L’oligarchia e la democrazia come silhouette
Questo impressionistico excursus per dire che dal lato dei poveri, perseguitati come non mai dalle logiche impersonali e speculative della guerra, c’è a pieno titolo, e non solo in Italia, il frammentato e disperso mondo del lavoro. Nonostante sia un popolo consistente, da tempo è sprofondato nell’invisibilità. Chi si muove a sua volta per lavoro lo intercetta, questo popolo, per lo più all’alba e lo percepisce quasi come uno sciame. Accomunato, anche se non sempre lo sa, da una condizione precaria, che comporta appunto la necessità del lavoro per vivere. Dopodiché sul piano empirico-fattuale, per effetto delle circostanze, si può far parte dei lavoratori poveri o semplicemente poveri di lavoro, specie se si è giovani, donne e si vive al Sud. Questo esercito disperso e disilluso è privo di una rappresentanza politica, che reclama da tempo come un viandante reclama l’acqua nel deserto. Anche se inconsapevolmente, da questi bassifondi, si richiede in modi scomposti e politicamente scorretti una cosa sola: che la si faccia finita con l’oligarchia che ha usurpato da noi – come altrove – la democrazia, di cui ha mantenuto, per il momento solo la silhouette. Democrazia, una bellissima parola, la cui etimologia rimanda, è sempre bene tenerlo a mente, al governo non del popolo ma dei poveri, con cui coincideva il popolo nell’antichità e non solo. I ricchi, quelli che fanno la guerra, per ritornare a Sartre, non hanno bisogno né della democrazia né della politica piuttosto le temono, come un vampiro teme la luce