IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

L’analisi. Nel tempo della seconda guerra freddo-calda

Naviganti senza bussola, gli improbabili eredi della sinistra italiana hanno prima divorziato dal pacifismo politico e giuridico e poi sposato un inquietante fondamentalismo etico-democratico.

L’Unione forse sopravvivrà. E l’Europa?

Alla luce della postura bellicista con cui le attuali classi dirigenti europee stanno affrontando la guerra in Ucraina non si è, tuttavia, trattato solo di un grave errore di giudizio storico-politico, ma dell’annuncio di una correzione del paradigma con cui anche l’Unione aveva a lungo tematizzato la questione della pace e della guerra. L’ordine di Maastricht è, infatti, giunto a maturazione nell’epoca del dopo guerra fredda (il progetto era, in verità, in cantiere sin dai tempi dello Sme, 1978) e grazie al dopo guerra fredda. Grazie ad un contesto che rendeva plausibile declinare, in primis da parte della Germania, la ‘filosofia’ ordoliberalista della competizione economica come una ‘continuazione’ della politica di potenza con altri mezzi. Con mezzi non bellicisti, pacifici, cooperativi anche nei confronti dell’ex Unione sovietica le cui forniture ai paesi del Vecchio Continente di gas e petrolio hanno costituito sino a ieri il concreto simbolo di un’apertura di credito anche geopolitico e non solo economico. Com’era chiaro alla non a caso dimenticata e sempre più stigmatizzata Angela Merkel.

Ancor più inequivocabilmente, al processo di integrazione europea era stato affidato nei trenta anni precedenti a Maastricht la missione politico-umanistica di porre le basi per impedire lo scoppio di un’altra Guerra Mondiale. All’origine, l’integrazione sovranazionale era stata, invero, lanciata con l’espresso scopo di traghettare i settori industriali di guerra – carbone, acciaio, nucleare – al di fuori della sfera degli Stati nazionali. L’intero processo era stato progettato per limitare rivalità di potere, dispute territoriali, e narrative di esclusività che avevano contribuito allo scoppio della Prima guerra mondiale e alla lunga guerra civile europea conclusasi con la sconfitta in armi del nazismo. È vero, con la firma dei trattati di Roma del 1957 questi obiettivi pacifici non vengono affidati alla esplicita costruzione di una comune identità politica. E, tuttavia, agiscono sotto traccia. Si punta sull’integrazione economica, sulla prosperità derivante dallo sviluppo dei commerci che insieme al benessere economico e sociale derivante dalla costruzione di robusti welfare nazionali costituiscono il veicolo per favorire una cooperazione più integrata tra i governi europei. La comunità europea ha in questa fase il dichiarato scopo di diluire nazionalismo e rivalità di potere, aiutando tutti nel prosperare, sostituendo la logica a somma zero della politica di potenza con quella a somma positiva di un processo decisionale comune. E di relazioni cooperative con i paesi extracomunitari, con l’Africa.

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