Le note che seguono cercano di analizzare sommariamente alcuni dei molti aspetti della ennesima crisi francese, quella della rivolta dei giovani delle banlieue, attraverso il riferimento a molti articoli apparsi sull’argomento sulla stampa locale (in particolare su Le Monde) ed internazionale.
Tre sommovimenti
Fino ad oggi, sono tre i grandi sommovimenti che hanno scosso il doppio quinquennato di Macron (Fressoz, 2023); essi non sembrano apparentemente avere un grande rapporto tra di loro, ma hanno comunque in comune il fatto di portare allo scoperto tre difficoltà strutturali cui si trova di fronte il paese transalpino e certamente non solo esso.
Il primo sommovimento, quello dei gilets jaunes, il più risalente, mostra, tra l’altro, le contraddizioni di una politica di transizione ecologica, sulla quale in Francia come del resto in Italia non si riesce a ottenere un ampio consenso politico e sociale, anche perché esso è minato dai forti interessi costituiti e dalla incapacità, oltre che dalla scarsa voglia, dei governi di tutti i colori di gestire questo difficile passaggio; il secondo rimanda all’ardua impresa del finanziamento del modello sociale, modello già fiore all’occhiello del paese, ma sul quale di nuovo non si riesce ad ottenere alcuna analisi condivisa nella società, mentre comunque il debito pubblico esplode sino a livelli quasi italiani e lascia, senza volere toccare i ricchi con una maggiore tassazione (cosa che nessun governo vuole fare, anche altrove), pochi margini agli interventi, se non ovviamente a quelli per gli armamenti; il terzo sommovimento mostra da una parte gli errori e le derive di una polizia male formata e troppo sollecitata negli ultimi tempi (ma le cui politiche di intervento hanno preso decisamente un indirizzo di repressione molto dura), dall’altra la crisi dell’integrazione delle periferie, nell’ambito di un più ampio problema della crescita delle diseguaglianze economiche (anche in questo caso il problema non è certo una questione soltanto francese).
Il razzismo istituzionalizzato
La collera delle ultime settimane ha toccato tutto il territorio francese, dalle grandi agglomerazioni ai comuni più piccoli ed essa testimonia una crisi insieme di sicurezza, sociale, politica, educativa, con la presenza di mali strutturali ben conosciuti e mai risolti (Bronner, 2023). Questo fallimento è testimoniato dai livelli di disoccupazione più elevati nelle banlieue che nel resto della Francia, dal diverso grado di tutela della salute, con una speranza di vita più corta nelle prime, da quello infine dell’educazione, con un abbandono scolastico più elevato nelle banlieue. Va inoltre considerato in generale che “gli stanziamenti pubblici per abitante sono più elevati per i comuni ricchi rispetto a quelli poveri; così il denaro pubblico esacerba le diseguaglianze iniziali invece di cercare di ridurle… e il blocco al potere continua a spiegare che non è alla vista alcuna redistribuzione supplementare” (Piketty, 2023).
Ma la discriminazione più brutale riguarda la polizia e i tribunali (anche se di questi ultimi si parla relativamente poco). La crisi ha messo a nudo in particolare la presenza di un forte razzismo presente nella polizia, ma anche più in generale nella società francese. Da dove viene tutto questo?
Guardando lontano e come suggerisce ad esempio Padraic X. Scanlan in un suo testo recente sull’impero britannico (Scanlan, 2020) “…le politiche contro la schiavitù dissolsero a suo tempo l’asservimento coloniale nei territori d’oltremare, ma mantennero la supremazia bianca…la Gran Bretagna moderna ha preservato l’eredità e le contraddizioni di un impero liberale costruito sulla schiavitù.” Tale razzismo di origine coloniale è stato poi ancora di più alimentato in particolare in Francia dalla lotta contro i movimenti di liberazione nazionale, prima in Indocina, poi in Algeria ed altrove. “L’uscita dalla guerra in Algeria non si è fatta in un giorno: è profondamente radicata in una parte delle autorità e della popolazione francese la convinzione che una parte degli abitanti del paese…non vi deve avere un vero posto” (Chemin, 2023, a).
Ricordiamo, tra i tanti episodi che si potrebbero segnalare in proposito, come nell’ottobre del 1961 la polizia represse in un mare di sangue una manifestazione di algerini a Parigi (polizia allora guidata dal prefetto Maurice Papon, condannato nel 1997 per crimini contro l’umanità per il ruolo assunto nella deportazione antisemita all’epoca di Vichy). Si registrarono in quella occasione decine di morti per le pallottole, mentre alcuni algerini furono gettati nella Senna e morirono annegati e mentre centinaia di essi furono feriti a sangue freddo in prigione a colpi di bastone (Benaissa, 2023).
Ci troviamo di fronte alla distinzione tra i francesi di razza pura e quelli “di carta” (che hanno cioè solo il vantaggio di aver ottenuto i documenti di cittadinanza senza meritarla). Siamo in sostanza ad una nuova invasione dei “mori”, dopo quella dei tempi di Orlando. La stesso Macron ha parlato a questo proposito di “decivilizzazione” della Francia, riprendendo una parola d’ordine della destra più estrema, i cui slogan, del resto, sono ormai diventati, ahimè, senso comune nel paese.
In ogni caso il capitalismo moderno enfatizza da parte sua la “libertà” per gli individui e per i mercati, ma essa è basata sulla servitù umana, sulle differenziazioni acute, sulle discriminazioni.
Il razzismo sembra essere ancora oggi fortemente presente in tutti i paesi occidentali, sia pure con caratterizzazioni e intensità diverse da paese a paese. A chi scrive è capitato di chiedere a diversi immigrati la loro opinione in proposito e ha dovuto registrare una sostanziale unanimità di pareri sul fatto che la Francia sia un paese razzista, anche se anche a loro dire non è certo il solo.
Il rifiuto dei valori occidentali
La cosa può apparire forse sorprendente, ma i giornali raccontano che in particolare i ragazzi di origine maghrebina rifiutano oggi in toto la società francese e i suoi valori, mentre il loro paese faro è l’Algeria, dove molti cercano di recarsi il più frequentemente possibile e mentre essi tendono anche a vestirsi secondo il tipico abbigliamento tradizionale arabo-mussulmano, cosa che in passato era caduta in disuso. Il modello che attirava a suo tempo nel paese i loro padri e i loro nonni non sembra così suscitare più alcun interesse nei giovani.
Per alcuni versi si potrebbe intravedere in tale questione una qualche analogia con il fatto che gran parte dei paesi in via di sviluppo negli ultimi mesi, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e il varo delle relative sanzioni, si rifiutano sostanzialmente in blocco di prendere posizione a favore delle tesi occidentali, mentre molti di essi corrono ad arruolarsi nei raggruppamenti dei Brics e della Sco, con le relative emanazioni di vario tipo, organizzazioni nelle quali è forte il peso della Russia e della Cina e mentre cercano anche di spingere in direzione dei processi di dedollarizzazione. Segni di un passaggio epocale?
La cultura della rivolta
Molti hanno sottolineato come nella rivolta non ci siano segni di programmi politici o almeno di riferimenti culturali. Ma in realtà, su questo secondo fronte, i giovani in rivolta fanno riferimento alla dimensione della musica rap. Nel rap francese (Birnbaum, 2023) come in quello Usa, “…l’antagonismo dei giovani con la polizia appare fondamentale”… “Sino a qualche tempo fa con musicisti come Brassens la tradizione antipolizia che esiste da lungo tempo in Francia si rifaceva piuttosto ad un humour libertario. Che i rappeur di oggi siano in maggioranza dei figli di immigrati ha cambiato il dato di base…”.
“…Essa (la rivolta) appare nutrita di un’esperienza secolare di razzismo istituzionale e di delitti da parte della polizia, così come di una controcultura afro-americana di tipo strutturale. In un certo senso rendendo conto dell’aspetto tragico della desocializzazione (la scuola e la famiglia sono descritte come delle istituzioni vacillanti) la cultura rap colma in qualche modo il vuoto sociale e culturale…” (Birnbaum, 2023).
Il pugno di ferro del Governo Macron
Sino a questo momento, una rapida, dura e sistematica risposta giudiziaria verso le rivolte, come del resto chiesto dal ministro della giustizia, sono state le sole mosse del potere rispetto al disordine che ha spazzato le città francesi, tanto che qualcuno ha scritto che il problema non è la polizia, ma la magistratura. Dopo i moti ci sono state 1278 sentenze dei tribunali, con il 95% di casi di condanne; 1056 persone sono state condannate a una pena carceraria con rito sommario. In certi casi gli avvocati difensori degli arrestati avevano soltanto 30 minuti per preparare la difesa (Porter, Guéron-Gabrielle, 2023). Così Macron ha potuto affermare, contento, dopo qualche giorno, che l’ordine era stato ristabilito.
In un certo senso il Governo ha mostrato una straordinaria creatività nell’ignorare le ragioni della rabbia delle banlieue, che hanno radici nella povertà, nella precarietà, nel trattamento pesante da parte della polizia; il ministro della giustizia se la è presa con i genitori dei ragazzi, mentre sempre Macron ha messo nel mirino i social e i videogame e mentre il portavoce del governo ha affermato che la violenza nelle banlieue non contiene alcun messaggio politico, ma è solo saccheggio. Sempre Macron ha lodato la professionalità della polizia e ha dichiarato “siamo con voi”. Intanto Il ministro dell’economia chiedeva fermezza. L’indurimento del tono del capo dello Stato e del suo governo illustra ancora una volta la crisi esistenziale del governo Macron e in particolare in questo caso l’incontro mancato con le banlieue dopo le speranze suscitate in molti ambienti al momento della sua elezione nel 2017; nel novembre del 2016, al momento di lanciare la sua candidatura alle presidenziali, egli aveva dichiarato che si impegnava a fare di più per quelli che avevano meno (Trippenbach, 2023).
Significativo dell’attuale situazione francese appare il fatto che si è sviluppato nel paese, nell’opinione pubblica, un moto di simpatia verso la polizia piuttosto che verso gli immigrati. La colletta per il poliziotto arrestato ha raccolto molti più soldi di quella per la famiglia della vittima.
Razzismo nella polizia e risentimento nelle Banlieue
Per altro verso, (Truong, 2023) ogni adolescente di questi quartieri conserva nella memoria ricordi di alterchi con la polizia; i controlli di identità sotto casa sono sgradevoli ed umilianti ( un cittadino di origine africana ha la probabilità di essere fermato dalla polizia per controlli 20 volte di più di uno bianco, Abboud, Klasa, 2023), generano stress e nutrono alla lunga un profondo risentimento, sottintendendo che la presenza di questi adolescenti anche nei pressi di casa non è legittima e deve essere giustificata.
Ma il problema sta forse nel fatto che il regime di Macron ha lavorato con la polizia e governato con la sua violenza. La sua brutalità si è dispiegata con sicurezza (Bock, 2023).
I due principali sindacati della polizia hanno rilasciato una dichiarazione incendiaria nella quale essi affermano di essere in guerra con i parassiti e le orde selvagge, minacciando implicitamente anche il governo. Un gruppuscolo legato agli ambienti polizieschi ha dichiarato “diciamo bravo ai colleghi che hanno aperto il fuoco su di un giovane criminale di 17 anni …i soli responsabili di questi teppisti sono i genitori, incapaci di educare i loro figli” (Prissette, 2023). E pensare che nel primo dopoguerra la polizia era per una parte consistente vicina alle posizioni del partito comunista.
Quaranta anni dopo la marcia in Francia per l’eguaglianza e contro il razzismo che denunciava nel 1983 le morti violente e il trattamento ingiusto da parte dei tribunali il paese non è avanzato su tali questioni ed anzi su alcuni fronti esso è arretrato (Benzine, 2023). Non si è fatto quasi nulla per costruire delle relazioni più equilibrate tra le popolazioni povere delle banlieue e la polizia; di fronte all’aumento delle povertà e della disperazione nei quartieri popolari si sono soprattutto sviluppate le tecniche di mantenimento dell’ordine copiate su quelle degli Usa e di Israele, tecniche efficaci per quanto riguarda il controllo dell’ordine pubblico, ma che hanno accresciuto le tensioni tra la polizia e le popolazioni distruggendo ogni comunicazione tra i due attori (Benzine, 2023).
L’attuale ministro dell’interno, Gerard Darmarin, ha fatto della polizia un corpo autonomo, un quarto potere al suo servizio, con una visione tipica di uno stato di polizia come sogna l’estrema destra, a cui sta servendo il piatto, secondo le dichiarazioni di un esponente del partito di Melenchon (Albertini, 2023).
Così quando l’Onu ha chiesto al governo francese di prestare attenzione alla questione del razzismo e delle discriminazioni nella polizia francese la autorità hanno risposto che tale accusa era totalmente infondata (Bock, 2023). Ma nel solo 2022 si sono registrate in Francia 26 sparatorie con risultati mortali da parte della polizia francese, contro soltanto 2 da parte di quella britannica (Burn-Murdoch, 2023). Per altro verso, la polizia britannica e soprattutto poi quella tedesca hanno un altro modo di agire. Intanto il prefetto dell’Herault a proposito dei ragazzi che hanno partecipato alle rivolte ha dichiarato: “due schiaffi e a letto”.
La posizione ambivalente di Melenchon
Les Républicains, già a lungo partito di governo e che da tempo sta andando sempre più verso destra dopo aver perso la bussola a causa dei suoi fallimenti elettorali, delle mutevoli posizioni del macronismo e della spinta lepenista, non ha trovato di meglio che mettersi sulla strada dei neo-facisti, adottando la loro escalation ideologica e le loro ossessioni programmatiche (July, 2023).
Il partito ha avanzato le sue proposte di riforma per restaurare l’ordine pubblico: aumentare il numero dei posti nelle carceri, con l’apertura di nuovi edifici riservati ai minori, applicare già a 16 anni il regime penale per gli adulti, spingere sulle pene penitenziarie a spese di quelle alternative, ritirare la doppia nazionalità ai criminali ed infine la messa in opera in certi casi di una responsabilità penale dei genitori dei delinquenti. Voilà, per loro la questione è risolta.
Da canto suo, naturalmente anche in questo caso la sinistra appare molto divisa, tanto che si teme una rottura dell’alleanza stipulata a suo tempo all’interno di tale area. Melenchon ha dichiarato che mentre “i cani da guardia ci appellano alla calma noi ci appelliamo alla giustizia”, “la collera che si esprime è legittima, sono i poveri che insorgono”; “non ci stiamo a fare i pompieri”. Le dichiarazioni dell’uomo politico, che ha parlato anche di razzismo sistemico da parte della polizia e di una parte anche della società, hanno suscitato molte simpatie negli ambienti più radicali della sinistra, ma anche dissenso dalla sua parte più moderata. I rappresentanti del partito comunista hanno dichiarato che “le violenze non sono utili alla nostra lotta”, mentre i socialisti si sono opposti alla condanna senza sfumature delle forze dell’ordine.
Sostiene Zizek, la Sinistra deve garantire anche l’ordine pubblico
Il filosofo sloveno Slavoj Zizek ha tratto delle conclusioni particolari dalla rivolta dei ghetti francesi (Zizek, 2023). Pur riconoscendo tutte le ragioni dei dimostranti, egli sottolinea nel suo scritto che se la legge e l’ordine non sono rapidamente ristabiliti in Francia il risultato finale potrebbe essere l’elezione di Marin Le Pen alla presidenza della repubblica. Zizek fa anche riferimento ai fatti statunitensi (con il partito repubblicano su posizioni sovversive) e della Russia per concludere che la sinistra deve appropriarsi dello slogan dell’ordine pubblico. “…Di fronte alle catastrofi naturali, ai problemi della sanità pubblica, alle instabilità sociali, afferma l’autore, le forze progressiste devono cercare di impadronirsi e di utilizzare il potere dello Stato non solo per calmare i timori della popolazione di fronte ai disordini, ma anche per combattere le loro radici- razziste, xenofobe, sessiste, anti-progressiste- artificialmente create per mantenere le popolazioni sotto controllo”. “…La sinistra non deve temere di aggiungere ai suoi compiti quello di assicurare la sicurezza della gente comune. L’insicurezza fa molto più male ai poveri piuttosto che ai ricchi che vivono tranquillamente nei loro ghetti dorati…”. Per Zizek non bisogna lasciare il problema nelle mani della destra.
La Francia vira a destra?
La Francia -come del resto molti altri paesi europei e l’Italia certamente in prima fila, si trova da decine di anni di fronte a dei problemi molto importanti che non riesce o non ha voglia di risolvere. Così ad esempio quello, fondamentale, della crescita delle diseguaglianze nel tempo è un tema comune a quasi tutti i paesi occidentali senza che nessuno se ne sia sino ad oggi occupato in misura rilevante anzi in generale provvedendo essi ad aumentarle invece che a ridurle.
Nel caso specifico della rivolta delle banlieue poi, a parte il Governo, né i movimenti sociali, né i partiti politici riescono a trasformare in azioni organizzate, in progetti, il sentimento di abbandono degli abitanti delle stesse (Chemin, 2023, b).
Intanto l’opinione pubblica, per la gran parte, vira a destra. Questa deriva deleteria è il frutto di almeno tre tipi di panico: il panico identitario alimentato dalla concorrenza generalizzata e su cui soffiano sul fuoco i demagoghi, il panico economico legato al forte aumento delle diseguaglianze e il panico ecologico. La destra indica la promessa di una forma di restaurazione dell’ordine collettivo, senza poi ovviamente essere in grado di mantenerla poiché, tra l’altro, non rompe con il neoliberismo (Caillé, 2023). Ma anche la pessima gestione del Governo contribuisce comunque ad aprire nel paese la via alla Le Pen.
Come è ben noto, il movimento verso destra tocca ormai la gran parte dei paesi europei. È come se un potere occulto abbia deciso che i governi di tale colore siano meglio in grado di gestire e di nascondere l’inevitabile processo di decadenza dei paesi del nostro continente, ma insieme anche i profitti e le rendite della classe dominante. Il loro lavoro sarà del resto facilitato da una società del controllo e della sottomissione che sta avanzando e che è resa possibile dalle tecnologie dell’informazione e dell’intelligenza artificiale (Morin, 2023).
Testi citati nell’articolo
-Abboud L., Klasa A., Emmanuel Macron walks tightrope with French police after teenager’s death, www.ft.com, 5 luglio 2023
-Albertini A., Darmarin aux petits soins avec la police, Le Monde, 7 luglio 2023
-Benaissa H., La mort de Nahel M. s’inscrit dans la continuité…, Le Monde, 16-17 luglio 2023
-Benzine R., La seule question après la peine…, Le Monde, 3 luglio 2023
-Birnbaum J. (a cura di), « Dans le rap, les violences policières sont centrales », Le Monde, 14-15 luglio 2023
-Bock P., Of course Macron won’t tackle police violence- he knows his power depends on it, www.theguardian.com, 4 luglio 2023
-Bronner E., Les lecons d’émeutes sans précédent, Le Monde, 8 luglio 2023
-Burn-Murdoch J., How entrenched inequalities have become, www.ft.com, 7 luglio 2023
-Caillé A., Extreme droite et autoritarisme partout, pourquoi ?, Le bord de l’eau, Parigi, 2023
-Chemin A., La France ha une histoire longue de la racialisation de l’emprise policière, Le Monde, 4 luglio 2023, a
-Chemin A., Tout se passe comme si…., Le Monde, 4 luglio 2023, b
-Fressoz F., L’énigme francaise, Le Monde, 5 luglio 2023
-July S., La droite francais, encore une foi la plus bete du monde, Liberation, 10 luglio 2023
-Morin E., «Adesso ho paura per la democrazia», intervista a cura di A. Ginori, La Repubblica, 16 luglio 2023
-Piketty T., La France face à ses fractures territoriales, Le Monde, 9-10 luglio 2023
-Porter C., Guéron-Gabrielle J., After protests, France holds hasty trials for hundreds, www.nytimes.com, 4 luglio 2023
-Prissette N., A’ fond dans la baston, Franc-tireur, 5 luglio 2023
-Scanlan P. X., Slave empire, how slavery built modern Britain, Robinson, Londra, 2020
-Trippenbach I., Macron et les banlieues, le rendez-vous manqué, Le Monde, 7 luglio 2023
-Truong F., La colère del quartiers est politique…, Le Monde, 1 luglio 2023
-Zizek S., The left must embrace law and order, The New Stateman, 4 luglio 2023