IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Elogio del cattivo maestro

È morto Toni Negri, un “cattivo maestro” hanno scritto in queste ore tante agenzie di stampa e tanti quotidiani del “bel paese”. Brutto paese. Non perché si è obbligati a parlar bene di chi se ne va anche da parte di chi, come me, non lo ha amato né intellettualmente né politicamente.

Brutto paese perché almeno queste ore potevano essere l’occasione per riflettere sulla disgrazia di scuole e Università che non producono più cattivi maestri. Senza, infatti, l’esistenza di cattivi maestri non si producono studenti curiosi, inquieti, dunque ricchi di conoscenze.  E tanto meno buoni maestri. Basta, per verificarlo, entrare in una qualsiasi aula di quella che un tempo era la Repubblica italiana.

L’elogio del cattivo maestro, fornito qualche anno fa dallo stesso Toni Negri (non parlava di sé ma di altri, di un giurista, Luigi Ferrari Bravo), andrebbe letto e meditato nei prossimi giorni nelle scuole di ogni ordine e grado. E siccome questo non accadrà – siamo un brutto paese – leggerò, a beneficio dei miei lettori, i passaggi salienti. Acutissimi e colti. Come dire tutto ciò che oggi aborriamo.

«(…) il cattivo maestro è quello che deve essere escluso, sanzionato, bandito (…). Ma chi è il cattivo maestro? Il cattivo maestro è colui che reagisce al mondo nel quale vive (…) mosso a filosofare dall’indignazione. Spinoza definisce così l’indignazione: l’odio verso colui che ha fatto male a un altro».

L’indignazione dunque «è una passione negativa innervata dall’amore. Ma se il cattivo maestro è colui che deve essere escluso perché si indigna, se è colui che insorge davanti all’evento malvagio, chi è il buon maestro».

Toni Negri ne fornisce in maniera esemplare i tratti, la psicologia. È «colui che descrive il mondo come fatto e predisposto per chi comanda e per chi obbedisce, per chi ammira e non si indigna (…). Da questo punto di vista potete stare sicuri che i cattivi non sono buoni. Ogni cattivo maestro è arrabbiato con qualcuno. Se la prende con qualcuno o con qualcosa».

«Machiavelli è indignato contro gli utopisti e contro i tiranni, risponde alla voce di un demone, del demone repubblicano e democratico (…). Spinoza è indignato contro i teologi e la superstizione religiosa. I teologi danno del Dio che vive in noi un’immagine superstiziosa: le Chiese sono un asylum ignorantiae».

«Il cattivo maestro genera discepoli, ma li genera ambiguamente. Proprio perché egli è un evento di libertà, il cattivo maestro non disciplina la generazione: egli avrà discepoli fedeli e infedeli, l’ambiguità e l’alternativa vivranno nella sua discendenza (…) Perché questo avviene? Perché il cattivo maestro non dà certezza dogmatica. Egli è un vero partigiano che sa dove porsi nella lotta pratica, nella storia, laddove dunque gli uomini sono costretti alla scelta».

«Di quale cattivo maestro abbiamo bisogno oggi? Probabilmente di molti. Che si sia entrati in un mondo nuovo, infatti, nessuno dubita più. Non ci basteranno dunque tutti i cattivi maestri insieme ad orientarci (…). No, non basta (…). Noi dobbiamo provarci (…). L’indignazione, ovvero, come si disse di Socrate, la corruzione dei giovani, sono il nostro ideale morale».

In questa accorata conclusione negriana leggo gli echi del pensiero di un grande italiano che probabilmente Toni Negri considerava quanto più distante da Lui. Quella gramsciana riforma etica e politica, senza la quale non ci sarà mai Paese. Né domani, né dopodomani

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