In generale, si tratta della risposta europea a ciò che era stato più volte e autorevolmente messo in discussione: innanzi tutto i riferimenti numerici cui è ancorato il Patto, il 3%, il 60%, la riduzione del debito di un ventesimo all’anno, ecc. (spesso criticati per la loro mancanza di scientificità da una parte della dottrina: Triulzi; Fitoussi; Wyplosz), ma anche il fatto che esso sia diventato pressoché ingestibile a causa della sua complessità, e della costante aggiunta di eccezioni, clausole di flessibilità e altri fattori (Wieser; Bénassy-Quéré e altri; Kamps e Leiner-Killinger).
Sul punto, fino alla predetta comunicazione, la fantasia delle Istituzioni nazionali, sovranazionali e internazionali si era letteralmente scatenata: dalle proposte dell’European Fiscal Board (EFB) seguite da Bordignon e Priewe a quelle del MES, della Bundesbank, del Consiglio tedesco degli esperti economici, del Governo federale tedesco e del FMI.
Non era stata meno fervida la creatività di alcuni statisti (i.e., Macron e Draghi, ma anche dei c.d. Frugali insieme a Lettonia, Slovacchia e Repubblica Ceca, nonché di Stati quali la Spagna e i Paesi Bassi) e di numerosi studiosi quali in primis Giavazzi e altri, a supporto delle posizioni dei leaders francese e italiano, ma anche, con proposte alternative Amato M. e Saraceno; Blanchard e altri; Bordignon e Pisauro; Cesaratto; Buti e Messori; Amato G., Bassanini, Messori, Tosato e molti altri ancora in maniera adesiva alle proposte dell’uno o dell’altro (fatta eccezione per Bini Smaghi che ha sempre manifestato molta prudenza sulle diverse varianti suggerite per modificare il PSC).
Cosa cambia realmente con la riforma del PSC?
Questo il contesto entro il quale, oggi, l’UE si è risolta a rivedere per l’ennesima volta la normativa sul Patto di stabilità e crescita.
I termini esatti della comunicazione della Commissione europea lasciano ampi spazi al dibattito sui suoi contenuti che, al momento, non sono ancora del tutto definiti sebbene ritengo sia improbabile uno stravolgimento di quanto in essa anticipato e, soprattutto, la sensazione che si ha analizzandone il testo è che l’UE non si stia avviando verso una radicale modifica del PSC, cosa che, ad avviso di chi scrive, sarebbe stata altamente auspicabile.