Nel dibattito pubblico italiano si addensa sempre più la nebbia deformante di una bolla ideologica. La situazione effettiva del conflitto è trasparente. L’imputazione delle responsabilità giuridiche è chiara. E però, invece che su come superare i dilemmi strategici della “operazione speciale” russa, si discorre nei media ad una sola dimensione soprattutto sulla veltroniana “guerra metafisica contro la libertà”. Che Putin non coltivi un’idea molto positiva della democrazia è risaputo. Che però la guerra preventiva sia la diretta prosecuzione della sua ostilità all’idea liberale è una asserzione più problematica da sostenere. La forma di governo interna a uno Stato non è la variabile esclusiva nelle frizioni che si incontrano nelle odierne relazioni internazionali. Altrimenti la sua implacabile logica di potenza Putin non l’avrebbe affinata verso un sistema autocratico (e le attenzioni verso la Georgia, la Cecenia?), mentre l’Occidente avrebbe dovuto guardare con assoluta indifferenza l’invasione di una nazione non democratica (e le bombe contro Belgrado?).
È normale che le parti in conflitto rivestano le loro aspirazioni territoriali e opzioni strategiche con giustificazioni in certa misura ideali. La formula ideologica utilizzata dall’Occidente è che la lotta attorno a Kiev nasce per la difesa della democrazia, quella diffusa da Putin è che l’invasione è una operazione per la de-nazificazione dell’Ucraina. Sono entrambe costruzioni ideologiche che – indipendentemente dal diverso grado di verità e dal diverso giudizio di valore che si può formulare attorno alle motivazioni escogitate da contendenti assai differentemente collocabili sul terreno giuridico – valgono per costruire consenso, per mobilitare forze. L’analista dovrebbe scavare più in profondità e recuperare lo spirito laico di Alberico Gentili che nella sua opera del 1598 De iure belli esortava a sottrarre la guerra dal rivestimento etico per coglierne le implicazioni politiche e giuridiche, le relazioni di potere e le trame strategiche. L’altro, che ricorre a una guerra offensiva che straccia i principi costitutivi del diritto internazionale, è un nemico che introducendosi in uno stato di eccezione con ambizioni di potenza va combattuto con mezzi militari, economici e politici, non è un semplice criminale che è sprovvisto di ogni valenza etico-politica. È anzitutto la sovranità che è stata violata ed è l’equilibrio geopolitico (non solo) europeo che è stato sconvolto. La Russia va combattuta per questi atti criminogeni molto rischiosi, non è necessario gonfiare di un supplemento etico ulteriore il conflitto contemplando una sorta di jihad democratica globale.