Il no cinese all’autarchia, non c’è alternativa al ballare con i lupi.
In teoria, la Cina potrebbe sottrarsi a tali pressioni e a tali condizionamenti imboccando una via di sviluppo più o meno autarchico. In realtà, il recupero del ritardo economico e tecnologico – spiega già il Manifesto del partito comunista – non può essere conseguito nell’isolamento da un processo in atto a livello mondiale, che vede «le più antiche industrie nazionali» essere soppiantate «da industrie nuove, la cui introduzione diventa una questione di vita e di morte per tutte le nazioni civili, da industrie che non lavorano più materie prime locali, bensì materie prime provenienti dalle regioni più remote, e i cui prodotti diventano oggetto di consumo non solo all’interno del paese, ma in tutte le parti del mondo». In altre parole, lo sviluppo che un paese protagonista di una rivoluzione anticapitalista o anticoloniale è chiamato a promuovere non può essere pensato senza l’aggancio a un mercato mondiale ancora largamente controllato dalla borghesia. Non c’è reale alternativa alla scelta di ballare con i lupi. [da D. Losurdo, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica, Laterza, 2013]