IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

La proposta, un’Agenzia europea del debito

L’agenzia europea del debito ha il compito di gestire per conto degli stati membri l’accesso al mercato, filtrando, grazie alla sua credibilità, il rischio di fiammate irrazionali: il massimo di federalismo e di collaborazione interstatale che ci si può permettere a trattati vigenti.

La “riforma” del MES

È dunque in questo quadro che si iscrive la riforma del MES. Ed è sempre in questo quadro che dobbiamo chiederci se questa riforma possa accontentarsi di essere un rabberciamento marginale o debba assumere il senso radicale, e letterale, di un cambiamento di forma, e di indirizzo.

Per rispondere alla domanda, è opportuno ricordarsi a quale fine il MES è stato ideato, per successivamente chiedersi se il modo in cui è stato istituito risponde adeguatamente al fine.

Ora, il fine è nel nome, European Stability Mechanism: si tratta di un “meccanismo di stabilizzazione”, pensato per sovvenire alle esigenze di finanziamento di stati che momentaneamente non possano accedere ai mercati finanziari. È un meccanismo, certo, ma di cura, non di prevenzione, come invece il fine della stabilizzazione richiederebbe. E poco importa se in alcuni (pochi) casi abbia “funzionato”, e in altri no: dopo la Grecia la “cura” del MES è diventata politicamente improponibile, anche quando durante il Covid, si è tentato di trasformarlo da “fondo salva stati” in “fondo aiuta stati”.

Ma come funziona il MES? Si tratta di un ente di diritto privato internazionale e non di una istituzione europea, che tuttavia è stato capitalizzato dagli Stati dell’eurozona. E qui già la prima sorpresa: la capitalizzazione del MES implica una forma di mutualizzazione, giacché gli apporti di capitale non sono proporzionali alla rischiosità del paese ma alla sua dimensione economica e demografica. E stiamo parlando di 80 miliardi versati e di 600 miliardi di “callable shares”, cioè di apporti ulteriori obbligati e proporzionali alle quote versate.

In ogni caso, è sulla base del suo capitale che il MES può finanziarsi sul mercato a tassi vicini al risk free, per poi “girare” gli importi allo stato in difficoltà, riservandosi però un controllo molto marcato sulle sue finanze pubbliche, dal momento che il suo debito è un debito “senior”, cioè con precedenza nel pagamento.

Resta il fatto che si tratta di cura e non di prevenzione. Ed è per questo che è legittimo chiedersi se una riforma del MES non ne debba radicalmente cambiare il modus operandi, proprio per preservare la giusta e condivisibile finalità di stabilizzazione.

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