IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

La grande corsa al centro

Il patto atlantico sostituisce il patto costituzionale e come nuova base valoriale determina generalizzati movimenti trasformistici. Si va delineando un partito unico delle élite.

Trasformismo con l’elmetto

Questo trasformismo che dilaga non indica una semplice disgregazione delle organizzazioni da tempo residuali in una ondata di irreversibile atomizzazione politica. E’ un trasformismo con l’elmetto che definisce un partito unico delle élite responsabili autorizzato a stilare liste di proscrizione, a combattere l’analisi critica. Sta maturando una egemonia politico-culturale trasversale che, nell’affollamento centrista, spinge con forza a una convergenza atlantista di spezzoni di ceto politico-economico-mediatico-intellettuale. La guerra ha cambiato le forze in campo e anche una rudimentale sociologia del potere sarebbe in grado di svelare la composizione effettiva del partito unico delle élite atlantiste che spezzano ogni autonomia politico-strategica della vecchia Europa e battono i tamburi di guerra in sintonia con il comandante in capo dell’impero smarrito.

Il disperato tentativo di non morire

Quanto più il programma economico del governo arranca, strattonato dalla spiacevole realtà dell’inflazione fuori controllo, e il piano di ripresa e resilienza mostra segni di cedimento, dinanzi a vecchie e nuove emergenze strutturali, tanto più con determinazione l’esecutivo “senza formula politica” si orienta nella dimensione internazionale. L’impossibile rilancio modernizzatore del capitalismo italiano suggerisce di trovare altre sponde per aggrapparsi a qualcosa nel disperato tentativo di non perire.
Il Pd appare sempre più un soggetto moderato che rappresenta l’establishment. Al rafforzamento di questo suo profilo è sollecitato, oltre che dal dominio del meta partito democristiano che controlla i punti nevralgici, anche dallo sfaldamento incontenibile dei grillini e dalla convergenza centripeta che, nei territori e nelle rappresentanze elettive, si profila come effetto del celere sostituirsi della bonaccia trasformista alla sopita rivolta populista. Un rassemblement delle élite più responsabili, in grado di consolidare i contatti internazionali ed arginare le spinte sovraniste in ripiegamento, può confidare nel soccorso della evidente contrazione della partecipazione elettorale. In tal senso, non risulterebbe difficile allestire una competitiva coalizione tecno-populista rivolta ai ceti più garantiti e in grado di eliminare, nelle urne che rimangono aperte di fatto solo per i cittadini privilegiati, la spiacevole voce dissonante dei portatori del disagio sociale.
L’affollamento dell’area di centro mostra le risorse infinite del trasformismo, capace di stemperare ogni cosa, di assorbire magicamente nei riti del potere i nemici più eterogenei (proprio il M5S, dalla originaria ripulsa di ogni compromesso e alleanza, è transitato all’accettazione di ogni formula politica: dopo l’accordo tra la rete e la ruspa, tra l’immateriale cyberspazio e il materiale territorio un tempo solo padano, sono state siglate intese con i “rossi” e, addirittura, con i tecnici). Questa attrazione centripeta nasconde un problema irrisolto: l’infinità di sigle e di micro-aggregazioni nulla dice sul radicamento effettivo nella società dei tanti leader che cercano di puntellare il consenso al metapartito della super-élite al potere.

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