Il paradigma sviluppista
Non basta, come ha fatto in questi giorni il World Food Programme, chiedere di “limitare la crisi alimentare globale”. Non bastano misure emergenziali (la riapertura dei porti nell’area di Odessa, nell’Ucraina meridionale), servono da subito misure strutturali. È necessario un diverso paradigma, un radicale abbandono della concezione quantitativa dello sviluppo (in primis nel campo agro-alimentare), nell’illusoria convinzione che aumentare la produzione di cibo sia una condizione sufficiente per ottenere la sicurezza alimentare, per evitare carestie e crisi globali. È il tema, non più rinviabile, di una sovranità alimentare e di una sovranità sulla biodiversità già codificate in alcune legislazioni “ecologiche” (in particolare in quelle dei Paesi andini). Una sovranità correttamente intesa come autonomia e controllo democratico-comunitario delle materie prime della terra e delle risorse agro-alimentari.
Una sovranità alimentare correttamente intesa
Fuori da ogni tentazione protezionista, autarchica, sovranista, ma come poter delle persone, delle comunità e degli Stati di definire e di determinare il proprio sistema alimentare e agro culturale e di attuare politiche che favoriscano la propria produzione agricola sia nei mercati internazionali che locali.
La globalizzazione è in via di trasformazione, lo ha detto persino Pascal Lamy, ex commissario Ue al commercio. L’Unione può uscirne indebolita o rafforzata. Ne uscirà rafforzata se saprà essere meno sviluppista, più giusta al suo interno e al suo esterno. Il che significa cominciare da subito a mettere fine alla guerra in Ucraina sui tavoli della diplomazia. Da protagonista, non da comprimaria che lascia agli Stati Uniti il compito di imporre una narrazione che affianca Mosca a Pechino secondo una visione conflittuale del tipo “l’occidente contro gli altri”. Lungo questa strada muscolare, difficilmente il diritto ad una vita dignitosa fuoriuscirà dai confini retorici di un imperativo morale per diventare un vero e cogente diritto umano fondamentale. Il modo in cui le risorse sono prodotte e distribuite, più che la loro scarsità, è la via maestra per combattere l’infame sofferenza della fame e le infami guerre che l’alimentano.