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cultura politica e costituzionale

IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

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IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Aziende tecnologiche e politica, da Zuckerberg a Musk

Dietro il cambio di paradigma delle big tech c’è il declino Usa e l’ascesa della Cina. L’Unione europea sta facendo ciò che sa fare meglio, fuggire in avanti con operazioni di marketing. A partire dal Rearm Europe, simbolo dell’assenza di una politica di difesa europea.

L’immagine dei leader delle grandi aziende tecnologiche all’insediamento di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti simboleggia, tra le tante cose, un cambio di paradigma nel rapporto tra aziende tecnologiche e potere, che si era manifestato in precedenza con il sostegno di E. Musk al candidato repubblicano, mettendo al suo servizio il proprio social network, X, l’ex Twitter.

Il “periodo Zuckerberg”

Fino ad allora, le aziende tecnologiche si erano limitate a sostenere Trump in modo silenzioso, attraverso una propaganda subliminale (come ha fatto Facebook nelle elezioni presidenziali del 2016) e attraverso una specifica configurazione dei propri algoritmi anch’essa nascosta (come ha fatto anche Facebook nel 2021 con il candidato già sconfitto, nonostante lo abbia espulso da tutti i suoi social network, come rivelato dal New York Times in un’inchiesta specifica sul ruolo svolto da questo social network nell’assalto al Campidoglio)[i].

Nel “periodo Zuckerberg” delle compagnie tecnologiche, queste ultime avevano ambizioni limitate. Facebook ha promosso D. Trump al potere, ma in nessun momento ha pensato di occuparlo per uno scopo specifico. La loro motivazione implicita (forse nemmeno voluta) era più semplice: da un lato, eludere i controlli dell’amministrazione statunitense, bloccando la politica con la promozione di un candidato populista dal carattere imprevedibile. Dall’altro, avere il sostegno dell’amministrazione Trump per evitare i controlli internazionali sulle aziende tecnologiche e la pressione fiscale da parte dell’UE e dei suoi Stati membri e per rallentare l’avanzata delle aziende tecnologiche cinesi.

La seconda amministrazione Trump dà inizio a una nuova fase del rapporto tra social network e potere politico: il “periodo Musk”. Il profilo è molto diverso, perché nel primo periodo le aziende tecnologiche si concentravano sul proprio business senza avvicinarsi alla politica, se non per evitare interferenze da parte dei diversi poteri pubblici che potevano controllarle. Il carattere formalmente “apolitico” di queste aziende e delle loro reti sociali e applicazioni internet potrebbe essere considerato una questione strutturale. Era insito nella struttura dei social network e nel loro modello di business. Infatti, mentre i media tradizionali hanno un pubblico limitato, che coincide essenzialmente con l’orientamento politico delle loro linee editoriali, i social network hanno un pubblico potenzialmente universale: il pubblico di Facebook o Instagram in Italia è l’intero Paese. Per rendere compatibile questa comunità universale di utenti in ogni Paese con la diversità ideologica che esiste al suo interno, i social network utilizzano degli algoritmi, offrendo a ogni utente ciò che corrisponde maggiormente al profilo ideologico derivato dalla sua attività su Internet[ii].

Questo non significa che le aziende tecnologiche non abbiano promosso determinate opzioni ideologiche. Lo hanno sempre fatto, orientandosi essenzialmente verso il populismo perché permette loro di generare maggiori interazioni sui loro social network e sulle loro app, favorendo così una maggiore raccolta di dati degli utenti per vendere pubblicità (e, se del caso, propaganda politica). Ma lo hanno fatto in modo nascosto, attraverso la configurazione dei loro algoritmi, senza rendere evidenti queste opzioni per evitare che il resto degli utenti abbandonasse il social network. Facebook lo ha fatto attraverso la propaganda subliminale per sostenere Trump nel 2016 e lo ha fatto di nuovo dopo che Trump ha perso le elezioni nel 2020 attraverso le impostazioni del suo algoritmo. Nonostante l’espulsione di Trump dai suoi social network per apparire al pubblico nordamericano (e davanti la nuova amministrazione Biden) come un’azienda che rispetta la Costituzione e la democrazia, la verità è che ha continuato a favorire il discorso trumpista con i suoi algoritmi[iii]. Pertanto, l’espulsione di Trump non ha avuto effetti significativi sullo spazio pubblico perché gli algoritmi di Facebook hanno reso le posizioni politiche di Trump le più favorite sui social network di Facebook.

Il “periodo Musk”

La domanda è: perché E. Musk avrebbe cambiato questo paradigma all’interno del suo social network se poteva sostenere Trump, forse anche in modo più efficace che appoggiarlo espressamente? Perché E. Musk si sarebbe assunto i rischi insiti in questo cambiamento di paradigma della sua rete sociale schierandosi con un candidato alla presidenza degli Stati Uniti? La risposta è chiara: perché voleva avvicinarsi all’amministrazione Trump in cambio di questo esplicito sostegno (che comprendeva anche donazioni finanziarie molto significative alla campagna del candidato). Per E. Musk, il social network X, che ha acquisito nel 2022, aveva solo una funzione strumentale. La sua gestione economica del network è stata disastrosa al punto che già prima delle elezioni presidenziali del 2024 aveva perso tutto il suo valore economico[iv] e ha dovuto integrarlo nella sua società di intelligenza artificiale xAI per cercare di nascondere questo fallimento economico[v]. Un fallimento che ha molto a che fare con la sua politica contro la moderazione dei contenuti, che ha causato una fuga di massa dei suoi inserzionisti pubblicitari, che ora stanno tornando grazie all’influenza politica di Musk[vi]. Inoltre, la sua scommessa politica sta causando anche una fuga di utenti e, cosa più importante per lui, un crollo del valore di Tesla, che era stata la sua azienda di punta[vii].

Le altre aziende tecnologiche, soprattutto quelle che gestiscono i social network e le applicazioni Internet, non avrebbero mai fatto il passo di sostenere una specifica opzione politica perché chiaramente danneggia il loro modello di business e può portare alla perdita di utenti se si considera la struttura dei social network e delle applicazioni Internet, con un pubblico universale. Ma sono stati trascinati da Musk a mostrare una certa vicinanza a D. Trump per evitare i danni che potrebbero derivare da un cattivo rapporto con l’amministrazione statunitense. Il risultato è stato l’immagine all’insediamento di Trump con cui abbiamo iniziato questo testo e che è già un’icona del “periodo Musk” per le aziende tecnologiche, la cui durata è imprevedibile[viii].

Finché durerà, il nuovo rapporto delle big tech con la politica si basa ormai non più sul blocco della politica ma sull’utilizzo della stessa come strumento per i propri fini, tra i quali spiccano gli interessi economici delle varie aziende di E. Musk. Ma ci sono anche interessi generali per tutte le grandi aziende tecnologiche che si sono chiaramente manifestati nelle pressioni sull’UE per non regolamentare e controllare queste aziende[ix], o negli ostacoli alle aziende cinesi, per esempio.

Declino statunitense e ascesa cinese

La transizione dal “periodo Zuckerberg” al “periodo Musk” ha uno sfondo chiaro: l’accelerazione del declino degli Stati Uniti come potenza globale e la tensione con la Cina. Questo declino è particolarmente drastico nella sfera economica e tecnologica. Nel primo caso, il divario con la Cina si è ampliato ogni anno da quando, nel 2014, la Cina è diventata la prima potenza mondiale in termini di PIL misurato in parità di potere d’acquisto (PPP). Le previsioni indicano che entro il 2030 la Cina avrà un PIL (in termini di PPA) quasi doppio rispetto a quello degli Stati Uniti[x]. Per quanto riguarda la tecnologia, abbiamo avuto esempi recenti in molti settori diversi che riguardano anche le aziende tecnologiche, come la comparsa di DeepSeek, che ha causato enormi perdite nel valore di borsa delle big tech e ha dimostrato che le restrizioni volte a impedire lo sviluppo tecnologico della Cina sono state controproducenti per gli Stati Uniti perché sono servite solo a stimolare la creatività delle aziende tecnologiche cinesi[xi]. La guerra in Ucraina, che ha causato tanta distruzione e dolore, non ha giovato agli Stati Uniti quanto alla Cina, che sta emergendo come leader globale per una parte significativa del mondo.

Il neocolonialismo Usa e la fuga in avanti Ue

Le tensioni tra Stati Uniti e Cina hanno avuto un impatto negativo significativo sull’Europa. La frammentazione della globalizzazione sta neutralizzando il ruolo dell’UE di mediazione positiva tra la globalizzazione e gli Stati membri, attraverso la regolamentazione del mercato europeo. Ora, al contrario, si stanno sviluppando mediazioni negative da parte dei leader dei grandi blocchi globali, Stati Uniti e Cina, che favoriscono solo gli interessi di questi due Paesi[xii]. L’amministrazione Trump sta approfondendo questa frammentazione e utilizza tutti gli strumenti a sua disposizione, economici, tecnologici e geopolitici, per ostacolare la regolamentazione europea e sottoporre l’Europa a condizioni che possono essere definite “coloniali”. Da parte sua, l’UE sta facendo ciò che sa fare meglio: fuggire in avanti. Incapace di avere la capacità politica di sviluppare il proprio potenziale tecnologico, economico, energetico e di difesa (i settori in cui le debolezze dell’Europa si sono manifestate in modo drammatico con la guerra in Ucraina), perché ciò richiederebbe una trasformazione dell’attuale modello di integrazione in un modello federale, essa prova operazioni di marketing volte a mitigare il panico generato dalla “non Europa” federale. Tra queste, gli acquisti di armi, che non esprimono una politica di difesa europea, ma piuttosto la sua assenza. Non lo si fa per costruire una politica di difesa europea, ma per non doverla costruire.

[Traduzione dall’originale (in castigliano) di Rosa Iannaccone]

[i] Cfr. S.A. Thompson, C. Warzel, “How Facebook Incubated the Insurrection. Right-wing influencers embraced extremist views and Facebook rewarded them”, The New York Times, 14/01/2021.

[ii] Cfr. F. Balaguer Callejón, La costituzione dell’algoritmo, Le Monnier/Mondadori Milano, 2023. Cfr. F. Balaguer Callejón, “La costituzione dell’algoritmo e le trasformazioni culturali nella società digitale”, lceonline (www.lceonline.eu), 3/2024.

[iii] Lo studio del New York Times citato alla nota 1, dopo l’assalto al Campidoglio e l’espulsione di Trump dai social network, ha evidenziato questo sostegno, dimostrando che gli algoritmi di Facebook hanno favorito il discorso trumpista al punto da essere un fattore rilevante proprio nell’assalto al Campidoglio. Seguendo l’evoluzione di alcuni utenti di Facebook, l’indagine ha mostrato come il numero di like che normalmente ricevevano, insignificante, si sia moltiplicato straordinariamente fino a migliaia di like non appena hanno adottato il discorso trumpista in cui si affermava che le elezioni erano state fraudolente e che Trump era il vero Presidente.

[iv] Cfr. J. Saba K. Kwok, “X, la red social de Elon Musk, es un agujero negro de valor”, El País/CincoDías, 5/10/2023

[v] Cfr. M. Jiménez, “Elon Musk vende la red social X a su propia firma de inteligencia artificial por 33.000 millones de dólares” El País, 29/3/2025.

[vi] Cfr. il rapporto Bloomberg “Los anunciantes vuelven a X de Musk por miedo a Trump: la red puede elevar su publicidad por primera vez desde 2022”, en El País/CincoDías, 26/2/2025.

[vii] Cfr. M. Granda “Tesla se hunde en el inicio de 2025 en Europa: sus ventas caen un 49% mientras el mercado del eléctrico sube un 28%”, El País/CincoDías, 25/3/2025.

[viii]  Una ritirata parziale di Musk è già all’orizzonte: Cfr. M. Vidal Liy “Elon Musk dejará “pronto” su papel en la Casa Blanca, según varios medios estadounidenses”, El País, 2/4/2025.

[ix] Cfr. M.  Jiménez, “Trump amenaza con aranceles a la UE por exigir moderación de contenidos a X y Facebook”, El País, 22/2/2025.

[x] In termini di parità di potere d’acquisto. Secondo le proiezioni, nel 2030 la Cina raggiungerà un PIL di 38008 miliardi di dollari, contro i 23475 miliardi degli Stati Uniti. Cfr. “The Long View. How will the global economic order change by 2050?” PwC, 2017, p. 23: https://www.pwc.com/gx/en/world-2050/assets/pwc-the-world-in-2050-full-report-feb-2017.pdf.

[xi] Cfr. K. Roose, “Why DeepSeek Could Change What Silicon Valley Believes About A.I.” The New York Times, 25/1/2025.

[xii] Cfr. F. Balaguer Callejón, “Il futuro del costituzionalismo in un mondo (ri)globalizzato: mediazioni negative nella globalizzazione frammentata”, Nomos. Le attualità nel diritto – n. 3/2023.

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