande proprietario di terre affidate in gestione. Una novità è stata il regime doppio dei prezzi, che sarà causa di gravi insoddisfazioni quando coloro che venivano pagati in salari a prezzi fissi si ritrovano a dover acquistare beni e servizi sul mercato sempre più cari. Sarà una delle cause delle proteste del 1989 e verrà completamente abbandonato solo nel 1992. Nel frattempo era stata data la possibilità ai privati di aprire aziende prima piccole e poi sempre più grandi. Grandi investitori del capitalismo internazionale sono stati accolti in aree speciali, un po’ come era successo negli anni della fine dell’Impero, ma questa volta sotto un vero controllo dello Stato. Molte di queste aziende hanno proprietà mista pubblico-private ma comunque rispondono a logiche di mercato e a finalità decise a Pechino. Attualmente meno della metà dei lavoratori cinesi sono dipendenti dello stato in senso proprio.

Il fondamento di legittimazione del Partito comunista

Qual è la strategia di legittimazione di un partito che continua a proclamarsi comunista in una economia di mercato con diseguaglianze sociali sempre più evidenti? Evidentemente non è la partecipazione ad elezioni competitive come succede in occidente. Le strategie principali a nostro avviso sembrano articolate su tre livelli.
Il Partito era il motore del conflitto di classe, alimentato dalle rivendicazioni e dal risentimento delle classi subalterne. Il suo ruolo era dunque di guidare il conflitto contro le classi egoiste per imporre il bene comune. Al centro della politica del partito sono oggi la modernizzazione, il ringiovanimento e il benessere della popolazione e questo ultimo viene perseguito nel rispetto del lavoro, della conoscenza del talento, della creatività e anche dell’ambiente naturale. Non c’è nessuna pretesa egualitaria intesa come livellamento. E del resto anche i regimi del socialismo reale contenevano diseguaglianze giustificate con criteri meritocratici socialisti. Però quando il mercato diventa il principale fattore di allocazione dei redditi, come progressivamente è accaduto anche in Cina anche all’interno delle aziende pubbliche che operano sul mercato, le diseguaglianze possono diventare così elevate che risentimenti e invidie possono corrodere il sostengo al regime. Questo risentimento era poco rilevante quando la crescita economica era così rapida che ciascuno poteva sperare di migliore in breve tempo la sua posizione. Ma ora non è più così facile. Dunque Pechino cerca di intervenire sui mercati attraverso le leve delle sue aziende pubbliche per ridurre gli eccessi del mercato. Il processo di costruzione di un welfare universale, dopo l’abbandono di quello corporativo di epoca comunista, è ancora nelle fasi iniziali e per ora non sembra che ci sia fretta di allargare la spesa pubblica sociale. Le persone si indebitano per far studiare i figli.
Un secondo livello della partecipazione del Partito è stato quello della mobilitazione permanente. Poco dopo la sua nascita il Partito Comunista Cinese è stato coinvolto nella guerra civile e poi nella guerra contro l’occupazione straniera, soprattutto giapponese, per oltre vent’anni. La ricetta con la quale ha terminato vittoriosamente è stata la capacità di mobilitare permanentemente allo sforzo bellico le forze sociali sui territori che governava dando autonomia e responsabilità alle forze locali in cambio di impegno e aderenza agli obiettivi indicati dal Partito. Dopo la Rivoluzione del 1949 la mobilitazione permanente si è tradotta nelle varie campagne di volontarismo collettivo con le quali si chiedeva ai lavoratori di partecipare alla realizzazione della società socialista. Dopo la morte di Mao sembra che la mobilitazione permanente sia stata ottenuta grazie alle dinamiche prodotte sui lavoratori dalla concorrenza sul mercato e dai meccanismi di competizione che il Partito ha innestato negli apparati dei diversi livelli di governo. Il benessere materiale ha preso il posto dell’orgoglio patriottico.
Il terzo livello di legittimazione è una nuova narrazione nazionalista. Il nazionalismo di sapore europeo era arrivato in Cina con le navi militari delle potenze occidentali e del Giappone. La debolezza con cui il più grande paese del mondo ha ceduto alle pretese di questi arroganti stranieri ha caratterizzato il cosiddetto “secolo dell’umiliazione”. Il padre fondatore del Cina Repubblicana, Sun Yat Sen, fu anche il padre di quel nazionalismo modernizzatore al quale lo stesso Partito Comunista Cinese aveva inizialmente aderito. Al riscatto e all’orgoglio nazionale socialista si è oggi aggiunto un ritorno a ripercorrere la plurimillenaria storia cinese per ricostruire il senso di appartenenza alla più antica e grande civiltà del Mondo. Confucio, ripudiato da Mao, è tornato in auge grazie è un simbolo della cultura millenaria e di valori ancora attualizzabili.

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