IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Spagna, “il Socialismo è protezione”

Applausi meritati a Pedro Sanchez per l’intelligenza istintiva e il coraggio di anticipare le elezioni politiche in piena estate e, ancor di più per i nostri standard, all’inizio della sua presidenza dell’Unione europea (noi saremmo ricorsi a un “governo tecnico” per non fare brutta figura a Bruxelles). L’appuntamento spagnolo è stato raccontato e finanche combattuto da ampi settori del Partito Popolare Europeo, rappresentati dal suo capogruppo Manfred Weber, e dalle destre nazionaliste, guidate da Giorgia Meloni, come passaggio per accumulare il capitale politico decisivo per l’Opa sul prossimo Parlamento di Strasburgo e la conseguente Commissione di Bruxelles. L’alleanza tra il Partido Popular e Vox sarebbe dovuta essere esemplare per ridefinire gli equilibri politici del nostro continente. Invece, con una straordinaria partecipazione al voto, superiore al 70% nonostante il clima torrido, gli elettori e le elettrici spagnole hanno dato prova inequivocabile che il mix nazionalista-conservatore-reazionario ha una grande forza, ma non ha sufficiente capacità espansiva.

Il risultato non era affatto scontato. Anzi, i sondaggi fino all’ultima settimana prima del voto accreditavano un governo guidato da Alberto Nunez Feijòo sorretto, grazie ai voti di Vox, da una maggioranza assoluta. Invece, vi sono le condizioni per dare continuità all’esperienza di Pedro Sanchez e Yolanda Diaz, guida di Sumar, la neonata piattaforma elettorale della sinistra.

Attenzione però ad analisi confortanti. Attenzione a riproporre la narrazione consolatoria del “vento di destra” e del suo improvviso affievolimento. Vi sono specificità storiche, istituzionali e innovazioni in termini di cultura politica a spiegare la “remuntada” rispetto alla disfatta delle elezioni amministrative del 28 maggio scorso.

Primo. La Spagna ha una conformazione istituzionale speciale: porzioni ampie del suo territorio, rilevanti soprattutto sul piano economico e demografico, sono “piccole Patrie”, ancor più sentite in una fase di spiaggiamento economico e smarrimento identitario, minacciate dall’omologazione centralista, innanzitutto culturale, resuscitata ed incarnata da Santiago Abascal, il capo di Vox. Il risultato del PSOE deve molto all’incremento dei voti ricevuti in Catalogna e nei Paesi Baschi. In Spagna, oggi, il Partito Socialista Operaio è l’unico partito della Nazione, nel quadro costituzionale dato.

Secondo. In Spagna, la sensibilità ai pericoli della destra reazionaria è più acuta in quanto la memoria del Franchismo è vivida: nelle elezioni amministrative rimane silente, ma quando la posta in gioco è il governo nazionale ed il potere legislativo si riaccende e mobilita anche le fasce meno attive dell’elettorato, in particolare femminile spaventate dall’offensiva machista e regressiva di Vox.

Terzo. Oltre che per il timore degli avversari, il consenso al fronte progressista spagnolo ha tenuto in quanto la coalizione di governo uscente ha potuto rivendicare importanti risultati sul terreno economico e sociale. Ricordiamo che l’esecutivo Sanchez-Diaz, incoraggiato dalle misure prese dal “Conte II”, fu l’unico, oltre al nostro, a bloccare i licenziamenti durante la fase più acuta della pandemia. Ricordiamo anche l’innalzamento del salario minimo e le norme per i congedi parentali e per l’uguaglianza salariale tra uomini e donne. Ricordiamo, soltanto per citare i provvedimenti di maggiore rilevanza, gli efficaci interventi -più volte da noi proposti, ma sempre respinti come impraticabili dal ministro Cingolani- per dissociare il prezzo dell’elettricità venduta sul mercato interno dall’impennata del prezzo del gas determinato dalla guerra in Ucraina e dalle ritorsioni russe ma, ancor di più, degli extra-profitti caricati dalle imprese del settore energetico su famiglie e imprese. Grazie a quella decisione, oggi l’inflazione in Spagna è al 2% ed i redditi da lavoro e pensione perdono potere d’acquisto in misura più contenuta che in ogni altro Stato europeo. Ricordiamo, in particolare alle nostre sinistre ufficiali, anche la rotta umanista per i diritti civili percorsa con il no alla maternità surrogata.

Quarto. Alla “resistenza” spagnola, ha concorso anche l’operazione politica costruita dalla leadership di Iolanda Diaz, vice-presidente del Consiglio dei Ministri, dopo l’uscita di Pablo Iglesias, e ministra del lavoro, protagonista dell’inversione di rotta sul versante sociale: la sua Sumar (“Sommare”), nonostante il taglio della fase di gestazione del progetto, imposto dall’anticipo delle elezioni, è riuscita ad attrarre fresche energie dalla sinistra intellettuale e sociale e indurre alla convergenza, anche obtorto collo, Podemos e Izquierda Unida, già alleati nelle elezioni del 2019 in Unidas Podemos, e Mas Pais.

Infine, quinto, ma non ultimo, il risultato è frutto della visione proposta dai socialisti spagnoli. A differenza degli altri componenti della loro famiglia politica europea, sono entrati nella fase storica in corso. Il loro programma si apre con uno slogan inequivocabile, imbarazzante quasi per le sinistre ufficiali del resto del continente: “il socialismo è protezione”. Un messaggio chiaro, forte, rassicurante: per i lavoratori e lavoratrici, per le donne, per le identità locali. Un messaggio evocatore di Storia e di futuro, espresso in ogni capitolo del programma elettorale: “Siamo spinti da un istinto: proteggere le classi medie e lavoratrici da eventi contro il salario e la stabilità economica”; “proteggiamo la classe media e lavoratrice, le famiglie e le imprese”; “È necessario incanalare il processo [di trasformazione digitale] per garantire che protegga i nostri valori ed i nostri diritti”.

In conclusione, non è il vento, è la politica e gli uomini e le donne che la interpretano a fare la storia.

[pubblichiamo volentieri l’intervento che Stefano Fassina, che ringraziamo, ha inviato ad Huffington Post]

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