Non a caso il Novecento, come «secolo breve», termina con lo sfaldarsi del bipolarismo: caduta del Muro e collasso dell’URSS. In verità già prima il duo Keynes-Kennan – la doppia ‘K’ dei Trente Glorieuses, con la loro doppia ‘C’ di «consumo» e «contenimento» – aveva cessato la sua influenza benefica.
Da tempo la Big Science, nata con l’atomica e il Progetto Manhattan, aveva preso a sospingere il mondo per altri sentieri. Messa in moto ancora dalla fondamentale «mano pubblica» s’avventura ora per le vie ardite magari della «conquista della Luna» o per quelle più accidentate delle reaganiane «guerre stellari» o ancora nella epocale invenzione, ad opera della statunitense Darpa, di una rete di comunicazione «senza centro», Internet, capace di funzionare anche dopo la distruzione per mano nemica di nodi fondamentali. A dirigerla in concreto stanno però ora le ibride e complesse geometrie della regolazione neoliberale incarnata dalla mutazione del governo in governance: in luogo del ‘centro’ di un tempo, formalmente e gerarchicamente deputato all’esercizio del potere, ora maglie transnazionali, variamente intessute di pubblico e privato, indirizzano, controllano ed esercitanola sovranità. Per ondate successive nuove stagioni di innovazione tecnologica hanno iniziato a sommergerci, scomponendo il mondo e l’umanità in filamenti di DNA e sequenze di bit. A far tappa epocale l’avvento di straordinarie forme di comunicazione planetaria. Il mondo intero, compresso su schermi sempre più piccoli, ora viene letteralmente portato nelle tasche dei viandanti del XXI secolo.
L’età della decolonizzazione
Quasi parallelamente alle distopiche narrazioni di Orwell, altri ammonimenti si levavano dall’Inghilterra del secondo dopoguerra. A pronunciarli, e indirizzarli soprattutto nei confronti degli europei, era Arnold Joseph Toynbee: adesso è proprio il Vecchio Continente a «subire la lezione che attorno al 1500 ha iniziato a impartire al mondo». Ora è soprattutto l’Europa a «trovarsi minimizzata in confronto al mondo d’oltremare da essa stessa chiamato alla esistenza nella storia». La durevole spinta dell’epocale vittoria sul nazifascismo in realtà tiene a battesimo quella che Hedley Bull battezzerà «la rivolta contro l’Occidente». È iniziata l’età della decolonizzazione prolungatasi per taluni aspetti sin sulla soglia del Terzo Millennio, sino a quel 30 giugno 1997 che, con la restituzione di Hong Kong alla Cina, lascia ormai solo su granelli di Terra l’etichetta di colonia. Lo smantellamento dei grandi imperi europei stravolge la struttura profonda del mondo. Geoffrey Barraclough ricorderà che tra «il 1945 e il 1960 si rivoltarono al colonialismo e conquistarono l’indipendenza non meno di quaranta paesi, con una popolazione di 800 milioni, più di un quarto della popolazione mondiale. Non era successo mai, durante tutta la storia dell’umanità, un rovesciamento così rivoluzionario in un tempo così breve». Nel 1955 a Bandung i rappresentanti del cosiddetto Terzo Mondo impugneranno le Carte delle Nazioni Unite e dei Diritti Universali contro quelle nazioni e potenze attestate ancora in difesa di vecchie conquiste imperialistiche e nuove forme di sfruttamento. La principale creatura della II guerra mondiale, l’ONU, si trasforma sotto quell’urto prolungato, fino a divenire assemblea dominata a stragrande maggioranza da ex possedimenti coloniali: di lì lo sconvolgendo la struttura oligarchica dell’organizzazione e causandone così, fondamentalmente, la crisi.