IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Dopo la marcia su Mosca

In un paper pubblicato su "Analytica For Intelligence And Security Studies", quanto accaduto con “la marcia per la giustizia” del gruppo Wagner è inquadrato in un generale processo di ibridazione e privatizzazione della sicurezza nazionale. Una pratica già utilizzata da altri stati in diversi scenari bellici.

La dimensione e gestione dell’apparato di difesa russo, a differenza di quello politico-istituzionale, fonda le sue radici nel modello sovietico; linee di comando altamente centralizzate e processi di decision-making iper-istituzionalizzati. La mera traslazione del modello sovietico incorporato nell’apparato politico della Federazione Russa ha funzionato sino a quando i pilastri della dottrina militare e di difesa erano basati su due cardini: ristrutturazione del comparto sicurezza e difesa dei confini interni, garantendo stabilità politica. Conclusasi la fase di trasformazione dell’apparato politico gestito prevalentemente dai siloviki, e creato un sistema di consenso attraverso una classe media soddisfatta, la leadership russa ha potuto delineare una nuova dottrina di politica estera non solo orientata a riguadagnare influenza nello spazio post-sovietico ma anche a ristabilire una dimensione multilaterale delle sfere di influenza globali, con la Russia a giocare il ruolo di grande potenza. Per garantirsi questo ruolo è stato necessario un passaggio dal soft power degli aiuti ad un interventismo tecnico-militare in contesti remoti, Africa in primis. L’implementazione della dottrina militare di guerra ibrida – nota come dottrina Gerasimov – la salvaguardia di interessi oltremare e la volontà di ristabilirsi come key player globale hanno reso necessario l’utilizzo delle cosiddette compagnie di sicurezza private o PMC. È in questo contesto che si rende necessario non solo modificare la dottrina militare ma anche creare nuove strutture militari, non direttamente controllate dal Ministero della Difesa e con una capacità di risorse autonoma.

 I presupposti strategici dell’impiego del gruppo Wagner

La compagnia militare privata (PMC) Wagner ha fatto la sua comparsa sulla scena internazionale per la prima volta in Siria nel 2014 e nel corso degli anni le sue attività sono arrivate a interessare circa trenta Paesi fra l’Europa orientale, il Medio Oriente, l’Africa tanto mediterranea quanto sub-sahariana fino all’Asia e Venezuela. Attualmente i due principali teatri di attività sono l’Africa soprattutto Libia, Sudan, Repubblica Centrafricana, Mali e l’Ucraina.

In Africa il gruppo risponde alla necessità del Cremlino di operazioni “covert”, ovvero ha lo scopo di mascherare dietro iniziative apparentemente indipendenti e private la promozione dell’agenda di politica estera della Russia e i suoi interessi strategici, politici ed economici. Un attore russo privato subentra così ad attori statali occidentali, Francia e Stati Uniti in primis, nel ruolo di partner politico-militare di Paesi instabili ma ricchi di risorse naturali e/o geograficamente strategici.

Nonostante alcuni elementi comuni, l’organizzazione di Wagner si configura in maniera diversa nei singoli Paesi, a seconda della missione assegnata. È difficile fornire dati esatti sulla consistenza numerica dei contingenti Wagner nei Paesi africani, ma si stima secondo dati acquisiti da fonti aperte e da fonti sentite in loco, che si attestino fra le poche centinaia di uomini, ad esempio i 450 uomini in Mozambico, ora ritirati, fino ad arrivare ai circa 1200 presenti in Libia. Sembrerebbe inoltre che nel corso del 2022 i numeri si siano ridotti, per dispiegare i veterani sul fronte ucraino. In Africa Wagner assolve in primo luogo i compiti tipicamente assegnati ad una PMC: assistenza paramilitare, ovvero tecnica, logistica e addestrativa alle forze armate dell’ host nation; servizi di intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR); servizi di sicurezza in particolare in favore di leader politici e presso infrastrutture critiche; vendita di armamenti; talvolta – e sempre più spesso – ricopre ruoli combat fornendo capacità tattiche specialistiche (sniping, utilizzo di sistemi d’arma avanzati come droni o aeromobili, supporto al fuoco, operazioni speciali).

Il Gruppo Wagner, nelle sue componenti non-militari, sarebbe inoltre impegnato in operazioni di manipolazione dell’informazione e dell’opinione pubblica (PSYOPS) e “consulenza politica”. Le attività della PMC in Africa, al di là delle dinamiche di politica estera che sostengono, puntano in parallelo ad ottenere un vantaggio economico privato ma anche per le casse dello Stato che parzialmente finanzia il conflitto in Ucraina con le risorse accumulate in queste operazioni oltreconfine.

La Wagner nel conflitto ucraino. La cessione della sicurezza nazionale

Il ruolo del Gruppo Wagner nel teatro ucraino è radicalmente diverso: l’allineamento della PMC con gli interessi del Cremlino è overt, al punto che una proposta di legge della Duma prevede il riconoscimento dello status di veterano di guerra e relativi benefici ai mercenari che hanno combattuto in Ucraina, cosa non avviene per altri teatri, di fatto sanando in parte il vulnus legislativo in questo senso.

Il Gruppo Wagner nel teatro ucraino si configura alla stregua di un esercito regolare, per numeri – circa 50mila effettivi – e assetto operativo: non gli sono attribuiti compiti specialistici o di supporto, ma gli sono assegnati specifici settori del fronte, come ad una qualsiasi altra unità. In alcuni casi sembrerebbe anzi che forze regolari russe siano state assegnate in supporto di Wagner, invertendo le normali gerarchie e divisioni funzionali. Un esempio tra gli altri le operazioni per la conquista della città di Bakhmut, ritenuta strategicamente rilevante per i russi.

La capacità del gruppo di operare indipendentemente dagli asset dell’esercito regolare è da attribuirsi alla sua struttura organica che oltre alla fanteria include unità di artiglieria, velivoli d’attacco al suolo, elicotteri d’attacco e droni per la sorveglianza. Da sottolineare la presenza di carri armati e veicoli blindati di diversa provenienza.

Le unità di Wagner si sono dimostrate maggiormente versatili rispetto alle forze regolari nel gestire alcuni scenari nel contesto ucraino. Questo è dovuto sia ad una catena di comando più corta che ad una gestione delle risorse meno istituzionalizzata, rendendo gli interventi sul campo manovrabili con maggiore efficienza. Inoltre questa maggiore efficienza sarebbe dovuta – perlomeno nella fase iniziale del conflitto – ad un basso tasso di perdite umane bilanciate da un uso nettamente maggiori di munizioni pesanti. Anche l’utilizzo della componente militare aerea da parte di Wagner è più spregiudicato, caratterizzata non solo da velivoli e mezzi convenzionali ma anche da un ampio parco droni.

La sovraesposizione massiccia ai fronti caldi del conflitto ucraino ha portato ad un consumo più ingente e più rapido di equipaggiamenti e di munizioni e il forte consumo è il primo motivo di attrito tra la PMC e il Ministro della Difesa russo, accusato dai vertici di Wagner di non rifornire a sufficienza le unità schierate.Per far fronte alle necessità operative del gruppo e vedendo aumentare le pressioni strategiche per portare risultati concreti per il conflitto, sembrerebbe che Wagner abbia acquistato autonomamente parte del materiale, come nel caso di forniture di munizioni recentemente ottenute dalla Corea del Nord.

Il Gruppo Wagner, alla luce di quanto evidenziato, si è assunta gli oneri principali del fronte ucraino ma dal Cremlino non ha ricevuto un trattamento pari all’impegno richiesto portando ad un deterioramento lento ma inesorabile i rapporti con Mosca. Operando come unità indipendenti e slegati da legami politici, la Wagner avrebbe dovuto avere altrettanta autonomia anche nella gestione e nell’acquisizione delle risorse necessarie al proseguimento della guerra.

La necessità di dipendere da Mosca non inficia i risultati del gruppo ma mina dalle fondamenta il suo rapporto con chi l’ha contrattualizzata. La maggiore agilità e versatilità della PMC non solo l’ha resa indispensabile nella condotta del conflitto ucraino, ma ha al contempo eroso il prestigio delle forze armate regolari non solo presso l’opinione pubblica russa, ma anche fra le stesse truppe e gli osservatori internazionali.

Wagner avrebbe avuto, inoltre, un impatto diretto sulla dottrina militare russa ufficiale. Le Forze Armate regolari pare abbiano, almeno in parte, incorporato all’interno dei propri manuali le tattiche applicate dai mercenari, particolarmente innovative rispetto alla tradizione dottrinale russa, poco incentrata sulla fanteria leggera.

L’applicabilità delle procedure di Wagner all’intero apparato militare statale è però discutibile: sono difficilmente sostenibili su larga scala sia economicamente che politicamente, a causa dell’elevato costo materiale e umano che esse comportano e richiedono una catena di comando e controllo diversa rispetto a quella statale russa.

L’ibridazione della sicurezza nazionale.

L’evoluzione del Gruppo Wagner costituisce un ulteriore passo nel percorso di ibridizzazione/de-istituzionalizzazione della sicurezza nazionale russa, fenomeno peraltro del tutto inedito nel sistema russo, seguendo una pratica già ampiamente utilizzata in vari scenari bellici dagli americani con l’impiego della PMC Blackwater al fianco delle truppe regolari durante la Global War on Terror.

Nel caso della Russia si è però andati oltre il semplice affiancamento delle forze private ad attori securitari statali. Le PMC russe, e in primis Wagner, si sono sostituite in toto alla presenza statale russa in teatri critici come ad esempio quello africano e quello ucraino, svolgendo compiti che travalicano l’assistenza tecnica para-militare e che sono piuttosto afferenti alla sfera della politica estera, come il supporto politico a determinati attori di influenza dell’opinione pubblica dell’host nation, attraverso l’utilizzo di mezzi non prettamente militari come campagne mediatiche ed interferenza (troll-bot).

Il grado di controllo degli apparati statali russi sulle operazioni di Wagner non è chiaro in quanto completamente slegato dalle dinamiche di public decision-making ed è legittimo pensare che l’interesse nazionale russo talvolta sia stato piegato a quello privato di Evgenij Prigozhin, leader di Wagner, se non sostituito da esso.

La costruzione del ruolo politico per Wagner all’interno della leadership russa è stata ulteriormente rafforzata dall’intervento in Ucraina. La Wagner in questo teatro non promuove semplicemente gli interessi russi, ma è un pilastro della condotta della guerra e dunque della stessa integrità territoriale russa, compito essenziale ed esistenziale dello Stato. La Wagner ha dimostrato di essere strategicamente indispensabile grazie alla sua particolare efficacia: pur nel contesto generale di una condotta bellica deludente, le azioni più efficaci e più importanti dal punto di vista propagandistico/narrativo sono attribuibili alla PMC, come ad esempio la conquista di Bakhmut. Prigozhin è così diventato un interlocutore politico ineludibile e sgradito a parte delle élite di Governo, in particolare quella della Difesa, che vede minacciata la sua autorità e la sua influenza sugli asset dello Stato.

Sacrificare l’imperatore per salvare l’impero?

Nella notte tra il 23 ed il 24 giugno 2023 Il gruppo di mercenari Wagner, fino ad allora al fianco dell’esercito, si è rivoltato contro i vertici militari russi e la loro gestione della guerra in Ucraina. Con il capo Yevgeny Prigozhin che ha lanciato un appello a “fermare” i capi delle forze dopo un presunto bombardamento degli accampamenti dei suoi combattenti in Ucraina. Il leader dei miliziani ha invitato i russi, in particolare i soldati, a unirsi a loro e a non opporre resistenza in quello che “non è un colpo di Stato militare, ma una marcia della giustizia”.

Dopo poco più di venti ore di tensione, con una inesorabile avanzata di Wagner verso mosca, nella tarda serata del 24 giugno, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha detto di aver negoziato con Prigozhin “lo stop ai movimenti” delle truppe Wagner mettendo fine a quello che viene definito a tutti gli effetti un colpo di stato. Dal punto di vista politico e geopolitico, in questo particolare frangente la leadership russa mostra le sue fragilità più profonde; il protrarsi del conflitto con esiti tuttora del tutto incerti e il costante deterioramento delle alleanze internazionali con il potenziale isolamento, ha di fatto aperto una breccia sull’invincibilità e il mito della Russia troppo spesso considerato – a torto – uno Stato monolitico. Fragilità che ha allargato il cleavage politico-istituzionale culminante con gli eventi occorsi nelle giornate tra il 23 e 24 giugno 2023.

L’operazione messa in atto dal capo della Wagner, portando il suo fondatore all’apogeo nell’ascesa politica, non ci aiuta solo a dimostrare come gli equilibri politici russi si basino su geometrie variabili ma ci porta al punto iniziale della nostra analisi. La deistituzionalizzazione del comparto militare russo, la gestione del potere attraverso un gruppo di élite che ruotano attorno al sistema politico-istituzionale russo, la creazione di una narrativa neo-nazionalistica – nel senso russo del termine – tale da garantire il consenso attorno alle decisioni della leadership non garantiscono stabilità al sistema quando ad esso si aggiunge una componente non osmotica ad esso come la PMC Wagner.

La sopravvivenza dell’attuale sistema di potere passa dalla capacità della leadership di espellere dall’ecosistema politico forze non incardinate nel framework ipertrofizzato della gestione securitaria dello Stato. Alla luce degli eventi ancora in corso, possiamo sottolineare come questo processo di re-ristrutturazione sia attualmente impraticabile; l’incapacità di rispondere adeguatamente alle pretese di Prigozhin ha accelerato il processo di sgretolamento della leadership aprendo anticipatamente la corsa alla successione. Bisognerà comprendere ora se le varie forze in campo incardineranno la transizione sui binari della continuità sistemica o apriranno una lotta politica che spingerà le varie anime indipendentiste/separatiste allo scontro frontale con il rischio di arrivare alla parziale dissoluzione della Federazione Russa, con tutte le implicazioni geopolitiche che essa comporta.

Da un osservatorio disinteressato e prettamente analitico la soluzione più utile alla stabilità della regione sarebbe quella di augurarsi che le varie componenti politico-economiche russe seguano il vecchio adagio più volte adottato che recita: “eliminare l’imperatore ma salvare l’impero”.

[già pubblicato in “Analytica for Intelligence And Security Studies”, Torino, Giugno 2023. Vincent Ligorio, Docente di Relazioni internazionali e capo dipartimento geopolitica Analytica for Intelligence; Mario Del Vecchio, Analista di Analytica for Intelligence]

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