IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Diario di pace in terre di guerra

Diario di viaggio di chi ha scelto, come membro di Meditteranea Saving Humans, di essere vicino ai profughi ucraini. Per testimoniare che il sistema non dà risposte ai bisogni fondamentali dell’essere umano. Mentre darle può essere una scelta di pace.

Mediterranea Saving Humans si occupa dal 2018 di osservazione e monitoraggio, ricerca e soccorso a tutela dei diritti umani nel Mediterraneo Centrale, operando con la nave Mare Jonio. Non potendo restare indifferente alla guerra in atto e ai suoi terrificanti effetti in Europa centrale, ha deciso di organizzare, subito dopo lo scoppio del conflitto, convogli con pullman e furgoni attrezzati, con medici e mediatori culturali.
Le missioni “Safe Passage” consegnano aiuti umanitari e accompagnano in Italia chi sta scappando dalla guerra (finora oltre 300 persone), offrono un canale sicuro d’ingresso nell’Unione Europea ed esercitano una concreta solidarietà dal basso sul territorio ucraino, spingendosi fino a Leopoli, Odessa, Kiev, Buča.
Mediterranea, inoltre, ha attivato il progetto Med Care. Grazie ad un ambulatorio medico mobile, team medici che si alternano costantemente, ai volontari ed alle raccolte di medicinali e materiale sanitario messe in campo dai suoi “equipaggi di terra”, porta un’assistenza sanitaria di base alla popolazione civile. Med Care è, quindi, un’attività di lungo periodo che consente a Mediterranea di portare in zona di guerra un’assistenza continuativa.

Leopoli-Lviv, Ukraine, I missione Safe Passage, 16-21 marzo 2022

Tremavo di paura al confine, per un documento dell’auto non in originale.
Il cancello della frontiera si è chiuso per chi veniva da Leopoli, mentre passavamo.
I ragazzini della Difesa Territoriale, volontari, soli, in due, di fronte a fermate dell’autobus mimetizzate.
Checkpoint, mitra, cavalli di frisia, sacchi di sabbia, ci facevano passare, un gesto e sorridevano, con sguardo sincero.
Un vecchietto, malfermo sulle gambe, col volto verso il fumo proveniente dall’aeroporto di Leopoli, riverniciava il suo cancello, tranquillo, piegandosi piano piano ad intingere il pennello.
Tre signori a fianco di un trattore abbandonato mietevano a mano.
Le strade distrutte, non dalla guerra.
La povertà.
“Mi dispiace, non serviamo alcol!” Non si possono gestire anche persone ubriache.
Suonavano le sirene dell’allarme antiaereo. Nella stazione di Leopoli solo i forestieri si affrettavano verso il bunker. Nei corridoi enormi dell’orfanotrofio dei salesiani, guardavamo i bambini continuare a giocare all’aeroplano e fare la sirena, mentre andavamo nel rifugio.
“Gli zingari rubano, sapete com’è, è difficile trovargli un passaggio per farli passare il confine, chi li accoglierebbe?”, dicevano…
“Sì, sì grazie per gli aiuti. Servono armi, serve l’Europa. Il nemico è la Russia non solo Putin”, spiegavano persone con la croce sul petto.
“Vorrei che Putin morisse”, diceva un bambino al suo settimo compleanno.
“Riportate questi libri alla Bologna Children’s Book Fair, noi non ci saremo e non possiamo leggerli ai nostri figli”, chiedevano mentre rischiavano di violare il coprifuoco.
“Coltivavamo questo grano saraceno dai tempi dei tempi, portatelo in Italia, piantatelo!” Una busta blu. Pesantissima.
Case e valigie, lunghe telefonate, tutta una famiglia con lo stesso rosario di plastica bianca attorno al collo, borse con ciuffi scodinzolanti tenuti vicino al cuore. O quasi nulla.
Una fila ininterrotta di lumini, quelli da cimitero, ai bordi della strada, fino al confine.
Ci indicavano di passare avanti, mentre le macchine con targa ucraina rimanevano ferme nei chilometri di fila dietro di noi.
Guardavamo un signore salutare la famiglia alla dogana. Una disabilità grave. Certificati. Ma la leva è fino a sessant’anni. Li avrebbe rivisti presto, diceva…
Il bagno costa una grivnia prima del confine. La signora, severissima, sorridendo, non ha accettato nulla.
Un signore, ai controlli polacchi tremava di freddo, i denti davanti erano di ferro. “Vuole che alziamo il riscaldamento?” “È paura, dyakuyu, dopo passa”.
La prima canzone chiesta dopo il confine è stata ‘Pablo’ di Sfera Ebbasta, sa 4 lingue Varsha.

Leopoli-Lviv, Ukraine, II missione Safe Passage, 6-12 aprile 2022

Massimo 20 litri di diesel per chi viaggia verso l’Ucraina.
In Slovacchia una bella rotonda con al centro un carrarmato nazista schiacciato da uno dell’Armata Rossa.
In Polonia mi ha chiesto Roman (lavora nel B&B che ci ha ospitato) “Are you Italian?” ho risposto “Yes””, “You go to war?”, “No: humanitarian aid”, Gli ho chiesto: “You see many Italian that go to war?” “Yes!”
Maria, la traduttrice ucraino-napoletana, mi presenta le sue figlie in videocal. Le chiedo dove sono e lei risponde che sono a Cherson, “loro hanno provato scappà, ma non ci sono riuscite”.
A Leopoli solo donne che guidano filobus, alle poste, negli hotel, gli uomini adulti dopo due settimane sono diventati rari.
Mi chiedevo dove trovassero tutta quella sabbia da mettere nei sacchi, poi ho visto un magnifico palazzo asburgico con le finestre del primo piano coperte di libri, chissà.
Il concerto in stazione a Leopoli non parte, il musicista stava aspettando la sedia, sulla sedia c’era un soldato che appendeva la bandiera Ucraina.
Nessuno sorride mentre le fisarmoniche si allargano e restringono, eppure è bellissimo.
Alla frontiera tante linee, dovunque, bianche e rosse, bianche, rosse, una dopo l’altra. Quella più importante, la porta che ci separa dal nostro unico giudice, ha un fil di ferro che tiene su il cardine superiore.
Ci scambiamo caramelle mentre il fucile è rivolto verso di me, senza alcuna minaccia.
Non ho mai desiderato tanto che qualcuno usasse un timbro.
Mentre aspettavo, una signora incitava la figlia a sbrigarsi coi documenti, la figlia dopo10 minuti le ha urlato qualcosa, non ho potuto non ridere, abbiamo riso tutte.
Abbiamo scavato una mortadella tra le guardie polacche e ucraine con un hopinel verde, era buonissima e noi eravamo felici.
Abbiamo attraversato il confine, e Volodymyr ha detto che è la legge che è sbagliata “non puoi spaccare tutti attraverso ginocchio perché umani non sono mattoni”. Se me l’avessero detto il primo giorno a giurisprudenza…

Leopoli-Lviv, Ukraine, II missione Med Care, 19-30 agosto 2022

Quanti uomini, dovunque, anche giovani.
Persone, macchine, movimento, Leopoli respira speranza.
Container, signore con il fazzoletto che cucinano in pentoloni enormi, giochi in metallo.
Tantissimi bambini, più della metà degli ospiti dei campi profughi.
La fila per farsi visitare si intreccia con quella per la cena.
Si ascolta, è difficile esprimere un dolore.
La mediatrice parla sempre meno della paziente.
È strano non essere in coda.
Biscotti e succo di mela aiutano, sembriamo più felici anche noi.
È la prima volta che un prete ci chiede un passaggio sicuro in Italia, un suo confratello è stato richiamato.
Stazione, treni in arrivo da est, fasciature rosse, la pioggia è fredda, questo inverno?
La signora aveva un debito, alla frontiera l’hanno bloccata molte volte.
Valentina prega, il prete si arrabbia.
Dopo otto ore, riusciamo a passare.

Cos’ho capito io?

Ho capito di non voler parlare della spesa militare e del petrolio importato dalle navi USA.
Voglio parlare di Pace, di energia rinnovabile e non accentrabile nelle mani di pochi.
Di una tassazione che permetta a tutti di studiare, verniciare il proprio cancello e raccogliere il grano.
Non a pochi di arricchirsi.
Ho capito di non voler parlare di una protezione temporanea (direttiva 55/2001) applicata solo a persone in transito bianche e cristiane.
Non si combatte per tornare all’età dell’oro, la povertà e la diseguaglianza non le hanno portate la guerra o i barbari invasori. Oltre a ucraini, uzbeki, georgiani, italiani, ecuadoregni e colombiani, anche due russi sono rientrati con noi.
Nel 1941 gli Stati Uniti riconvertirono l’industria del Midwest. Dai radiatori agli elmetti d’acciaio.
Negli anni Quaranta del secolo scorso, in poco meno di due anni.
Non costruire la pace è una scelta.

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