IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Dopo l’Ucraina. Un nuovo ordine energetico mondiale?

Tra i tanti effetti del conflitto ucraino non bisogna sottovalutare la formazione progressiva di un nuovo ordine energetico mondiale incentrato su una inedita alleanza tra Cina e Paesi del Golfo e un ridimensionamento del ruolo globale del dollaro.

La crisi “inaspettata” dello shale oil

Considerate queste circostanze, gli Stati Uniti dovrebbero aumentare la produzione di shale oil, oltre che ridurre il peso delle fonti fossili.
Ma, come ci ricorda un articolo recente del Financial Times (Brower, McCormick, 2023), almeno sul primo fronte sembrano esserci delle serie problematiche. La rivoluzione del fracking ha fatto in quindici anni degli Usa il principale produttore di petrolio e gas, contribuendo a mantenere bassi i prezzi dell’energia, rendendo autonomo il paese dalle fonti esterne e creando alla fine un nuovo ordine nel settore. Tra il 2010 e il 2019 la produzione di petrolio è così nel paese sostanzialmente raddoppiata. Ma questo processo sembra ora giungere alla fine.
Prima lo scoppio della pandemia ha comportato la riduzione della produzione, la chiusura di molti pozzi, il licenziamento di decine di migliaia di lavoratori. Poi i conseguenti aumenti dei costi di estrazione, i colli di bottiglia nelle catene di fornitura e la carenza crescente di personale hanno messo in crisi il sistema complessivo, mentre i nuovi pozzi producono meno petrolio di prima. Si riducono gli investimenti, mentre si aumentano i dividendi e il riacquisto di azioni proprie. Gli investitori si rifiutano di mettere altro denaro in un settore da un futuro incerto in un mondo in via di decarbonizzazione. Si profila un’era di rinnovato potere per i petrostati, a partire dai paesi del Golfo.

La crescita degli investimenti nelle energie pulite

Anche in relazione alle conseguenze della guerra in Ucraina, gli investimenti mondiali nel settore delle energie a basso impatto di carbonio hanno, secondo la società BloombergNEF (Hill, 2023), ottenuto nel 2022 un record assoluto, superando 1,1 trilione di dollari, con una accelerazione rispetto all’anno precedente (+31%,). Tra l’altro, per la prima volta essi hanno raggiunto la sostanziale parità come importi con quelli nelle energie fossili. Comunque la strada appare molto lunga per raggiungere un livello che li ponga sul percorso di emissioni zero di CO2 nel 2050, ciò che comporterebbe la necessità di triplicare gli investimenti annuali rispetto ad oggi.
È comunque da rilevare che, per quanto riguarda i singoli paesi, la Cina ha investito da sola nel 2022 all’incirca il 50% del totale mondiale, con 546 miliardi di dollari, mentre gli Stati Uniti hanno speso 141 miliardi e, messi insieme, i paesi europei 180 miliardi.
La crisi energetica ha avuto in Europa delle conseguenze contradditorie (Golla, Wajsbrot, 2023). In primo luogo, per far fronte all’inverno, la gran parte dei paesi del continente ha riaperto diverse centrali a carbone, cosicché in totale le emissioni di CO2 legate alla produzione di elettricità sono aumentate del 3,9% nel 2022 rispetto all’anno precedente, anche se negli ultimi mesi dell’anno il loro utilizzo si è ridotto in modo significativo.
D’altro canto, le fonti solari ed eoliche hanno per la prima volta nel 2022 generato in Europa più elettricità rispetto al gas, con una percentuale del 22% sul totale contro il 20%, nonché rispetto al carbone con il 16%, uno sviluppo certamente positivo (Mouterde, 2023). I timori di un ritorno importante al carbone sembrano comunque al momento dissipati, anche se resta molta strada da fare per raggiungere gli obiettivi europei in materia di rinnovabili.
Le società europee di energia eolica, che pure hanno un presenza importante nel comparto, hanno delle difficoltà per le incertezze geopolitiche, per l’inflazione, con l’aumento dei prezzi delle materie prime e di quelli di trasporto, per la penuria di semiconduttori, per le difficoltà nelle catene di approvvigionamento e finanziarie. Ciò che le ha portate ad aumentare i prezzi di vendita in misura rilevante, mentre i gruppi cinesi leader del settore sono più redditivi e semmai tendono ad abbassare i loro prezzi (Les Echos, 2023).
L’aumento nelle installazioni di pannelli solari in Europa ed anche in Italia viene coperto in gran parte con importazioni dalla Cina, di gran lunga il paese dominante nel settore e le cui fabbriche lavorano a pieno regime.
Negli impianti di energia eolica il dominio cinese appare meno forte, mentre va registrata una importante presenza produttiva nei paesi del Nord Europa. Ma essa, come accennato, appare minacciata da vari problemi.
Naturalmente ogni pretesto è buono a Bruxelles per polemizzare con i cinesi. Così il commissario al mercato interno, Thierry Breton, ha affermato di recente che per fare l’elettricità verde entro il 2025, gli europei dovranno spendere 450 miliardi di euro all’anno; non bisogna, dice sempre Breton, che questo denaro serva ad acquistare dei prodotti non europei e ad esportare i nostri impieghi (Malingre, 2023). Bene, buona fortuna!

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