Intanto, i contadini del resto del mondo, di fronte all’aumento dei prezzi dei carburanti e dei concimi, dei pesticidi ed erbicidi, nonché alle incertezze climatiche, tendono almeno in parte a spostarsi da quella del grano verso produzioni con minori input, mentre comunque la produzione dello stesso, anche a causa in particolare degli eventi climatici, si sta riducendo. D’altra parte, in Russia si è registrato in questo ultimo anno un raccolto record. In Cina dopo un raccolto invernale mediocre quello estivo si preannuncia molto elevato, mentre in altri paesi del mondo tradizionalmente esportatori come il Canada, gli Usa, l’India, le cose non sono andate altrettanto bene.
Servirebbe una grande cooperazione internazionale
Chi scrive non sostiene che la crisi del grano sia interamente fabbricata in Occidente per fini di propaganda, ma indubbiamente già prima della crisi ucraina nel mondo erano presenti in forma molto grave problemi che ora sembrano in qualche modo accentuarsi, mentre nessuno sembrava preoccuparsene molto prima del 24 febbraio 2022. D’altro canto, sembra che proprio in queste settimane i silos di tutto il mondo siano pieni di grano e il loro livello appare vicino ai record storici. In tale quadro si ha la sensazione che un incremento delle esportazioni Usa (primo produttore e secondo esportatore mondiale della derrata), australiane (il paese è il terzo esportatore), canadesi, russe (il paese sta incrementando in queste settimane le sue esportazioni in particolare verso i paesi africani, mentre l’Occidente lo accusa di farlo con grano rubato all’Ucraina), francesi, argentine, brasiliane (questi due paesi per il mais), anche cinesi (la Cina oggi possiede tra il 50% e il 60% di tutti gli stock mondiali di grano), potrebbero attenuare in rilevante misura i problemi.
Per altro verso, l’Ucraina e la Russia, sollecitate anche dalle organizzazioni internazionali e dai paesi africani, hanno dichiarato la loro disponibilità a aprire i porti e lasciar partire la merce. Se anche si risolvesse rapidamente questo problema, resterebbe ovviamente tutta intera la questione della fame e delle carestie di tipo strutturale, indotte dai cambiamenti climatici, dalle ingiustizie sociali, dalle guerre civili, dalla speculazione. La guerra finirà prima o poi, ma i cambiamenti climatici continueranno a rendere problematiche le forniture di cibo. Un recente rapporto delle Nazioni Unite sottolinea come il 40% delle terre siano ormai degradate a causa di un modello di agricoltura intensiva drogata dagli input chimici. Servirebbe una grande cooperazione internazionale per affrontare il fenomeno e creare un sistema alimentare più giusto, più solido e più durevole