IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

La Russia affama il mondo?

La Russia affama il mondo è’ il grido di battaglia di Ursula von der Leyen. C’è ora un concreto rischio di fame e di carestia, dicono a Bruxelles. E prima non c’era?

Una pagina di Le Monde del 29-30 maggio ci ricorda quale sia da tempo la situazione dei paesi del Corno d’Africa, regione segnata dalle violenze, dal fallimento degli Stati, dalla crisi climatica. In particolare, nello Yemen la guerra civile iniziata nel 2014, e successivamente alimentata anche dall’Occidente (tre imprese francesi, Thales, MBDA e Dassault sono accusate di crimini di guerra per aver fornito nel tempo delle armi all’Arabia Saudita e agli Emirati), ha portato il paese alla miseria. I servizi di base sono inaccessibili e i prezzi dei prodotti alimentati da allora non cessano di aumentare. Dalla fine del 2020 in Etiopia la guerra civile si coniuga con una estrema siccità, comportando l’esodo di almeno 5 milioni di profughi e una strage del bestiame. Ancora la guerra civile rovina la Somalia dal 1991; la carestia ha provocato la morte di 260.000 persone nel 2011 ed ora essa minaccia di nuovo il paese. La crescita mondiale dei prezzi del cibo rischia di portare il 40% della popolazione in una situazione di insicurezza alimentare acuta. In Kenia il riscaldamento climatico mette in pericolo la produzione agricola e la conseguente siccità mette in grande difficoltà gli allevatori di bestiame, con la conseguente sottoalimentazione di mezzo milione di bambini.

In totale circa 70 milioni di persone si trovano nell’area in una situazione di insicurezza alimentare grave. Per altro verso, i quattro quinti della popolazione mondiale vive in paesi che sono importatori netti di cibo. Circa 50 paesi dipendono da almeno uno dei due paesi ora in guerra per più del 30% dei loro acquisti, mentre 26 lo sono per più del 50%.

Non c’è solo il problema del grano. I prezzi dello zucchero hanno cominciato a crescere fortemente ancora prima della fine del 2021 e sono ora i più elevati da molti anni, come ci informa un editoriale del South China Morning Post del 29 maggio. Gli scarsi raccolti, legati tra l’altro ai mutamenti climatici, hanno spinto già dall’inizio di questo anno molti paesi, a cominciare dal Brasile, il più importante produttore ed esportatore della derrata, a bloccarne le esportazioni. La Cina importa grandi quantità del prodotto, ma può gestire tranquillamente la situazione, mentre cominciano a soffrirne molti paesi più deboli. Ma nessuno sembra curarsene, tantomeno a Bruxelles.

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