IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

La rivalità tecnologica USA-Cina, a che punto siamo?

I rapporti di forza tra USA e Cina, anche tenendo conto delle rispettive sfere di influenza, sono ben diversi da quelli tra USA e Cuba e anche da quelli che prevalevano tra USA e URSS durante la prima guerra fredda

Contrordine: inizia la guerra commerciale e tecnologica

Fatto sta che da un po’ di tempo gli USA si sono accorti che le cose stavano andando diversamente, soprattutto da quando nel 2013 Xi Jinping è diventato segretario generale del PCC. Così, senza porsi troppi problemi di coerenza formale, hanno buttato a mare le litanie sulle magnifiche sorti e progressive della globalizzazione e del libero mercato, e hanno lanciato contro la Cina una offensiva a tutto campo. Questa offensiva è iniziata come una guerra commerciale e tecnologica, ma progressivamente si è ampliata fino a configurare una nuova guerra fredda globale, che si sviluppa anche a livello ideologico e militare. Anche se il primo ad intervenire con forti misure protezionistiche (naturalmente contrarie allo spirito e alla lettera delle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio) è stato Trump, è evidente che questa postura estremamente aggressiva gode di un consenso ampiamente bipartisan. Anzi, senza dimenticare che la nuova guerra fredda implica necessariamente severe contraddizioni interne alla classe capitalista americana e mondiale (molti capitalisti sarebbero assai più contenti se fossero lasciati tranquilli a fare miliardi commerciando con la Cina, piuttosto che sacrificare parte dei loro profitti sull’altare della sopravvivenza di lungo termine del modo di produzione tuttora egemone a livello globale), è ormai evidente che, come d’abitudine, i più oltranzisti e irresponsabili sono proprio i democratici, Biden in testa. Emblematiche sono ad esempio le recenti prese di posizione egemoniche e avventuriste di Krugman, che pure un tempo fu insignito del premio Nobel per i suoi studi sulla New Trade Theory (vedi Krugman 2022).

L’investimento cinese nella ricerca, una priorità assoluta

Poche statistiche sono sufficienti per dare una idea della portata eccezionale e priva di precedenti storici del potenziamento dello SNI cinese nei primi decenni di questo secolo. Il rapporto tra spese in ricerca e sviluppo e PIL (R&S/PIL) è l’indicatore più importante per misurare la volontà e la capacità di un paese nel promuovere l’innovazione e lo sviluppo tecnologico e il grado di priorità assegnato alla ricerca relativamente ad altri possibili utilizzi della ricchezza prodotta. Naturalmente, la regola generale è che i paesi ricchi, che hanno (o dovrebbero avere) già soddisfatto i bisogni basici della popolazione, hanno la possibilità di dedicare alla ricerca molte risorse, mentre i paesi poveri, dove prevale la povertà e quasi tutti hanno un livello di istruzione molto basso, non possono permettersi il lusso di fare ricerca. Infatti, anche un grande paese in via di sviluppo come l’India (che pure, a differenza della maggioranza dei paesi del Sud, ha un’élite tecnocratica di alto livello e nicchie di eccellenza in alcuni settori come il software) ha un rapporto R&S/PIL molto basso e che è anche diminuito dalla metà degli anni 2000. Al contrario, i paesi capitalisti avanzati hanno un rapporto R&S/PIL elevato. In particolare, negli USA, leader tecnologico e scientifico mondiale, il rapporto R&S/PIL è particolarmente alto, assai più che in Europa.
La Cina, unico tra i paesi del Sud, aveva fino alla metà degli anni ’90 un rapporto R&S/GDP inferiore a quello dell’India. Successivamente, questo rapporto è cresciuto molto rapidamente, arrivando a superare quello della UE e avvicinandosi così a quello degli USA. Tra il 2000 e 2020 la Cina ha fatto registrare il più’ forte aumento della spesa in ricerca e sviluppo (1,669%), seguita da Corea del Sud (509%), Taiwan (423%), e Russia (357%). In termini di potere d’acquisto (PPP in inglese) la spesa per R&S in Cina era circa un quarto di quella degli USA nel 2005. Adesso è la seconda del mondo, pari a circa i 4/5 % di quella Americana (Congressional Research Service 2022, OECD 2021, 2022).
Altri dati di fonte sia cinese che internazionale confermano queste tendenze, e mostrano inoltre che la Cina è il paese al mondo con il più alto numero di ricercatori e di personale impiegato in R&S e ha contribuito per oltre ¾ a un importante fenomeno globale, lo spostamento di una quota rilevante delle attività di R&S dal Nord al Sud del mondo (OECD 2022).
Nel 2021 il rapporto R&S/PIL in Cina è salito al 2,44%, 1,91 % in più che nel 2012. In termini assoluti, la spesa per R&S è stata di 2.8 trilioni di yuan (circa 405 miliardi di dollari), 14,6% più che nell’anno precedente. Per il 77% è stata finanziata dalle imprese. La componente costituita dalla ricerca di base (quella di maggiore importanza strategica e in cui è maggiore il ritardo della Cina rispetto agli USA) è stata di 181.7 miliardi di yuan, con un aumento del 23% rispetto al 2020. Le previsioni per il 2022 indicano che la spesa per R&S supererà i 3 trilioni di yuan (Xinhua 2022). Un importante indicatore dei risultati di questo immane sforzo è fornito dall’Indice Globale di Innovazione pubblicato dalla World Intellectual Property Organization. La Cina è passata dal 34o posto (tra 132 paesi) nel 2012 al 12o nel 2021 e all’11o nel 2022 (State Council 2022, WIPO 2022).

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