La “permacrisi” dell’Europa e il “dovere” di resilienza
L’Europa con la sua intima vocazione tecnocratica pare esposta più di altri ai nuovi assetti a-democratici che il “capitalismo bellico” ha in serbo per le varie comunità umane. L’emergenzialismo o «permacrisi», secondo l’eloquente neologismo evocato nell’aprile scorso da Christine Lagard, potrebbe avere lo scopo di fare introiettare ai subalterni che all’Ordine, per sua natura inemendabile, è connaturato il negativo senza possibilità alcuna di poterlo dialetticamente superare. Ne consegue, nei vari ambiti, la promozione di codici di comportamento all’insegna della resilienza che punti sulle risorse adattive in luogo dell’immaginazione trasformativa. Paradossalmente in una prospettiva di trasformazione dello stato di cose esistente si dovrebbe riguadagnare la genuina nozione di crisi, che rimanda invece alla critica e dunque alla concreta possibilità di poterla governare. Non così, viceversa, l’emergenzialismo che nel tendere a normalizzare la crisi, ne farà assumere i caratteri irreversibili di una malattia cronica da cui non si guarisce, al massimo non si muore. Un vasto programma che convocherebbe una sinistra, sociale e politica, da ripensare e, forse, da rifondare. A noi toccherà coltivare senza posa la fiammella del pensiero critico ed il senso del collettivo, senza i quali non si dà politica ma solo ribellioni senza avvenire.
Testi citati nell’articolo
Il Riformista, 21 marzo 2023.
Azzolini, Dopo le classi dirigenti, Bari, Laterza, 2017.
Boarelli, Contro l’ideologia del merito, Bari, Laterza, 2019.
Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo, Torino, Utet, 2020.
Gallino, La lotta di classe dopo la lotta di classe, Bari, Laterza, 2012.
Habermas-W.Streeck, Oltre l’austerità. Disputa sull’Europa, Castelvecchi, 2020.