Il divorzio tra educazione e formazione
In questo quadro, l’idea fondamentale è quella della scuola come azienda: come le altre istituzioni pubbliche anch’essa deve darsi un’organizzazione efficiente, per competere nel mercato della formazione. Questo regime concorrenziale stimolerà la produttività della scuola e tenderà così a migliorare la qualità dell’istruzione. Un alto tenore della formazione è necessario perché – nell’economia post-industriale – la conoscenza è ormai il principale fattore della produzione. L’obiettivo a cui è indirizzato questo modello è allora quella della produzione del capitale umano, ossia della formazione di produttori equipaggiati dello stock di conoscenze e di competenze necessarie al funzionamento della macchina economica. La qualità di questa produzione di competenze è affidata al meccanismo della competizione, e non solo tra le scuole ma anche tra gli studenti.
In questo modo, il compito della scuola viene ridotto a quello della formazione di produttori competenti, trascurando l’educazione del cittadino e dello spirito critico, che la scuola democratica aveva posto come la propria più alta finalità. Inoltre, la scuola democratica era tesa a garantire esiti egualitari, a dare a tutti la padronanza delle conoscenze fondamentali, necessarie per il pieno accesso alla cittadinanza. La scuola neoliberista mira invece alle vette qualitative, a coltivare le eccellenze, e a questo scopo stimola la competizione e istituisce premi per gli studenti migliori. La scuola diviene così un dispositivo di socializzazione all’etica individualista neoliberista: a scuola come nella vita ognuno raccoglie quello che merita, in base alle proprie capacità e al proprio impegno. E se raccoglie poco deve dare la colpa solo a sé stesso.
La lezione della pandemia
Il cammino di una scuola della Costituzione, faticosamente avviato negli anni Sessanta, sembra così essersi interrotto. Ma, parafrasando l’Habermas del Discorso sulla modernità (1988), il progetto di una scuola della Costituzione non è fallito, è incompiuto. E vi sono forze (associazioni di insegnanti e sindacati) che combattono per riavviarlo. L’egemonia del neoliberismo non è né assoluta, e nonostante tutto rimane contendibile. La pandemia ne ha evidenziato i limiti: se la scuola ha tenuto è stato grazie all’impegno degli insegnanti, non di certo per la macchina aziendalista, che ha mostrato di essere una tigre di carta. Tenere desta la battaglia culturale per una scuola democratica contro l’egemonia neoliberista è oggi il compito cruciale di una pedagogia critica.