IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Nuove regole fiscali europee, c’è di che preoccuparsi

La revisione del Patto di stabilità proposta dalla Commissione, sancendo esplicitamente il modello di governance delle riforme strutturali in cambio di flessibilità, non può non preoccupare chi guarda con timore allo svuotamento del ruolo della politica nazionale.

La proposta “bipartisan” della Commissione: patteggiare il percorso di riduzione del debito

La soluzione prospettata dalla Commissione prova a comporre le due linee di critica e, almeno sulla carta, il quadro delineato dà ampio spazio alle ragioni degli uni e degli altri.
Viene innanzitutto riconosciuto che la “regola del debito”, che imponeva ai paesi con rapporto debito/PIL superiore al 60% di ridurlo annualmente di 1/20 della differenza dal valore obiettivo, risulta non praticabile (e quindi non credibile) nel contesto del dopo-COVID, con debiti che hanno superato in alcuni casi il 150% e la perdurante necessità di rianimare la crescita. La regola verrebbe dunque sostituita da un nuovo obiettivo di riduzione del debito, da negoziare, questa la novità più rilevante, individualmente con ciascun paese. L’obiettivo, fissato per un orizzonte “di medio periodo” di 4 anni, dovrà essere tale da determinare una riduzione del rapporto debito/PIL “plausibile e continua”. La concessione al fronte dei paesi indebitati è l’abbandono di uno schema di regole generali, a favore di un approccio in grado di tenere esplicitamente conto delle circostanze specifiche in cui si trova il paese e di definire obiettivi realistici. La concessione al fronte rigorista sta nel fatto che, una volta definito, il piano di riduzione del debito diventa non più modificabile e una deviazione dal sentiero concordato prima della scadenza quadriennale comporta in modo automatico (“by default”) l’attivazione della procedura per deficit eccessivo.

Una seconda novità è il fatto che i piani concordati coi singoli paesi integreranno le iniziative di riforma e di investimento, nonché il perseguimento di politiche miranti a eliminare gli eventuali squilibri macroeconomici. In certa misura la considerazione per le riforme (entro limiti definiti) è già presente nella governance fiscale vigente, visto che un’interpretazione flessibile delle regole è prevista per i governi che si siano impegnati ad attuare riforme strutturali. Qui, tuttavia, abbiamo un salto di qualità, con l’indicazione esplicita di uno scambio riforme contro spazi di bilancio.
Per comprendere meglio il punto occorre chiarire come avverrebbe la negoziazione tra istituzioni europee e singoli paesi: il primo passaggio è la definizione, da parte della Commissione, per ciascuno dei paesi con debito superiore al limite del 60%, di un percorso di riduzione del debito. Tale percorso, che si traduce in ben definiti limiti alla crescita della spesa pubblica e all’avanzo primario, viene formulato in modo da garantire una riduzione plausibile del debito pubblico nell’ipotesi che il governo non intraprenda riforme strutturali favorevoli alla crescita; individua insomma uno scenario che fa affidamento interamente sul consolidamento fiscale. Rispetto al percorso definito dalla commissione, che funge da soluzione “di riferimento”, il paese ha la possibilità di presentare il proprio piano fiscale-strutturale di medio termine, ovvero un programma articolato di riforme, di investimenti e di politiche accompagnato da un profilo coerente di evoluzione della spesa e di riduzione del debito. La differenza tra il percorso di riferimento fissato dalla Commissione e il piano di medio termine proposto dal singolo stato è che, nel secondo, la presenza di azioni miranti ad aumentare la crescita e la sostenibilità del debito può giustificare un allungamento dell’orizzonte nel quale conseguire gli obiettivi di riduzione del debito.
Il piano presentato dal singolo paese viene discusso con la Commissione e, se considerato valido, è approvato dal Consiglio e reso operativo. L’adozione del piano, come si diceva, comporta che il mancato rispetto degli impegni di bilancio (la deviazione del livello di spesa dal sentiero concordato) faccia scattare la procedura di infrazione per deficit eccessivo (automaticamente, per i paesi con debito elevato, mentre per quelli con debito moderatamente superiore al 60% si richiede una violazione clamorosa).
La previsione di un’esplicita negoziazione può apparire come un allentamento delle regole rispetto alla situazione attuale. Si tenga tuttavia presente che la forza negoziale del singolo paese trova un limite nel fatto che, qualora la Commissione trovasse insoddisfacente il piano del paese e non si raggiungesse un accordo, il paese sarebbe tenuto ad adottare il percorso “di riferimento” definito unilateralmente a Bruxelles.

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