Gli errori delle democrazie non mi sorprendono e non mi scandalizzano. Sarei sorpreso, al contrario, se il numero fosse garanzia di verità e se gli uomini, per il fatto di essere d’accordo in maggioranza su un qualsiasi problema, avessero necessariamente ragione. L’errore e il pericolo, se mai, sono nella convinzione che la democrazia sia sempre virtuosa è giusta. Quando fa politica estera, del resto, l’America è la prima a non farsi illusioni. Anche se affermano il contrario, i suoi uomini di Stato sanno che la democrazia non è una Gerusalemme terrestre. È soltanto un discreto regime politico, mediamente migliore delle dittature, capace di funzionare al meglio in circostanze favorevoli e particolarmente adatto a Paesi in cui la società, nel corso della storia, è riuscita, provando e riprovando, a perfezionarne i meccanismi. Pericoloso e poco edificante è invece, anche in questo caso, il sovrappiù di miele retorico con cui viene continuamente condita e spacciata la ricetta democratica. Allorché dichiara di voler esportare la democrazia nel mondo, l’America contraddice sé stessa. Quando ha bisogno di amici alleati non li sceglie esclusivamente tra i Paesi democratici. Li sceglie fra i Paesi con cui ha interessi comuni e che possono darle qualcosa di cui ha bisogno. Se sono democratici e hanno con gli Stati Uniti una maggiore affinità culturale, tanto meglio. In caso contrario, pazienza. (…)
Ecco perché il mondo ha bisogno dell’Europa. Gli europei non sono necessariamente più saggi degli americani. Ma sanno, dopo le esperienze del Novecento, che le guerre sono creazioni autonome, provviste di una loro insondabile e imprevedibile logica. Generate dagli Stati, sfuggono immediatamente al controllo dei genitori e aprono scenari nuovi. Chi inizia una guerra lo fa per eliminare un avversario o un problema e si accorge ben presto di avere di fronte a sé nuovi avversari e nuovi problemi più minacciosi e intricati di quelli di cui voleva sbarazzarsi. Le guerre, quindi, non sono mai né utili né opportune. Possono essere, tuttavia, necessarie. Occorre resistere alle intimidazioni senza offrire l’altra guancia, ma iniziare una guerra soltanto in stato di necessità, quando ogni altra prospettiva realistica è impraticabile».