IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

L’eclissi della causa europea

L’Europa sta combattendo, con la fornitura delle armi e la retorica bellicista, una guerra non sua, che contraddice il suo interesse strategico e che esprime il fallimento dell’occasione storica offerta dalla fine del bipolarismo

L’interesse americano e l’interesse europeo

Il punto è che mentre gli USA hanno un preciso profilo strategico e lo perseguono coerentemente (d’altra parte non potrebbero fare altrimenti dal loro punto di vista, perché ne va della loro sopravvivenza come potenza globale), gli europei hanno rinunciato ad averne uno loro, anche se il loro interesse strategico è chiaro sia dal punto di vista economico che politico: unificare pacificamente l’Europa, creando una rete di interconnessioni economiche e istituzionali che facciano del Continente europeo una macro area in grado di cooperare sia a Oriente che oltre Atlantico. In sostanza, quella casa “Casa comune europea” evocata inutilmente da più parti.
Gli americani sono abituati a proclamare con franchezza quello che è il loro interesse. Basta leggere i documenti che delineano le loro scelte strategiche per la sicurezza globale, per vedere come il loro obiettivo dichiarato sia quello di conservare la superiorità (tecnologica, militare, ideologica e geopolitica) rispetto a qualsiasi competitore in questi settori, perché altrimenti ne verrebbe minacciata la loro sicurezza e la loro stessa sopravvivenza. In questa prospettiva ogni mutamento degli equilibri economici e tecnologici rappresenta una potenziale minaccia esistenziale, che va identificata e controllata. Dietro a questa impostazione c’è un dato oggettivo che non ha nulla a che fare con una preconcetta volontà di dominio statunitense. Questo dato di fatto è rappresentato dalla necessità che ha spinto gli USA alla fine della seconda guerra mondiale a creare un ambiente integrato euro-atlantico, sul piano economico, politico e militare, attraverso il sistema di Bretton Woods, il piano Marshall e la Nato. Si è trattato di una scelta lungimirante e al tempo stesso obbligata, perché l’economia e la sicurezza della stessa America non potevano prescindere dalla rinascita economica dell’Europa e dalla sua riorganizzazione politica e militare in funzione antisovietica. Pur con le differenze del caso, analogo discorso si può fare per ciò che riguarda il Giappone e l’area del Pacifico in generale. Sennonché, e per questo non posso che rinviare al libro di Arrighi Il lungo XX secolo, lo sviluppo impetuoso delle economie e delle società coinvolte da quello che Arrighi chiama il “sistema di accumulazione statunitense”, ha generato contraddizioni e crisi che hanno imposto da una parte una riformattazione dei rapporti tra le società capitalistiche e dall’altra parte un salto di scala che si è tradotto nel processo di globalizzazione in atto. Anche in questo caso, però, alcuni dei nuovi soggetti inglobati (l’India, la Russia, ma soprattutto la Cina) hanno sviluppato delle capacità che rappresentano per gli americani altrettante sfide esistenziali. In questa prospettiva, gli interessi che spingono gli USA a un controllo globale sono vitali e necessitati. E l’estensione stessa dell’impero statunitense porta con sé inevitabili crisi nelle aree periferiche. In questo quadro è decisivo per gli USA che l’Europa continui a essere un soggetto integrato nel sistema di controllo geopolitico. Ciò, però, finisce per far apparire l’Europa una sorta di articolazione /appendice dell’Impero americano (gli analisti di Limes lo hanno definito L’impero europeo dell’America). Ma l’interesse europeo è ben altro, e coincide con la salvaguardia della pace all’interno di un’area continentale di cooperazione tra paesi con economie complementari aperta alla cooperazione paritaria nel Mediterraneo e con i paesi africani. Perché questo orizzonte possa inverarsi, è però necessario elaborare un proprio profilo geopolitico, “né antiamericano, né antirusso, né anticinese”. Solo in questo modo l’Europa può essere all’altezza di sé stessa. E per questo, tornando all’attualità, la prospettiva di condurre la guerra fino al punto di ridurre la Russia allo stato della Corea del Nord (come apertamente dicono i polacchi), e cioè portare una nazione di centoquaranta milioni di individui, che detiene alcune migliaia di testate nucleari e con la sua storia alla fame, è contro gli interessi della civiltà europea. Anche perché tutto ciò, è propedeutico allo scontro con la Cina. Certo, la Russia si è macchiata di una colpa gravissima invadendo l’Ucraina. Ma è possibile che essa meriti una punizione maggiore della Germania post-hitleriana? È possibile che non abbiamo imparato niente da quello che la storia riserva ai propositi punitivi modello Versailles?

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