IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

L’europeo russo di Dostoevskij

Solo il russo ha già avuto la capacità di diventare soprattutto russo solo quando è diventato soprattutto europeo.

«Feci un sogno per me del tutto inatteso, perché non ne avevo mai fatto di simili prima d’allora. Nella pinacoteca di Dresda c’è un quadro di Claude Lorrain indicato in catalogo come Aci e Galatea; io però l’ho sempre chiamato L’età dell’oro, non so nemmeno io perché. L’avevo già visto anche in precedenza, e adesso, tre giorni prima, di sfuggita l’avevo notato nuovamente. Sognai appunto questo quadro, ma non come un quadro, bensì come se fosse la realtà. D’altronde non so che cosa sognassi veramente: proprio come nel quadro, un angoletto dell’arcipelago greco e anche il tempo, inoltre, sembrava essere tornato indietro di tremila anni; le onde azzurre e carezzevoli, isole e scogli, una costiera lussureggiante, in lontananza un magico panorama, un tramonto affascinante: a parole non si riesce a descrivere tutto ciò. È qui che l’umanità europea ricorda di aver avuto la propria culla e la consapevolezza di ciò riempì anche la mia anima di amore filiale. Qui è stato il paradiso terrestre dell’umanità: gli dei scendevano dai cieli e stringevano legami di parentela con gli uomini… Oh, qui vivevano degli uomini meravigliosi! Essi si destavano e si addormentavano felici e innocenti; i prati e i boschi echeggiavano dei loro canti e delle loro allegre grida; la grande sovrabbondanza di forze intatte veniva profusa nell’amore e nella gioia innocente. Il sole li inondava di calore e di luce rallegrandosi dei propri splendidi figli…
Meraviglioso sogno, sublime illusione dell’umanità! L’età dell’oro è il sogno più inverosimile tra tutti, ma per esso gli uomini hanno dato tutta la propria vita e tutte le proprie forze, per esso sono morti e sono stati uccisi i profeti, senza di esso i popoli non vogliono vivere e non possono neppure morire! E tutta questa sensazione io l’ho come vissuta in questo sogno; gli scogli e il mare e i raggi obliqui del sole che tramontava, tutto questo mi sembrava ancora di vederlo quando mi svegliai e aprii gli occhi letteralmente intrisi di lacrime. Ricordo che ero contento. Una sensazione di felicità ancora a me sconosciuta mi trafisse il cuore fino a farmi male; era l’amore per l’umanità intera. Era ormai sera; dalla finestra della mia piccola camera, attraverso i fiori sul davanzale, entrava un fascio di raggi obliqui inondandomi di luce. Ed ecco, amico mio, ed ecco che questo sole al tramonto del primo giorno dell’umanità europea che avevo visto nel mio sogno, quando mi svegliai, nella realtà, si trasformò per me immediatamente nel sole al tramonto dell’ultimo giorno dell’umanità europea!
Allora in particolare sembravano risuonare sopra l’Europa i rintocchi della campana a morto. Non parlo soltanto della guerra e delle Tuileries; anche senza di ciò sapevo che, presto o tardi, tutto sarebbe finito, tutto il volto del vecchio mondo europeo; ma io, come europeo russo, non potevo ammetterlo. Sì, allora essi avevano appena bruciato le Tuileries… Oh, non preoccuparti, so che era “logico” e capisco fin troppo bene l’inoppugnabilità delle idee correnti, ma, come portatore del pensiero culturale russo superiore, non potevo ammetterlo, perché il pensiero culturale russo superiore è la riconciliazione generale di tutte le idee. E chi allora, in tutto il mondo, avrebbe potuto comprendere un simile pensiero? Io peregrinavo da solo. Non parlo di me personalmente, parlo del pensiero russo. Laggiù c’erano la rissa e la logica; laggiù il francese era soltanto un francese e il tedesco soltanto un tedesco, e ciò più intensamente che in tutta la loro storia; di conseguenza mai il francese ha tanto danneggiato la Francia, e il tedesco la Germania, quanto proprio in quel periodo!
Allora, in tutta l’Europa non v’era un solo europeo! Io soltanto, in mezzo a tutti i “petrolieri”, potevo dir loro in faccia che le loro Tuileries erano state un errore; e soltanto io, in mezzo a tutti i conservatori vendicatori, potevo dire ai vendicatori che le Tuileries, sebbene fossero state un delitto, erano tuttavia la logica. E questo perché, ragazzo mio, io solo, in quanto russo, ero allora l’unico europeo in Europa. Non sto parlando di me, sto parlando di tutto il pensiero russo.
Io peregrinavo, amico mio, peregrinavo ed ero fermamente consapevole che dovevo tacere e peregrinare. Ma, tuttavia, provavo tristezza. Io, ragazzo mio, non posso fare a meno di avere un alto concetto della mia nobiltà. Tu ridi, mi sembra?
[…]
«Sì, ragazzo, ti ripeto che io non posso fare a meno di avere un alto concetto della mia nobiltà. Da noi, nel corso dei secoli si è formata una sorta di tipo culturale superiore mai visto ancora da nessun’altra parte, di cui non v’è l’uguale nel mondo intero, il tipo della sofferenza universale per tutti. Si tratta di un tipo russo, ma, dato che esso scaturisce dallo strato superiore del popolo russo, io ho l’onore di appartenervi. Esso porta in sé il futuro della Russia. Noi siamo forse soltanto mille persone, forse più, forse meno, ma tutta la Russia finora ha vissuto soltanto per produrre questi mille. Si dirà che sono pochi, ci si indignerà del fatto che per mille persone siano stati spesi tanti secoli e tanti milioni di vite. Secondo me, però, non sono pochi.
[…]
«Emigrai», proseguì, «e non rimpiangevo nulla di quello che mi ero lasciato dietro.
Fino a quando vi ero rimasto, avevo servito la Russia per quanto era nelle mie forze; dopo averla lasciata continuavo egualmente a servirla, soltanto per il fatto che avevo ampliato la mia idea. Ma, servendola in questo modo, la servivo assai più che se fossi stato soltanto un russo, analogamente a come il francese era allora soltanto un francese e il tedesco un tedesco. In Europa questo ancora non lo capiscono.
L’Europa ha creato nobili tipi di francesi, inglesi e tedeschi, ma ancora non sa quasi niente del suo uomo futuro. E sembra che ancora non ne voglia nemmeno sapere. Ed è comprensibile: non sono liberi, mentre noi siamo liberi, mentre noi siamo liberi. Solo io allora, in Europa, con la mia malinconia russa ero libero[…]
Osserva, amico mio, una stranezza: ogni francese può servire non solo la sua Francia, ma addirittura anche l’umanità, solo alla condizione di rimanere soprattutto francese; lo stesso l’inglese e il tedesco. Solo il russo, perfino nel nostro tempo, cioè molto prima di quando verrà tirato un bilancio totale, ha già avuto la capacità di diventare soprattutto russo solo quando è diventato soprattutto europeo.
Ed è proprio questa la nostra più essenziale diversità dagli altri, e a questo riguardo, da noi tutto si presenta diversamente. Io in Francia sono francese, con un tedesco, tedesco, con un antico greco, greco, e con tutto ciò sono soprattutto russo. In questo sono un vero russo, e servo soprattutto la Russia, in quanto evidenzio il suo pensiero principale.
Sono un pioniere di questo pensiero. Allora io emigrai, ma abbandonavo forse la Russia? No, continuavo a servirla. Anche se non facevo niente, in Europa, anche se andavo solo vagabondando (e lo sapevo che sarei andato solo vagabondando), ma era sufficiente anche solo che fossi andato là con il mio pensiero e con la mia consapevolezza. Avevo portato là la mia malinconia russa.
Oh, non era solo il sangue di allora che mi aveva spaventato cosi, e nemmeno le Tuileries, ma tutto quel che doveva seguire. È destino che debbano azzuffarsi ancora a lungo, perché… sono ancora troppo tedeschi e troppo francesi, e non hanno ancora terminato il loro compito in questi ruoli. E ancora mi dispiace per le distruzioni.
Per un russo l’Europa è preziosa quanto la Russia: ogni sua pietra gli è dolce e cara. L’Europa è stata la nostra patria come la Russia.
Oh, di più! Non si può amare la Russia più di quanto l’ami io, ma non mi sono mai rimproverato perché Venezia, Roma, Parigi, i tesori delle loro scienze e delle loro arti, tutta la loro storia, mi sono cari più della Russia. Oh, ai russi sono care quelle antiche pietre altrui, quelle meraviglie del vecchio mondo di Dio, quei frammenti di sacri prodigi; e questo è più caro a noi che a loro! Loro hanno altri pensieri e sentimenti, e hanno smesso di aver care le vecchie pietre…
Là un conservatore si batte solo per l’esistenza, e un pétroleur si dà da fare solo per il diritto a un pezzo di pane.
Solo la Russia non vive per sé, ma per il pensiero, e devi ammettere, amico mio, è notevole che già da quasi un secolo la Russia non viva per sé, ma per l’Europa! E loro? Oh, loro sono destinati a terribili sofferenze, prima di raggiungere il regno di Dio.
[…]
Be’, sì, ero felice: potevo forse essere infelice con una tale malinconia? Non c’è nessuno più libero e felice del vagabondo russo europeo appartenente al nostro migliaio. Lo dico davvero senza ridere e in ciò c’è molto di serio. Sì, non avrei scambiato la mia malinconia con nessun’altra felicità. In questo senso io sono sempre stato felice, mio caro, per tutta la mia vita».

[Estratto da Fëdor Dostoevskij, L’adolescente, trad. it. Eva Amendola Kuhn, Einaudi 2017]

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