La “riforma” del MES
È dunque in questo quadro che si iscrive la riforma del MES. Ed è sempre in questo quadro che dobbiamo chiederci se questa riforma possa accontentarsi di essere un rabberciamento marginale o debba assumere il senso radicale, e letterale, di un cambiamento di forma, e di indirizzo.
Per rispondere alla domanda, è opportuno ricordarsi a quale fine il MES è stato ideato, per successivamente chiedersi se il modo in cui è stato istituito risponde adeguatamente al fine.
Ora, il fine è nel nome, European Stability Mechanism: si tratta di un “meccanismo di stabilizzazione”, pensato per sovvenire alle esigenze di finanziamento di stati che momentaneamente non possano accedere ai mercati finanziari. È un meccanismo, certo, ma di cura, non di prevenzione, come invece il fine della stabilizzazione richiederebbe. E poco importa se in alcuni (pochi) casi abbia “funzionato”, e in altri no: dopo la Grecia la “cura” del MES è diventata politicamente improponibile, anche quando durante il Covid, si è tentato di trasformarlo da “fondo salva stati” in “fondo aiuta stati”.
Ma come funziona il MES? Si tratta di un ente di diritto privato internazionale e non di una istituzione europea, che tuttavia è stato capitalizzato dagli Stati dell’eurozona. E qui già la prima sorpresa: la capitalizzazione del MES implica una forma di mutualizzazione, giacché gli apporti di capitale non sono proporzionali alla rischiosità del paese ma alla sua dimensione economica e demografica. E stiamo parlando di 80 miliardi versati e di 600 miliardi di “callable shares”, cioè di apporti ulteriori obbligati e proporzionali alle quote versate.
In ogni caso, è sulla base del suo capitale che il MES può finanziarsi sul mercato a tassi vicini al risk free, per poi “girare” gli importi allo stato in difficoltà, riservandosi però un controllo molto marcato sulle sue finanze pubbliche, dal momento che il suo debito è un debito “senior”, cioè con precedenza nel pagamento.
Resta il fatto che si tratta di cura e non di prevenzione. Ed è per questo che è legittimo chiedersi se una riforma del MES non ne debba radicalmente cambiare il modus operandi, proprio per preservare la giusta e condivisibile finalità di stabilizzazione.