IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Reagire, ma come

La “sinistra ufficiale”, ma non solo essa, è “fuori fase”, ovunque. Come dimostrano il voto amministrativo in Italia e in Spagna. E prima, lo sconfortante voto in Grecia e negli Stati scandinavi, mentre le rilevazioni di voto in Germania danno Afd al 20%, alla pari della Spd.

La manifestazione Basta Vite Precarie è stata uno squarcio di luce in un una settimana plumbea, dove la destra, assistita da un’informazione quasi totalmente irregimentata, ha provato a riscrivere la storia degli ultimi trent’anni attraverso l’agiografia di Silvio Berlusconi. Una settimana davvero triste. Aperta dall’ennesima strage annunciata di migranti, alla quale è seguita un’infame fuga dalle responsabilità politiche. Una settimana segnata da 6 omicidi di lavoro in 24 ore.

Sul vento di destra, risposte consolatorie

La cronaca ci impone ogni giorno l’esigenza di reagire. Dobbiamo reagire. Ma dobbiamo reagire con una bussola politica, con qualche coordinata per la navigazione. I risultati ultimi nelle principali città al voto sono finanche più gravi del voto del 25 settembre 2022: sia perché si è votato negli ambiti dove sono concentrati i riferimenti sociali della sinistra ufficiale; sia perché l’offerta progressista ha perso anche quando è stata unitaria.

Dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà. In estrema sintesi, la sinistra ufficiale è “fuori fase”, ovunque. Negli stessi giorni del voto amministrativo in Italia, si è svolto il voto amministrativo in Spagna. Prima, il voto in Grecia e, prima ancora, negli Stati scandinavi. La scorsa settimana, le rilevazioni di voto in Germania davano Afd al 20%, pari alla Spd. I risultati sono inequivocabili, da noi, nell’Unione europea e oltre.

Ancora più che dalla sconfitta quantitativa, netta, l’angoscia deriva dal segno di classe della dilagante astensione e dal voto alla destra delle fasce sociali più in difficoltà. In amara sintesi, è ancora una volta confermato che chi ha più bisogno della Politica sta lontano dalla politica e, quando si avvicina alla politica, sta lontano dalla sinistra ufficiale. Perché? Che succede? È un “vento di destra”. È la risposta più frequente. L’abbiamo letta e ascoltata. È una risposta consolatoria e rassicurante: resistiamo, passa. La politica nella post-modernità ha cicli brevi. No, non è così. Sbaglieremmo a dare una lettura superficiale e congiunturale. La sinistra ufficiale è fuori fase.

 Le radici dell’ola conservadora

 Noi, in Italia, abbiamo a che fare con il Governo Meloni. Un governo di destra nazionalista, liberista à la carte, ferocemente classista, impegnato a legittimarsi oltre confine, da un lato, con l’osservanza passiva del vincolo atlantico e, dall’altro, con l’attenzione pragmatica al vincolo dei mercati del debito, più che alla disciplina dell’Unione europea.

Davvero puntiamo sull’anti-fascismo per delegittimarne ed indebolirne la maggioranza? O sull’intervento dei signori della finanza, di Bruxelles e Francoforte, come ai tempi della famigerata lettera della Bce?

È imbarazzante la scena del Pd che, in Commissione Affari europei, insieme a IV ed Azione, ottiene la calendarizzazione del voto per la ratifica del Mes. Superato in appiattimento Atlantico dal Governo Meloni, prova a recuperare una posizione di vantaggio sul vincolo europeo, nonostante un insieme di “riforme” delle regole europee dannose per il nostro interesse nazionale e, soprattutto, dannose per gli interessi di lavoratrici, lavoratori e piccole imprese. La ratifica del Mes va almeno rinviata fino a quando è definito il quadro delle revisioni del Patto di Stabilità e Crescita e dell’Unione Bancaria.

La sinistra ufficiale è fuori fase. Cosa deve ancora accadere, quanto dobbiamo ancora perdere, prima di cominciare a riflettere sulle correnti di fondo che non cogliamo? Quale ulteriore sconfitta deve arrivare per comprendere che non è questione di leadership, di marketing elettorale, di unità, pur condizione necessaria per una proposta politica credibile?

La “ola conservadora” ha cause precise e riconoscibili, ma scomode per la sinistra ufficiale. Riconoscerle implica una sfida difficile, innanzitutto con sé stessi. Impone la maturità di rimettersi in discussione ab origine. Implica riconoscere le “cause strutturali” della marginalizzazione della sinistra ufficiale. Quali sono? “Se sbagli l’analisi, sbagli tutto”, ricordava sempre Il Migliore ai suoi. L’analisi, allora.

In sintesi, siamo dentro – sul piano politico almeno dal 2016, anno della Brexit e dell’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca- la fase di de-globalizzazione, di ritorno della Storia, di ritorno della Politica. È una fase radicalmente diversa, finanche per visione antropologica, dalla fase precedente. È contraddistinta dalla domanda di protezione sociale ed identitaria, si anche identitaria, perché le persone sono intreccio di interessi materiali e spirituali. Siamo nella fase del noi. Siamo nella fase della comunità. L’individuo consumatore, illuso di diventare sovrano dal mercato globale, illimitato e vorace di ogni dimensione dell’umano, era una favola. La favola raccontata dai vincitori della “Guerra fredda”. Era una favola, in fondo triste, quindi insostenibile.

La sinistra arroccata tra i benestanti del politicamente corretto

Non poteva reggere e non ha retto. Tutto cambia. Matura il disincanto, la delusione, la rabbia verso il progressismo inteso come miglioramento naturale delle sorti dell’umanità. Riemerge prepotente la richiesta di primato dell’etica e della Politica sull’economia e sull’innovazione tecnologica. La destra la intercetta istintivamente, coltiva le paure, declina il “noi” in termini di chiusura, di esclusione, di negazione dell’altro e finanche di aggressione. La sinistra ufficiale, rimasta nella fase precedente, è arroccata tra i benestanti del politicamente corretto.

Nella fase di ritorno della Storia, di ritorno della Politica, nella fase del noi, nella fase delle domande di protezione sociale ed identitaria perché la sinistra ufficiale è fuori fase, oltre che fuori gioco?

Primo: perché la regolazione neo-liberista a scala globale dei movimenti di capitali, merci, servizi e persone, propagandata dopo l’89-91 come “La fine della Storia e l’ultimo uomo” (attenzione anche alla seconda parte del titolo del “libretto rosso” di Francis Fukuyama), ha colpito e colpisce innanzitutto i riferimenti sociali originariamente rappresentati dalla sinistra ufficiale, oltre ad essere insostenibile sul piano ambientale, spirituale e di ordine politico internazionale.

Secondo: perché la sinistra ufficiale è stata l’attrice protagonista, riconosciuta come tale dalle sue constituency storiche diventate sue vittime, del film neo-liberista promosso con il titolo “Terza via” e “europeismo federalista”.

Attenzione: la regolazione liberista criticata nella sua scala globale è la regolazione scolpita in forma estrema nei Trattati europei. La regolazione liberista è la regolazione del mercato unico europeo. Sono dati imbarazzanti e generalmente rimossi dalle classi dirigenti della sinistra ufficiale.

Il dibattito proibito

Chi invoca l’allargamento dell’Unione ai Balcani, all’Ucraina, alla Georgia, alla Moldavia ha chiari gli effetti di ulteriore impoverimento del lavoro e del welfare con l’arrivo di altre decine di milioni di lavoratrici e lavoratori a 300 euro al mese, welfare e tassazioni minimi?

La regolazione liberista si ritrova anche nello statuto della BCE che, in una fase di economia di guerra, in un’euro-zona in recessione, aggredisce con sempre maggior potenza gli investimenti, la produzione e l’occupazione: le imprese che hanno potere di mercato aumentano profitti e prezzi, i lavoratori perdono potere d’acquisto e, se provano a recuperarlo almeno parzialmente, perdono anche il lavoro. La sinistra ufficiale tace. Sono scelte tecniche. La politica monetaria, la più rilevante variabile della politica economica, non si discute.

Dibattito proibito. Rassegnati o inconsapevoli anche i sindacati. Lavoratori, lavoratrici e piccole imprese senza potere di mercato pagano. In tale quadro, invertire la direzione di marcia è maledettamente difficile perché l’assetto regolativo dominante, dalla regolazione dei mercati alla politica monetaria e di bilancio, ha disattivato, anzi eliminato, gli strumenti di correzione in chiave universalista dell’economia e consente soltanto policy corporative, la cifra distintiva della destra.

 Il Pd, essenziale ma insufficiente

È davvero stucchevole l’ennesima giaculatoria su eccesso o difetto di radicalità o, specularmente, di distanza dal mitico “centro”. È sconfortante tornare a leggere dagli interpreti autentici della sinistra l’invocazione a partire dal basso o, al contrario, dall’alto per rincollare i cocci della sinistra storica. Ma è anche insufficiente, necessaria, ma insufficiente, l’insistenza sull’unità del campo progressista.

Guardiamo in faccia la realtà. Va riconosciuta la necessità di un’altra sinistra, una “seconda sinistra” (utilizzo il termine “sinistra” in senso lato), in relazione sinergica con la sinistra ufficiale. Ad ottobre scorso, il Pd aveva appena avviato il suo congresso. Al voto aperto ai non iscritti, è arrivata la “sorpresa” Elly Schlein. Le abbiamo fatto i migliori auguri di buon lavoro. Rimaniamo convinti che il Pd, per i settori sociali (“alti”) che rappresenta e continuerà a rappresentare, sia essenziale per costruire una credibile proposta politica. Essenziale, ma insufficiente.

Ma rimaniamo altrettanto convinti della necessità di un’altra Sinistra, di una “seconda Sinistra”, espressione degli interessi delle periferie sociali, ossia del lavoro più povero, sostanzialmente subordinato e senza potere di mercato, anche se è svolto come professione, come lavoro autonomo, come Partita Iva, come micro e piccola impresa.

Mi riferisco all’Italia, ma il discorso vale anche per l’Europa e gli Usa. Infatti, “l’altra Sinistra”, la “seconda Sinistra”, è da costruire quasi ovunque. È forte soltanto in Francia con il movimento di Jean Luc Melenchon. Vive in Germania nella Linke, ma assediata nella componente di Sahra Wagenknecht. Cresce dall’altra parte dell’Atlantico con le truppe di Bernie Sanders e le misure protettive di Biden (segnalo il contromanifesto del “Washington Consensus”, esposto da Jack Sullivan, National Security Advisor, alla Brookings Institution, il 27 Aprile scorso).

Un cambio di paradigma, anche per la “seconda sinistra”

In Italia, ha una presenza sociale, istintiva e contrastata nel M5S.

Per costruire l’“altra Sinistra”, la “seconda Sinistra”, va messo a punto, innanzitutto, un paradigma altro rispetto al paradigma cosmopolita, euro-federalista, post-umanista, condiviso, in diversa misura, dalle articolazioni del centrosinistra ufficiale, dalle più “radicali” alle più “riformiste”.

Quali i capisaldi? Mentre la sinistra ufficiale è cosmopolita, l’altra Sinistra, la “seconda Sinistra” è inter-nazionalista, poiché Nazione e Patria, come pure famiglia, nel senso scritto nella nostra Costituzione, sono dimensioni imprescindibili della persona-comunità, tanto più in una stagione di spaesamento identitario e spiaggiamento economico.

Mentre la sinistra ufficiale è euro-federalista, indisponibile ad uscire dall’approccio fideistico-onirico per approdare finalmente ad una lettura storica, culturale, politica della realtà europea, l’altra Sinistra, la “seconda Sinistra” è consapevole dell’impraticabilità degli Stati Uniti d’Europa, pertanto coltiva la “democracy”, ossia il riconoscimento delle irriducibili specificità di ciascun popolo dell’Europa, dottrina assente dal dibattito politico italiano, soffocato nella morsa “europeisti” e “sovranisti”.

Mentre la sinistra ufficiale rimane cieca sugli effetti sociali dei “liberi” mercati di capitali, servizi, merci e persone e schierata a difesa della tecnicizzazione delle politiche monetarie, l’altra Sinistra, la “seconda Sinistra” è laburista e keynesiana sul versante economico, quindi “no Bolkestein” perché riconosce il “controlimite” sociale incardinato nella nostra Carta, sovraordinato alle norme dell’UE. Quindi, non si tira indietro nel sostegno economico all’Ucraina, ma è per il No all’ingresso di Kiev e degli altri Stati “candidati” nell’Ue.

Mentre la sinistra ufficiale è no border, l’altra Sinistra, la “seconda Sinistra” per le migrazioni, oltre all’imprescindibile salvataggio delle vite, connette l’accoglienza alla capacità di integrazione e riapre il libro della cooperazione internazionale per garantire il diritto a non emigrare.

Mentre la sinistra ufficiale sulla conversione ecologica è retorica e, al tempo stesso, piegata dagli interessi più forti o assolutista, l’altra Sinistra, la “seconda Sinistra” persegue l’ecologia integrale senza elitismo, attenta a compensare l’impatto sociale della conversione ecologica, consapevole dei rischi di diventare il nemico di classe delle periferie sociali.

Mentre la sinistra ufficiale pratica l’anti-fascismo come riflesso automatico ad ogni comportamento deviante della destra e illusoria scorciatoia per metterla fuori gioco, una sorta di dottor Stranamore al rovescio, l’altra Sinistra, la “seconda Sinistra” è anti-revisionista, rivendica l’antifascismo come irrinunciabile fonte morale e politica della Costituzione, ma prende atto che non è condizione di legittimità democratica.

Mentre la sinistra ufficiale declina i diritti civili in chiave di individualismo consumista e post-umanista, l’altra Sinistra, la “seconda Sinistra” è umanista nel cammino dei diritti civili, quindi contro la maternità surrogata e il disconoscimento sessuale dell’umano. È femminista, ma va oltre le pari opportunità di genere e promuove il potenziale femminile per scardinare il dominio dell’economico e le connesse gerarchie di potere.

Mentre la sinistra ufficiale è passivamente atlantista, come la destra, l’altra Sinistra, la “seconda Sinistra” è adulta nelle relazioni con gli Stati Uniti e la Nato, quindi persegue, con ostinata autonomia e realismo, un ordine internazionale multipolare e multilaterale e riconosce proprio nella ridefinizione dell’ordine internazionale la matrice del conflitto in Ucraina.

Cambio di paradigma, cambio di politica

Quanto sia necessaria l’altra Sinistra, la “seconda Sinistra” lo abbiamo visto amaramente riconfermare nel voto giovedì scorso a Strasburgo da parte del Parlamento europeo. Qualche settimana fa, l’assemblea più rappresentativa dei popoli dell’Unione aveva approvato, a larghissima maggioranza, con la dissociazione del M5S e della Sinistra europea, la possibilità di utilizzare le risorse del PNRR per l’acquisto e la produzione di armi. Giovedì scorso, è avvenuto un voto decisamente più grave: con il “Si” di conservatori, nazionalisti, popolari, centristi, socialisti e democratici, parte della Sinistra europea e con l’astensione del M5S, di parte degli eletti del Pd e un voto contrario, è stata approvata una risoluzione non legislativa per sollecitare i governi dell’Unione ad accelerare l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Una follia. Più che europeo, la più rilevante istituzione di rappresentanza dell’Unione si comporta come Parlamento Atlantico e l’Unione europea si scopre, come scrive magistralmente Lucio Caracciolo, “Antieuropa, impero europeo dell’America”. L’ingresso dell’Ucraina o semplicemente la conferma della prospettiva del suo ingresso aggraverebbe l’escalation finanche nucleare. La pace scomparirebbe dall’orizzonte. Si andrebbe ancora più spediti una divisione del pianeta dove però, al contrario di quanto era nella Guerra fredda, l’Occidente è minoranza demografica e economica e soprattutto privo della capacità di affrontare efficacemente le due principali sfide globali: la conversione ecologica e le migrazioni.

Siamo alla fine dell’Europa come potenziale soggetto geo-politico autonomo. L’Unione europea extra-large diventa un grande mercato ancora più feroce verso il lavoro e la piccola impresa. Il brodo di cultura di rabbie, paure, egoismo sociale, chiusure, discriminazioni. Il contesto migliore per l’affermazione delle destre nazionaliste, negazioniste, regressive in termini di diritti sociali e civili.

In sintesi, le sinistre ufficiali euro-federaliste, ultra-atlantiste in merito all’ingresso dell’Ucraina nella Nato, sono sovraniste inconsapevoli.

È chiaro?  L’altra Sinistra, la “seconda Sinistra” non si costruisce nei convegni, nei seminari. Va costruita nei conflitti fondamentali.

Quali? Oggi, innanzitutto la pace. Non è soltanto questione etica. È condizione per costruire un ordine internazionale cooperativo, per evitare di aggravare e poter affrontare le principali emergenze umane, sociali ed ambientali. Noi continuiamo a raccogliere le firme per il referendum sulla legge di autorizzazione all’invio delle armi in Stati belligeranti.

Secondo, il contrasto al D.dL Calderoli di avvio dell’autonomia differenziata. È un fronte plurale, fuori e dentro il Parlamento.

Terzo asse, la controffensiva per la rivitalizzazione del welfare state e delle welfare communities intese in senso complessivo, a cominciare dalle norme di argine alla precarietà, al reddito di cittadinanza, al salario minimo legale

Infine, ma ovviamente non ultimo per rilevo politico, la sfida per la conversione ecologica: sfida sistemica, ordinante.

Sono assi di impegno culturale, sociale e politico che possono essere condivisi dall’intera area progressista e finanche oltre. Anche sul versante della politica internazionale. Oltre le divisioni sull’invio delle armi, faccio una proposta per una possibile convergenza, considerato anche l’ultimo voto a Strasburgo: definire una posizione comune per garantire la sicurezza militare dell’Ucraina senza ingresso nella Nato. Qualche giorno fa, su Foreign Affairs, la più prestigiosa rivista di politiche internazionali dell’establishment USA, Samuel Charap, al Dipartimento di Stato durante l’amministrazione Obama, ha proposto il modello USA-Israele sottoscritto nel 1975 per la pace tra Tel Aviv e Il Cairo.

Insomma, la sfida più impegnativa di fronte alla classe dirigente culturale, politica e sociale progressista è mettere a punto e radicare attraverso il conflitto costruttivo il paradigma inter-nazionalista ed umanista. Il cammino è difficile, impervio, scivoloso, ma necessario.

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