Di cosa ci parlano nel profondo, al di là della contingenza e della cronaca, l’assalto all’ambasciata francese in Niger e il tentativo di colpo di Stato in corso in quel Paese? Ci parlano dell’onda lunga dell’anticolonialismo, assai più che della Wagner e di Putin come invece preferiscono credere i cultori prezzolati del pettegolezzo da talk show e della geopolitica complottista. Anche se è proprio al cospetto del Presidente russo che è stato pronunciato sul “tema” uno dei discorsi più virali delle ultime settimane.
A pronunciarlo il capitano Ibrahim Traoré nel corso del Vertice Russia-Africa tenutosi lo scorso luglio a San Pietroburgo. Il presidente a interim del Burkina Faso ha spiegato a un Putin che lo ascoltava, sino a un certo punto compiaciuto, che finito il “secolo breve”, i secoli lunghi del colonialismo imperialista sono tutt’altro che finiti. E che c’è una generazione di giovani africani che ha cominciato finalmente a capirlo.
“Non capiamo – ha detto enfaticamente ma senza tanti fronzoli – perché l’Africa con tante ricchezze nel sottosuolo, una natura generosa, sole in abbondanza, acqua, è oggi il continente con le popolazioni più povere (…) non abbiamo risposte”. E allora quella risposta l’Africa comincia darsela da sé: “i giovani della mia generazione mi incaricano di dire che a causa della povertà sono obbligati ad attraversare il mare per cercare di arrivare in Europa. Muoiono in mare. Ma presto non attraverseranno più. Andranno davanti ai palazzi governativi per cercare il necessario” perché lo schiavo che non è capace di rivoltarsi contro la propria sorte non merita che si provi pietà per la sua sorte.”.
Quelli di Ibrahim Traoré non sono comodi sentimenti da salotto. In “Burkina Faso, da otto anni siamo costretti ad affrontare la manifestazione più barbara e violenta del neocolonialismo, dell’imperialismo, la schiavitù che cercano ancora di imporci (…). Noi non ci commiseriamo e non chiediamo compassione: il popolo burkinabè ha deciso di lottare contro il terrorismo. In questa lotta, tanti volontari hanno preso le armi contro il terrorismo”.
Gli imperialisti – ha proseguito il giovane Capitano – rappresentano questi volontari come “milizie” di delinquenti “che non rispettano i diritti umani”. Eppure “quando in Europa le popolazioni hanno imbracciato le armi per difendere la patria, sono stati definiti patrioti”. Il volto di Putin, prima intimamente compiaciuto ha cominciato a tradire qualche perplessità, specie quando Ibrahim Traoré gli si è rivolto direttamente per ringraziarlo per l’annunciato invio di cereali in Africa: “al prossimo forum non dovremo venire qua senza aver assicurato l’autosufficienza alimentare dei nostri popoli”.
Nessun imbarazzo e perplessità a Parigi. Della storia dei secoli lunghi, l’ineffabile e sclerotico Emmanuel Macron vuole solo perpetuare il lato brutale del colonialismo e del neocolonialismo. Con la complicità di Bruxelles. La Francia – molti, troppi, fanno finta di non vedere l’inganno – sta anzi cercando di insabbiare l’Europa nella sua guerra africana per dividere i costi, la retorica e le colpe, incassando i profitti. Difenderemo i nostri valori e i nostri interessi, è il coro quasi unanime di un Occidente senza lucidità e senza pudore.
Pensieri brevi, totalmente distonici rispetto alle urgenze del presente. E, ancor più distonici rispetto alle domande inevase dei secoli lunghi, alle promesse di giustizia sociale tra i popoli non mantenute. Farebbe bene Putin – purtroppo, non lo farà, al pari dei leader delle potenze dell’atlantismo cieco – a riascoltare le parole politiche, densamente politiche, di quel giovane ospite africano. Lo abbiamo ripetuto tante volte (ci perdoneranno i lettori), l’Europa “vecchia e nuova”, “occidentale e orientale” sta invecchiando, e sta invecchiando male.