Nell’attuale contesto di (seconda) guerra europea, dopo i conflitti mondiali del secolo scorso, il tema della sicurezza alimentare è di drammatica attualità. Non che i dati sulla malnutrizione e sulla fame, a leggerli bene, siano mai stati forieri di speranza, ma la situazione sembra stia assumendo i contorni di quella che in molti stanno definendo una “tempesta perfetta”. Una serie di eventi a cascata, quindi, che rischiano di trascinare milioni di persone verso una vera e propria catastrofe.
Cosa sta succedendo?
Russia e Ucraina sono attori determinanti nei mercati internazionali di mezzi di produzione e di prodotti agricoli “strategici”, soprattutto seminativi. La Russia, in particolare, è un importante esportatore di combustibili e input chimici di sintesi. Inoltre, Ucraina e Russia producono, insieme al Kazakistan, circa un quarto dell’offerta mondiale dei cereali e sono tra i primi tre esportatori mondiali di grano, mais e olio di girasole.
In questi ultimi mesi, da una parte, l’interruzione delle esportazioni di petrolio, gas naturale e fertilizzanti sta determinando un aumento dei prezzi dei fattori di produzione e, quindi, dei costi a livello mondiale. Dall’altra parte, l’offerta agricola ucraina è gravemente pregiudicata dall’invasione russa, che ha compromesso diverse fasi del processo produttivo (dalla semina, alla concimazione, al raccolto), oltre a trasporti e logistica, esponendo le catene globali di approvvigionamento a forti shock.
Di conseguenza, i prezzi dei prodotti alimentari che costituiscono la base dell’alimentazione della popolazione mondiale sono aumentati vertiginosamente così come la loro volatilità, anche a causa della speculazione finanziaria sui mercati delle commodity.
Sono fenomeni che avranno ripercussioni su tutti i paesi, inclusi quelli più ricchi, ma niente di paragonabile all’incremento dei tassi d’incidenza di persone affamate e malnutrite, appartenenti ai segmenti più poveri delle società nei Paesi meno sviluppati, che in genere spendono più del 60% del loro reddito per l’acquisto di cibo e che sono drammaticamente dipendenti dalle importazioni agricole. E le conseguenze saranno ancora più devastanti, se si pensa che i cereali ucraini sono destinati anche agli aiuti umanitari, come quelli gestiti dal Programma Alimentare Mondiale a favore delle popolazioni a forte rischio di carestie nel Nord Africa ma anche in Afghanistan, Congo, Etiopia, Libano, Siria, Yemen (e in più di altri 40 paesi…). Un numero crescente di uomini e donne sempre più provati dalla povertà strutturale e da altre guerre “locali”, ma anche dall’impossibilità di adattarsi agli effetti sempre più estremi del cambiamento climatico.
La situazione, infatti, è già molto critica. L’aumento della frequenza di eventi metereologici estremi (carenza di precipitazioni, ma anche alluvioni e cicloni, e periodi di siccità sempre più lunghi) sta colpendo con particolare violenza gli ecosistemi più fragili e le popolazioni più vulnerabili del Pianeta, che peraltro sono quelle meno responsabili di questi sconvolgimenti, riducendo il potenziale produttivo di molte regioni. Come rimarcato dall’ultimo rapporto dell’IPCC, le conseguenze dell’inazione politico-istituzionale sul benessere delle persone e la salute del pianeta sono già terrificanti e la finestra temporale per tentare d’invertire la rotta riducendo le emissioni di gas serra è sempre più limitata.
Prima dello scoppio della guerra russo-ucraina, inoltre, la pandemia da SARS CoV2 ha ulteriormente peggiorato la situazione. Già nel 2020 e nel 2021, si erano registrati aumenti consistenti di persone che hanno sofferto la fame, arrivando a quasi 193 milioni di persone in condizione di grave insicurezza alimentare. Inoltre, molti Paesi hanno esaurito la loro capacità di spesa per la protezione sociale, mentre le dinamiche inflattive (e, in particolare, i trend crescenti dei prezzi dei generi alimentari che hanno già raggiunto e superato i livelli più alti prima del conflitto, dopo le crisi alimentari del 2008 e del 2011, anno delle primavere arabe) hanno ulteriormente colpito i soggetti più deboli degli agri food systems (gli agricoltori) e i consumatori.