IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Oltre il MES e le sue condizionalità, il debito comune

La dotazione di un debito comune europeo è la chiave per superare l'atteggiamento di persistente subalternità ai mercati e far valere compiutamente l'interesse strategico europeo. Altro che MES

Che cos’è il MES?

Sarebbe sufficiente questo sintetico inquadramento storico-giuridico per comprendere la reale natura giuridica e politica del MES: altro che “momento hamiltoniano”, declinazione sovranazionale forte di un principio di solidarietà inter-statale, in grado di prefigurare l’approdo federale dell’Unione europea!

In primo luogo, il MES è stato istituito nel corso della crisi dei debiti sovrani in forme emergenziali (l’iniziale base normativa era, infatti, l’art. 122 TFUE) come un escamotage per cercare di colmare un buco di progettazione originario del Trattato di Maastricht del 1992 (Alessandro Mangia, 2023): l’aver accantonato, nel clima politico-culturale dominato dall’idea della “fine della storia”, la questione dirimente dell’autonomia fiscale dell’Unione europea e, specialmente, dell’UEM nei confronti dei mercati finanziari di cui anzi si postulava l’intrinseca razionalità.

In secondo luogo, il MES, istituito con un trattato internazionale tra i soli Stati dell’Eurozona in forza di una revisione in forma semplificata dell’art. 136 TFUE, rappresenta un inedito soggetto ibrido pubblico-privato (registrato con atto notarile in Lussemburgo) che opera attraverso le regole del diritto bancario e fallimentare e i cui funzionari sono coperti da immunità diplomatica pressoché assoluta (art. 32 Trattato MES). Si tratta di un organismo, collocato al di fuori delle istituzioni comunitarie, che per statuto è tenuto a perseguire il solo interesse dei creditori e dunque a non prendere in considerazione – o comunque a mantenere in subordine – gli interessi politici generali. La deroga necessitata al divieto di salvataggio posta dall’art. 125 TFUE ha avuto, infatti, come “corrispettivo” la “stretta condizionalità” degli aiuti finanziari all’implementazione di un programma di austerità e aggiustamento strutturale da parte dello Stato membro aiutato (art. 3 Trattato MES).

In terzo luogo, la politica della condizionalità ha consentito alle istituzioni di Bruxelles di “orchestrare” mutamenti profondi dei modelli economico–sociali dei paesi periferici, aggirando il principio di attribuzione e gli strumenti di controllo democratico e giurisdizionale previsti dagli ordinamenti nazionali. L’idealtipo dello “stato condizionato” è la Grecia. Dopo il diktat dell’Euro-summit del luglio 2015 (Conclusioni Euro summit, 12 luglio 2015), l’esercizio delle sue funzioni essenziali era subordinato al rimborso integrale dei crediti concessi dal MES e dal FMI. La Grecia è stata così forzosamente ricondotta su una traiettoria di “normalità”: riacquisizione dell’accesso al credito dei mercati finanziari, bilanci pubblici “sani” e rilancio della competitività esterna. Sia pure al prezzo di drammatici effetti collaterali quali impoverimento e disoccupazione di massa, azzeramento delle prestazioni del Welfare State e svendita del patrimonio pubblico.

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