IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Maastricht. Dalla fine della storia all’economia di guerra

L’ordine costituzionale di Maastricht, edificato nell’orizzonte della “fine della storia” e del trionfo della globalizzazione neoliberale, appare oggi disarmato di fronte alla strisciante de-globalizzazione e all’emergere di una nuova forma di economia di guerra.

Identità e autonomia dell’Europa

Le diverse filosofie dell’integrazione sovranazionale (federalismo, funzionalismo, costituzionalismo) hanno nel corso del tempo ricercato una pluralità di fattori identitari: l’Europa del mercato comune (unico, interno); l’Europa della moneta unica; l’Europa dei diritti fondamentali;; da ultimo, l’Europa della transizione ecologica e digitale cui si affianca oggi in forme ambigue l’Europa bellica.
Si sono tutti rilevati fattori identitari incapaci di suscitare un autentico sentimento di appartenenza collettiva tra i popoli europei, come mostrano i continui ripiegamenti nazionalistici culminati con la brexit: la prima (e forse non ultima) “secessione” dall’Unione.
Una rinnovata e forte identità europea non si riconquista né con l’idea (abbozzata dal Presidente francese Macron) di far confluire l’Unione entro una più vasta e ancor meno coesa “Comunità politica europea”, che agli effetti pratici si riduce a un mercato comune allargato; né con l’idea, apparentemente più realista e pragmatica, di scommettere, ancora una volta, sulle virtù dell’integrazione asimmetrica, per ritrovare le proprie ragioni identitarie in un preteso nucleo duro dell’Unione europea.
A partire da un diverso orizzonte ideale, si dovrebbe ricordare che siamo legati da un modello europeo di civiltà, con i suoi trionfi e le sue disfatte storiche, un modello che s’identifica nel mondo per il tentativo di conciliare le ragioni del mercato come motore della prosperità economica e dell’innovazione tecnologica (la modernizzazione) e le ragioni altrettanto forti della giustizia sociale e dell’inclusione attraverso l’intervento pubblico sull’economia (la civilizzazione).
Per ridare forza normativa a questo equilibrio occorre preservare l’autonomia dell’Unione, in quanto tale, dall’operare “selvaggio” dei mercati finanziari. La dotazione di un debito comune, allo scopo di finanziare in uno spirito di autentica solidarietà i grandi investimenti infrastrutturali nei beni pubblici europei, è la chiave per superare l’atteggiamento di persistente subalternità al mercato. La messa in comune dei debiti statali potrebbe contribuire al completamento dell’Unione monetaria, porre le basi per una compiuta unione fiscale e prefigurare, infine, l’approdo ultimo verso un’’Europa di natura costituzionale e federale.
Sciaguratamente, l’orizzonte ideale delle attuali classi dirigenti europee appare assai più arido. È un orizzonte dominato dagli effetti economici a catena della guerra russo-ucraina alla quale l’Unione prende parte per un cieco fideismo atlantista, rinunciando ad elaborare e perseguire un proprio autonomo interesse geopolitico e geo-economico.
La guerra “per procura” non sta cementando una nuova e più forte identità europea, come auspicavano i sacerdoti dell’atlantismo ma, al contrario, ha terremotato persino la solidarietà energetica tra gli Stati membri. Quella solidarietà, la messa in comune della produzione del carbone e dell’acciaio (la CECA) e l’uso cooperativo della fonte atomica (l’EURATOM), che è stata la “prima pietra” del processo d’integrazione sovranazionale e la cui assenza oggi rischia di precipitare il progetto europeo in una vera “crisi esistenziale”.

Vuoi ricevere la nostra newsletter?

Privacy *

Newsletter

Privacy *

Ultimi articoli pubblicati