Mettere il sapere dei giuristi al servizio delle nuove esclusioni.
Non ci sono, ovviamente, conclusioni ma qualche indicazione è possibile. Una, particolarmente precisa, viene – anche questo è un segno dei tempi – da un pulpito non scontato, quello del papa di Roma che, nel Discorso ai partecipanti al XX Congresso mondiale dell’Associazione internazionale di diritto penale del 15 novembre 2019, ha accompagnato alcuni spunti di analisi con un vero e proprio programma operativo: «Oggi, alcuni settori economici esercitano più potere che gli stessi Stati: una realtà che risulta ancora più evidente in tempi di globalizzazione del capitale speculativo. Il principio di massimizzazione del profitto, isolato da ogni altra considerazione, conduce a un modello di esclusione – automatico! ‒ che infierisce con violenza su coloro che patiscono nel presente i suoi costi sociali ed economici, mentre si condannano le generazioni future a pagarne i costi ambientali. La prima cosa che dovrebbero chiedersi i giuristi oggi è che cosa poter fare con il proprio sapere per contrastare questo fenomeno, che mette a rischio le istituzioni democratiche e lo stesso sviluppo dell’umanità. In concreto, la sfida presente per ogni penalista è quella di contenere l’irrazionalità punitiva, che si manifesta, tra l’altro, in reclusioni di massa, affollamento e torture nelle prigioni, arbitrio e abusi delle forze di sicurezza, espansione dell’ambito della penalità, la criminalizzazione della protesta sociale, l’abuso della reclusione preventiva e il ripudio delle più elementari garanzie penali e processuali». A queste indicazioni chiare e condivisibili si accompagnano, negli ultimi tempi, importanti segnali di risveglio in Magistratura democratica e in diverse articolazioni di giuristi (anche nell’accademia). La speranza è che essi diano vita ad analisi, sperimentazioni e prassi che non si accontentino della ripetizione dell’esistente, anche perché i tempi che ci aspettano non saranno facili, neppure per un sistema giustizia che voglia evitare il ritorno allo statuto albertino.